L’intelligenza artificiale è già entrata a far parte della nostra vita molto più di quanto a prima vista possiamo percepire o immaginare. È un dato di fatto destinato a impattare in modo sempre più pervasivo sulla nostra quotidianità. In questo senso i dibattiti pro o contro l’intelligenza artificiale appaiono del tutto teorici e oziosi, come inutile è ogni posizione di retroguardia. Come Fondazione San Benedetto intendiamo invece proporre iniziative o suggerire ipotesi di lavoro che possano essere d’aiuto ad affrontare in modo consapevole questo cambiamento che è già in atto. Lo facciamo anche con questa newsletter segnalandovi un articolo uscito nei giorni scorsi sull’Osservatore Romano di Antonio Spadaro che riprende un testo del celebre scienziato e religioso Pierre Teilhard de Chardin scritto nel 1950 sull’avvento delle grandi macchine da calcolo che allora muovevano i primi passi. Per Teilhard l’arrivo delle nuove macchine «che macinano idee e numeri» era un’opportunità per liberare nell’uomo, «e questa volta a un livello mai raggiunto prima, una massa nuova di energia psichica, immediatamente trasformabile in forme ancora più alte di comprensione e di immaginazione». A 75 anni di distanza Spadaro rimarcando la novità di questo pensiero sottolinea come la sfida implicita «sia quella di integrare le macchine nella crescita della coscienza, trasformare la velocità di calcolo in profondità di pensiero, usare l’energia liberata per “forme più alte” di comprensione. La domanda di fondo, insomma, non è “quanto possono fare le macchine?”, ma “quanto possiamo crescere noi, con loro?”». L’intelligenza artificiale non è insomma una questione tecnica, ma antropologica e per questo ci riguarda.
Riprende da oggi l’appuntamento con la nostra newsletter domenicale «Fissiamo il pensiero» e, all’inizio di un nuovo tratto di cammino, vogliamo ripartire dal Meeting di Rimini che si è chiuso da pochi giorni. La passione ideale che è il vero motore di un evento come il Meeting unico per il suo carattere e la sua rilevanza in Italia, e probabilmente anche in Europa, pur con modalità e dimensioni diverse, è la stessa che ci muove come Fondazione San Benedetto. Del Meeting si sono occupati anche i media, dando spazio però, come avviene da anni, in modo prevalente agli incontri di tipo politico. Tutti appuntamenti interessanti e di livello, ma il Meeting è molto di più. Perciò abbiamo sempre invitato tutti a trascorrere almeno un giorno in fiera a Rimini, unico modo per evitare giudizi affrettati e parziali. Quest’anno attorno alla frase di T.S. Eliot «Nei luoghi deserti costruiremo con mattoni nuovi» (titolo dell’edizione 2025) in sei giorni si è sviluppato un programma di incontri, mostre e spettacoli davvero ricco. Solo a titolo di esempio ricordiamo gli incontri col Patriarca ortodosso di Costantinopoli Bartolomeo a 1700 anni dal Concilio di Nicea, con due madri, una israeliana e l’altra palestinese, che hanno perso un figlio, testimoni di una riconciliazione possibile, con lo scrittore spagnolo Javier Cercas. E poi le mostre da quella sui martiri di Algeria a quella su Vasilij Grossman, da quella su Carlo Acutis a quella sulle voci dall’Ucraina. Nell’ultimo giorno del Meeting è stato annunciato il titolo dell’edizione del prossimo anno che riprende il verso finale della Divina Commedia: «L’amor che move il sole e l’altre stelle». Su questo vi invitiamo a leggere l’articolo, tratto dal quotidiano online ilsussidiario.net, di Giuseppe Frangi, fondatore e vicepresidente di Casa Testori e amico della San Benedetto. Con lui stiamo già collaborando e altre iniziative sono in cantiere. Ricordiamo la serata dello scorso luglio a Brescia con la lettura nella chiesa di San Giovanni del dialogo sul Romanino fra Pasolini e Testori (a questo link lo potete rileggere).
