In queste settimane si discute molto su ChatGPT, il nuovo software di intelligenza artificiale che dialoga con gli umani in linguaggio corrente ed è in grado di produrre testi scritti. Come scrive Antonio Socci su Libero dell’11 marzo, anche se il sistema verrà perfezionato non sarà mai «un pensiero in atto». Citando Federico Faggin, sottolinea che «nell’uomo c’è qualcosa di irriducibile che la macchina non potrà avere mai». Lo diceva già Socrate – «l’uomo è la sua anima» – e la sua lezione dopo oltre 2400 anni rimane più attuale che mai.
Quando nel 2010 il Mese Letterario cominciava a muovere i primi passi avevamo scelto come emblema della nostra iniziativa una frase della scrittrice americana Flannery O’Connor: «Se la vita ci soddisfacesse, fare letteratura non avrebbe alcun senso». Una frase che ci ha accompagnato per diversi anni e che ancora oggi descrive bene qual è l’origine dell’esperienza della lettura e dell’incontro con le pagine di un autore. È la stessa esperienza nella «terra inesausta della letteratura» che racconta l’insegnante e scrittore Giuseppe Montesano in un’intervista pubblicata qualche mese fa su Robinson, il settimanale culturale di Repubblica. È «il potere sovversivo della lettura». «Leggere un grande romanzo – sottolinea nell’intervista – è una forma lucida di erotismo, una forma dell’amare, che è allo stesso tempo cosciente e inconscia. Un grande romanzo come un grande amore ti chiede tutto ciò che hai: ma ti dà sempre più di quanto gli darai».
Dal prossimo 13 aprile a Brescia torna il Mese Letterario. E soprattutto ritorna «a pieno regime» dopo gli ultimi tre anni segnati dalle limitazioni dovute alla pandemia. I quattro incontri della rassegna promossa dall’Associazione Mese Letterario in collaborazione con la Fondazione San Benedetto, si svolgeranno infatti nella sede storica dell’auditorium Primo Levi (ex Balestrieri) all’Istituto Leonardo in via Balestrieri. Tutte le serate saranno completamente ed esclusivamente in presenza per privilegiare l’incontro reale. La prima serata sarà dedicata a Giovanni Testori, un autore a noi molto caro nel centenario della sua nascita, e vedrà l’intervento dello scrittore Luca Doninelli. Seguiranno gli incontri su Giovanni Verga con Valerio Capasa, su Vasilij Grossman con Giovanna Parravicini e sui tre poeti greci Ritsos, Kazantzakis e Kavafis con Edoardo Rialti. È possibile iscriversi da subito compilando il modulo di iscrizione online sul sito www.meseletterario.it
Ha fatto notizia in questi giorni la decisione dell’editore delle opere di Roald Dahl, autore di romanzi per l’infanzia pubblicati in tutto il mondo scomparso trent’anni fa, di riscrivere i suoi libri togliendo ogni riferimento al genere, alla razza, al peso e cancellando parole come «grasso», «brutto», «nano» per evitare che qualcuno si offenda. È solo l’ultimo caso di una tendenza folle che deturpa i classici della letteratura e che mutila la realtà in nome di una presunta rettitudine. Su questo tema segnaliamo il commento della scrittrice Nadia Terranova apparso sul quotidiano La Stampa che parla di rinuncia all’intelligenza. Insieme pubblichiamo anche la lettera che ci ha inviato Annalisa Brivio. A un anno dallo scoppio della guerra in Ucraina una riflessione in prima persona fuori dagli schemi.
«Mi piace pensare alla cultura come al saper vivere. Potremmo dire che la cultura è l’autocoscienza della vita stessa. All’opposto della cultura sta un’ignoranza che non è interessata a ricercare il senso delle cose. Il nemico da combattere è l’indifferenza, il lasciarsi vivere, la superficialità, la chiacchiera, lo slogan, la battuta, un sentire istintivo». È un passaggio dell’omelia pronunciata dal vescovo di Brescia Pierantonio Tremolada il 15 febbraio nella festa dei santi patroni Faustino e Giovita e di cui riproponiamo il testo integrale sul nostro sito. Un intervento di grande spessore tutto da leggere nell’anno in cui Brescia è insieme a Bergamo Capitale della cultura. Per noi è anche l’occasione per esprimere il nostro bentornato al vescovo dopo il lungo periodo di assenza per la malattia. A lui rinnoviamo la nostra vicinanza e il nostro sostegno.
