Questa settimana è stata segnata da due lutti che hanno coinvolto rappresentanti della vita pubblica del nostro paese: quello per la morte di Silvio Berlusconi e quello per la scomparsa della moglie di Romano Prodi, Flavia Franzoni. Nel primo caso abbiamo apprezzato l’omelia pronunciata al funerale dall’arcivescovo di Milano Mario Delpini. Un testo «poetico», come l’ha definito monsignor Camisasca durante la diretta Rai, fatto di poche frasi nelle quali ogni parola esprime una densità umana che colpisce per la sua verità. Su questo segnaliamo il commento di Giuliano Ferrara apparso sul Foglio. Nel secondo caso, sempre dal Foglio, proponiamo la lettura della lettera di Franco Prodi, fratello di Romano, in ricordo della cognata. Una testimonianza di una vita vissuta in coppia per 54 anni, portando sempre dentro «la freschezza di quegli anni nei quali Flavia e Romano si sono incontrati». Una bellissima storia d’amore che esprime un eroismo della vita quotidiana che oggi viene ritenuto impossibile.
In queste settimane sono state numerose le occasioni per ricordare don Lorenzo Milani nel centenario della sua nascita. Le rappresentazioni banali e scontate, frutto di superficialità e pigrizia mentale, funzionali al conformismo progressista, fanno solo torto alla figura del priore di Barbiana. «Spesso don Milani dovette difendersi da coloro – in genere laici e di sinistra – che volevano mettergli la loro casacca, tirarlo dalla propria parte e magari strumentalizzarlo contro la Chiesa», scrive Antonio Socci in un articolo su Libero raccontando chi era veramente e la sua profonda fede cattolica con testimonianze poco conosciute.
Il delitto di Senago dove il barman Alessandro Impagnatiello ha ucciso la fidanzata Giulia Tramontano insieme al bimbo di sette mesi che portava in grembo, lascia senza fiato. «Adesso finalmente sono libero» ha scritto l’assassino dopo l’omicidio in un messaggio alla sua amante. In un articolo su Libero Renato Farina osserva: «Non che i ragazzi siano più cattivi adesso, l’umanità è sempre stata quella che è, lussuria-avidità-potere, ma questa vicenda spaventevole fotografa il cortocircuito della civiltà post-cristiana. Non resiste neanche un residuo di memoria. E adulti – padri, madri, maestri – che trasmettano il fascino di una vita buona, insegnando a guardare le stelle in cielo invece che il proprio ombelico danzante, dove sono? Anzi, dove siamo?». Sembra non ci sia più «una roccia di ideali e affetti cui attaccarsi – conclude Farina -. Bisogna emergere, conto solo io, liberarmi da qualsiasi gioco, tenendo i piedi piantati nel mio io».
Il 22 maggio sono stati ricordati i 150 anni dalla morte di Alessandro Manzoni. L’anniversario è stato celebrato con una cerimonia ufficiale nella casa milanese dello scrittore, che ha visto gli interventi del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e del presidente emerito del Centro Studi Manzoniani Giovanni Bazoli, discorsi a cui la stampa ha dedicato ampio spazio e a cui rimandiamo per la lettura. Nella nostra newsletter di oggi vogliamo invece segnalare l’articolo di Valerio Capasa pubblicato su ilsussidiario.net. Relatore sempre molto apprezzato del Mese letterario, Capasa cala l’opera di Manzoni dentro la realtà della scuola e della società di oggi alle prese con il grande compito dell’educazione e si sofferma su donna Prassede, personaggio apparentemente secondario dei Promessi Sposi. Una figura «molto inclinata a far del bene» che incarna un atteggiamento molto diffuso dal quale stare in guardia.
Oggi e domani a Brescia si vota per eleggere sindaco e consiglio comunale. In tale occasione suggeriamo la lettura di un recente intervento di monsignor Massimo Camisasca, vescovo emerito di Reggio Emilia, a un gruppo di cattolici impegnati in politica a livelli diversi e pubblicato sulla rivista Tempi. La domanda è se per un cristiano non ci sia qualche cosa che viene prima di ogni preferenza partitica o scelta elettorale. È possibile quindi un lavoro comune tra coloro che hanno la stessa fede, anche se militano in schieramenti differenti, o l’appartenenza di partito è più importante? «Il fondamento della vostra vita non è la politica – sottolinea Camisasca -. Se la speranza fosse la politica voi sareste più miseri di tutti gli altri». Una strada forse impervia ma necessaria per non rendere irrilevante la fede. Altrimenti «quale senso avrebbe per un credente impegnarsi in politica?».
È stata pubblicata da Rizzoli la nuova edizione de «Il senso religioso» di don Luigi Giussani, il primo volume del PerCorso nel quale il fondatore di Comunione e Liberazione riassume il suo itinerario di pensiero e di esperienza. La prefazione è tratta dall’intervento dell’allora arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio, alla presentazione dell’edizione spagnola del volume nel 1998. In occasione di questa pubblicazione il 30 aprile Vittorio Feltri ha firmato su Libero un ritratto di don Giussani: «Lui – scrive – chiamava “senso religioso” i desideri profondi di bellezza, giustizia, verità, amore, felicità che cinicamente tendiamo a ridurre a faccende adolescenziali, e invece non andrebbero mai seppelliti se si vuole restare uomini vivi». Su questo libro la Fondazione San Benedetto promuove ogni due settimane un incontro aperto a tutti in cui confrontarsi sul percorso proposto da Giussani. Prossimo appuntamento giovedì 11 maggio alle 18.45 nella sede di Borgo Wührer 119 a Brescia.
L’economia italiana non è arretrata come vorrebbe «una vecchia vulgata che ormai ha decisamente stancato». A dirlo, numeri alla mano nel confronto con Francia e Germania, un osservatore autorevole come l’economista Marco Fortis in un articolo sul Sole 24 Ore. I dati dicono che siamo in presenza di un’economia «forte e moderna» che può diventare ancora «più dinamica». Una lettura della realtà italiana che non nega i problemi ma va oltre gli stereotipi negativi a cui siamo abituati, e che potrebbe essere applicata a molti altri ambiti della vita sociale. Esaurire tutto nella polemica politica da talk show nuoce gravemente al paese. Siamo convintamente europeisti, ma nel solco della sua storia e del suo spirito originario, l’Europa non può diventare un «sovranazionalismo astratto, dimentico della vita dei popoli», come ha denunciato Papa Francesco venerdì a Budapest. Per questo oggi diciamo che chi vuole bene all’Italia, vuol bene all’Europa.
Mentre a Brescia è in pieno svolgimento il Mese Letterario con una straordinaria risposta di pubblico, nel nostro appuntamento domenicale, questa settimana vogliamo segnalare la bella intervista rilasciata da Sergio Mattarella al Corriere in occasione dell’apertura a Parigi del Festival del libro. Il presidente della Repubblica sottolinea che «il libro, come ogni altra modalità di espressione della creatività umana, rappresenta uno strumento di condivisione della conoscenza. Leggere è essenziale, (…) potrebbe aiutarci a comprendere lo spirito con cui va guardato il mondo». Non è la prima volta che Mattarella interviene pubblicamente per affermare il valore della lettura. In questa occasione ricordiamo anche la lettera autografa che nel 2015 inviò alla Fondazione San Benedetto per esprimere il suo vivo apprezzamento per l’iniziativa del Mese Letterario. È l’unica personalità con un ruolo pubblico ad averlo fatto in questi anni e gliene siamo grati.