È stato il più grande statista italiano, anche se oggi pochi se ne ricordano. Ad Alcide De Gasperi, di cui nel prossimo agosto ricorreranno i 70 anni dalla morte, Antonio Polito ha voluto dedicare il suo ultimo libro, uscito da pochi giorni e significativamente intitolato «Il costruttore» (Mondadori). Sì perché proprio a lui l’Italia deve la sua rinascita dopo gli orrori e la distruzione della dittatura e della guerra. A lui deve la democrazia, un bene tutt’altro che scontato se solo guardiamo quanto sta accadendo anche adesso nel mondo. Ci pare importante sottolinearlo oggi nel giorno in cui si celebra la festa della repubblica. A Polito, giornalista con una formazione e una storia di sinistra, leale con la storia e la verità, va il merito di aver riscoperto la figura di De Gasperi, troppo presto rimossa dal suo stesso partito. Quella Democrazia Cristiana di cui lui aveva intuito la trasformazione contro la sua volontà nell’emblema della «repubblica dei partiti», un contenitore di potere che qualche decennio dopo sarebbe imploso su se stesso. Tornare a De Gasperi, primo e unico premier forte della repubblica, significa ritrovare la vera politica che sa costruire e che appare un bene sempre più scarso. L’opposto dello spettacolo avvilente a cui assistiamo tutti i giorni a cominciare dalle cronache dei telegiornali. Oggi, sottolinea Polito, c’è «chi vuole rottamare, chi promette di asfaltare, chi minaccia di usare la ruspa. I politici dei nostri giorni amano distruggere, annunciano di voler abbattere l’edificio del passato, anche se di solito finiscono per abbattersi da soli». Non ultimo, a De Gasperi si deve, con Adenauer e Schuman (tutti e tre cattolici), la nascita dell’Europa. Fu lui tra l’altro uno dei principali propugnatori di quella Comunità europea di difesa (poi mai realizzata per l’opposizione della Francia) di cui adesso si torna a parlare insistentemente. Si chiama lungimiranza, e val la pena ricordarlo alla vigilia del voto per il Parlamento europeo. Su tutti questi temi vi invitiamo a leggere anche il dialogo di Maurizio Crippa con Antonio Polito pubblicato sul Foglio in occasione dell’uscita del suo libro.