Giovedì 2 marzo nella sede della Fondazione San Benedetto a Brescia si è svolto l’incontro con la scrittrice di origini armene Antonia Arslan che ha presentato il suo ultimo libro …
Il terremoto che ha colpito la Turchia e la Siria, in questo caso accanendosi su popolazioni già martoriate dalla guerra che dura da quasi 12 anni, lascia senza fiato. «Un insostenibile male», come lo definisce Marina Corradi su Avvenire, «non trovando risposta né pace, di fronte al dolore innocente». Questa immensa tragedia colpisce una terra a cui come Fondazione San Benedetto siamo particolarmente legati. Nel 2017 abbiamo avuto ospite a Brescia il parroco latino di Aleppo padre Ibrahim Alsabagh che ci ha testimoniato la difficilissima situazione della città rasa al suolo dai bombardamenti e ostaggio della guerriglia. Da allora raccogliendo il suo appello come fondazione ci siamo fatti carico di contribuire alla ricostruzione. Nel 2019 ad Aleppo è stata così inaugurata una palazzina sventrata dalle bombe e poi riedificata che adesso ha ridato una casa a otto famiglie. Il primo frutto di un impegno che continua.
In questi giorni ha colpito la notizia del suicidio di una studentessa all’interno di un’università milanese. Un fatto che per un attimo obbliga a porsi domande che normalmente rimangono sepolte e dimenticate nella distrazione generale. Davanti a queste notizie vengono in mente gli articoli in cui il grande scrittore e drammaturgo Giovanni Testori sul Corriere e sul settimanale Il Sabato si occupava di drammatici fatti di cronaca. Come scrive Alessandro Gnocchi su il Giornale, Testori «sapeva cogliere l’eterno nelle storie considerate piccole soltanto da chi non era capace di comprenderle davvero». Quest’anno ricorre il centenario della nascita di Testori e a lui sarà dedicata la serata di apertura del Mese Letterario il 13 aprile. Un’occasione per riscoprirlo. Leggendo Testori, scrive Gnocchi, «si rimane stupefatti: dove sono finiti i corsari da prima pagina, i Testori, i Pasolini, gli Sciascia e gli Arbasino?»
A 150 anni dalla morte di Alessandro Manzoni la lettura dei Promessi Sposi rimane un’esperienza che continua a riservare sorprese. La linguista e traduttrice Elena Mazzola ha appena pubblicato per …
In occasione della Giornata della Memoria vogliamo riproporre la lettura dell’editoriale di Ferruccio de Bortoli pubblicato nei giorni scorsi sul Corriere. «La memoria – scrive – è come un giardino. Va curata. Altrimenti si ricoprirà di erbacce. E i fiori dei giusti scompariranno. Divorati». Come Fondazione San Benedetto da qualche anno abbiamo fatto nostra questa frase di Goethe: «Quello che abbiamo ereditato dai nostri padri va riguadagnato per possederlo». L’abbiamo inserita anche nel testo fondativo in cui sul nostro sito ci presentiamo dichiarando il senso della nostra presenza e della nostra azione. È un altro modo per sottolineare quale sia il valore imprescindibile della memoria. In questo senso come fondazione non mancheremo nei prossimi mesi di proporre anche iniziative per la conoscenza della storia oggi troppo spesso trascurata o del tutto ignorata.
Società, politica e sistema dei media, è stato questo il tema della conversazione con il vicedirettore del Foglio Maurizio Crippa che si è svolta giovedì 2 febbraio alle 18.30 nella sede …
A Brescia si è aperto con l’intervento del presidente della Repubblica l’anno che vede la città, insieme a Bergamo, Capitale della Cultura 2023. La cosa ci interessa perché la Fondazione San Benedetto, sin dall’inizio, ha messo al centro della sua attività la cultura. Ne sono espressione iniziative come il Mese Letterario, che ha ricevuto il plauso del presidente Mattarella, e la Scuola di lettura e scrittura. Facciamo nostro quanto dichiarava in un’intervista nel 1976 Giovanni Testori, di cui ricorre quest’anno il centenario della nascita: «La cultura bresciana ha sempre avuto una funzione di opposizione ai grandi stilemi, ai grandi trionfalismi, anche ai grandi idealismi del Rinascimento». Come contributo alla riflessione proponiamo la lettura di un testo di Jean Clair, già conservatore del Centre Pompidou a Parigi e direttore del Musée Picasso e della Biennale di Venezia del Centenario. Parole chiare per sottolineare quale sia la posta in gioco.