Tornando al titolo del Meeting, questo sta a indicare ogni anno il passo di una storia che continua e che non si ferma a guardare indietro, bloccata su se stessa. È l’espressione di un ideale che si fa vita. Ben altro che un contenitore di eventi o, peggio, di intrattenimento. Si spiega così che dopo 46 anni il Meeting ci sia ancora e sia un luogo sempre interessante e sorprendente. Un percorso analogo lo stiamo facendo come San Benedetto. Abbiamo già in preparazione alcuni incontri sui temi dell’Europa e dell’intelligenza artificiale, e tanto altro, non mancheremo di tenervi aggiornati. Al di là delle singole iniziative la fondazione è prima di tutto un luogo di incontro e di amicizia aperto a tutti. Intanto siamo già in grado di confermarvi che da giovedì 25 settembre alle 18.30 nella nostra sede di Borgo Wührer 119 a Brescia, ci ritroveremo per la Scuola di comunità. Partendo dalla lettura di alcuni testi di don Luigi Giussani è un’occasione per mettere a confronto domande ed esperienze che riguardano la nostra vita e il suo significato. Gli incontri, della durata di un’ora, si terranno con cadenza quindicinale sempre alle 18.30. La proposta è libera, gratuita e aperta a tutti. Chiediamo solo la continuità della partecipazione come segno di serietà nel percorso che ci apprestiamo a cominciare. Il giorno 25 verranno date indicazioni su come si svolgeranno gli incontri con il calendario fino a dicembre e sul testo di riferimento.
La newsletter di oggi è l’ultima prima della pausa estiva. Anche in queste settimane per molti dedicate al riposo e alle vacanze, mentre il mondo è in fiamme e gli orrori della guerra si moltiplicano, crediamo che non si possa far finta di nulla, aprire una parentesi o staccare la spina come si usa dire. Non si può andare in vacanza senza portarsi dietro queste ferite. Portarsele con sé rende più bello e più vero il tempo del riposo. Per questo oggi vogliamo proporvi la lettura di due testimonianze da due dei principali teatri di guerra: l’Ucraina e Gaza. Già scorse settimane avevamo ricordato il caso di Vasilij Grossman, lo scrittore ucraino che dentro lo scenario di morte prodotto dalle ideologie del ’900, non aveva mai smesso di cercare «l’umano nell’uomo» come inizio di una possibilità di speranza. Le testimonianze di oggi ci dicono che anche nelle situazioni più difficili, la violenza, la distruzione e la morte possono non essere l’ultima parola.
La prima, pubblicata sul sito «La Nuova Europa», è di Adriano Dell’Asta, professore di lingua e letteratura russa all’Università Cattolica e vicepresidente della Fondazione Russia Cristiana. Racconta la storia di Alina, giovane donna ucraina, malata di cancro in fase terminale, che nei suoi ultimi giorni di vita ha trovato accoglienza in un hospice a Charkiv, mantenuto aperto anche sotto le bombe. Tutto sembra perduto, senza speranza, in guerre ogni giorno sempre più distruttive e spregiatrici di giustizia e umanità… eppure c’è chi lotta e resiste per accompagnare sin nella morte chi è senza speranza e riaffermare una dignità e una pace che nessun malvagio può cancellare. È l’infinita sorpresa di un miracolo reale che non sapremmo neppure immaginare.
La seconda testimonianza ci è offerta dalla dichiarazione fatta dal patriarca di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa al suo rientro dalla visita a Gaza insieme al patriarca ortodosso Teofilo III. «Siamo entrati – ha detto aprendo la conferenza stampa – in un luogo devastato, ma anche pieno di meravigliosa umanità. Abbiamo camminato tra le polveri delle rovine, tra edifici crollati e tende ovunque: nei cortili, nei vicoli, per le strade e sulla spiaggia – tende che sono diventate la casa di chi ha perso tutto. Ci siamo trovati tra famiglie che hanno perso il conto dei giorni di esilio perché non vedono alcuna prospettiva di ritorno. I bambini parlavano e giocavano senza battere ciglio: erano già abituati al rumore dei bombardamenti. Eppure, in mezzo a tutto questo, abbiamo incontrato qualcosa di più profondo della distruzione: la dignità dello spirito umano che rifiuta di spegnersi».
L’appuntamento con la newsletter «Fissiamo il pensiero» tornerà domenica 7 settembre. Buone vacanze!
Ci possiamo rassegnare passivamente al fatto che la nostra vita non abbia un senso? Nei giorni scorsi Repubblica ha pubblicato l’intervento fatto durante un incontro a Orzinuovi dal filosofo Umberto Galimberti. La sua conclusione è che di fronte al potere sempre più pervasivo del «mondo della tecnica», nel quale l’uomo non è più chiamato a «esistere» ma semplicemente a «funzionare», reperire un senso per la propria esistenza è «praticamente impossibile». Davanti a un’affermazione così tranchant non potevamo restare indifferenti. Come Fondazione San Benedetto abbiamo voluto replicare a Galimberti con una lettera pubblicata sul Giornale di Brescia che vi invitiamo a leggere sul nostro sito (se volete dirci cosa ne pensate potete scriverci a info@fondazionesanbenedetto.it). Il nostro unico e vero scopo, che sta all’origine di tutto quanto facciamo e proponiamo, è proprio quello di non arrendersi alla perdita del senso della vita, che vorrebbe dire smarrire se stessi. In questo don Giussani, a cui il nostro percorso si ispira, ci è stato maestro e testimone impareggiabile.
Nell’ambito della Summer School dell’associazione «Il rischio educativo» sul tema «Arte e realtà, la bellezza per conoscere», che si è tenuta a Brescia con il sostegno della Fondazione San Benedetto, lo scorso 9 luglio si è svolto un incontro nella Cappella del Santissimo Sacramento nella chiesa di San Giovanni di fronte ai dipinti del Romanino e del Moretto. In tale occasione è stata proposta, in una sorta di dialogo a distanza, la lettura di alcuni stralci di due interventi di Pier Paolo Pasolini e di Giovanni Testori sul Romanino, il pittore bresciano anticipatore del Caravaggio. Ora sul nostro sito potete trovare i testi letti durante l’incontro da Giuseppe Frangi, nipote di Giovanni Testori, e dal professor Onorato Grassi.
Ci siamo occupati più volte della crisi demografica. Un tema reale delle cui ripercussioni sul nostro sistema di vita spesso non si è ancora pienamente consapevoli. In questi giorni si è tornati a parlare, come succede ciclicamente, di misure a sostegno della maternità che sarebbero allo studio del governo. Vedremo nei prossimi mesi se si tradurranno in fatti concreti. Al di là di tali questioni (senz’altro importanti, ci mancherebbe) però qui vogliamo soffermarci sul tema della natalità non dal punto di vista sociale o politico, ma personale. Lo facciamo riproponendovi un recente articolo di Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera che vi invitiamo a leggere. «Consiglio di fare figli», scrive. Parole che possono far discutere ma che ribaltano una prospettiva che in nome dell’autonomia individuale tende a limitare il contatto umano generando a lungo andare solo isolamento e solitudine.
In queste settimane diverse persone ci hanno chiesto suggerimenti di letture per l’estate. Negli anni scorsi a questi consigli abbiamo sempre dedicato l’ultima newsletter prima della pausa estiva a fine luglio. Quest’anno ve li anticipiamo di qualche settimana con la newsletter di oggi. Si tratta solo di alcune proposte, perché come abbiamo scritto più volte, al di là dei titoli consigliati, il primo invito è sempre a leggere. Prendere in mano un libro, scegliere di leggere un testo, è sempre un atto di libertà che poco o tanto porta a mettersi in gioco e a non consegnarsi semplicemente al flusso delle cose e delle informazioni. Lo spunto che ci ha spinto ad anticipare i nostri consigli di lettura ci è stato dato dalla pubblicazione pochi giorni fa sul settimanale La Voce del popolo di un articolo di Piergiorgio Chiarini su Vasilij Grossman, autore di un’opera memorabile come «Vita e destino» ma anche di «Tutto scorre» e «Il bene sia con voi!». Tutti libri (editi da Adelphi) che segnaliamo, ancora di più in questo momento in cui la guerra in Ucraina non accenna a fermarsi. Grossman è un «figlio di quella terra, ha vissuto un altro conflitto, la seconda guerra mondiale, e la stagione dei totalitarismi, ma – si sottolinea nell’articolo – non ha lasciato che fosse il male a dire l’ultima parola. Le sue pagine sarebbero da rileggere oggi in un’ora in cui lo spettro della guerra torna ad allungarsi sull’Europa».
Oltre alle opere di Grossman, vogliamo proporvi altre tre letture.
Veniamo da una settimana che otto giorni fa si era aperta con i fuochi di una nuova guerra, quella fra fra Stati Uniti e Iran, che fortunatamente, almeno per ora, …
Pochi giorni fa è stato presentato il Rapporto annuale Almalaurea che analizza il profilo e la condizione occupazionale dei laureati in Italia. Si tratta dell’analisi più autorevole e documentata sul …
È online sul nostro canale YouTube il video dell’incontro «Vent’anni di vita e di amicizia» che si è svolto lo scorso 29 maggio a Brescia, nel Salone Vanvitelliano di palazzo Loggia. L’iniziativa è stata promossa in occasione dei vent’anni della Fondazione San Benedetto. Dopo il saluto della sindaca di Brescia Laura Castelletti, moderati dal giornalista Marco Bardazzi sono intervenuti il presidente della Fondazione per la Sussidiarietà Giorgio Vittadini e gli ex sindaci di Brescia Paolo Corsini, Adriano Paroli, Emilio Del Bono. Tre giovani, Laura Ferrari, Matteo Comini e Nicola Aggogeri, hanno portato la loro testimonianza. Ha concluso l’incontro il presidente della San Benedetto Graziano Tarantini.
«È innegabile che al fondo di tutto il nostro disagio, di tutta la nostra solitudine, di tutto il nostro malessere, al fondo di tutto questo, sta un ultimo desiderio di bene. Se così non fosse, se non fossimo fatti per questo bene, non proveremmo orrore e disgusto per il male. Ma allora è proprio questo infinito desiderio di bene che ci sfida e in qualunque situazione può riaprire la partita. Perché se gli diamo credito ci costringe ad alzare la testa e a cercare». Lo scrive Emilia Guarnieri, insegnante e per molti anni presidente del Meeting di Rimini, nell’articolo che vi invitiamo a leggere questa settimana, pubblicato pochi giorni fa sul quotidiano online il sussidiario.
Lo scenario in cui si gioca questa sfida è quello di oggi segnato da un’esplosione di violenza insensata che, dalle guerre alle pareti domestiche, sembra non conoscere limiti. Insieme ci sono la crisi delle nostre democrazie liberali e il clima di sfiducia che pervade la società e avvelena le relazioni. In questa situazione pensare che la soluzione sia «staccare la spina» e rifugiarsi in una comfort zone è solo una misera illusione. È una forma di alienazione che stacca la spina prima di tutto da se stessi. L’invito è invece a ripartire dal desiderio di bene che resiste nel cuore di ciascuno, a fargli spazio dentro tutte le contraddizioni e le difficoltà in cui ci troviamo. Questo è anche ciò che ci interessa più di ogni altra cosa nelle proposte che facciamo come Fondazione San Benedetto.
Dopo l’incontro del 29 maggio in occasione dei vent’anni della San Benedetto in cui è stato rilanciato il tema dei corpi intermedi e del loro ruolo fondamentale per non svuotare la democrazia, questa settimana vogliamo continuare l’approfondimento proponendovi un intervento pubblicato pochi giorni fa sul Sole 24Ore del rettore dell’Università Cattolica Elena Beccalli. Nell’articolo si mette in evidenza come le formazioni sociali, i corpi intermedi, tutte quelle realtà che fanno della società non una somma di io isolati, anonimi e autosufficienti ma l’articolarsi di soggetti in continua relazione tra di loro, siano uno snodo fondamentale per riuscire a coniugare competitività e solidarietà. Questa è stata la forza (forse oggi un po’ appannata e confusa) del modello europeo anche a livello economico. In Italia questo modello di economia sociale, ricorda Beccalli, ha una storia importante fatta di «mutualismo, comunità, sussidiarietà» che oggi ha bisogno di un nuovo «slancio» creativo per continuare. E così in Europa. In un quadro mondiale sempre più «terremotato», come si può intuire, si tratta di una questione vitale. Su questi temi come fondazione intendiamo lavorare e proporre iniziative nei prossimi mesi.