20 Settembre

La fuga da Gaza e l’assuefazione all’orrore

L’ultima settimana è stata segnata dalle immagini dell’esodo forzato e disperato di centinaia di migliaia di profughi da Gaza dopo l’invasione dell’esercito israeliano, mentre continuano massacri e distruzioni e la popolazione è alla fame. Eppure anche di fronte a queste immagini drammatiche che ci arrivano ogni giorno a getto continuo, rischiamo spesso di assuefarci all’orrore, di atrofizzare la nostra sensibilità a favore dell’indifferenza come se dietro tutto questo non ci fossero volti e storie di persone reali, di uomini concreti con un nome e un cognome. Si arriva persino a farlo diventare oggetto di talk show dove urlare, scontrarsi e insultarsi per passare poi senza colpo ferire alla prossima puntata. Nella newsletter di oggi vogliamo proporvi due articoli sulla situazione di Gaza che ci testimoniano uno sguardo diverso, uno sguardo umano. Il primo è di Marina Corradi ed è tratto da Avvenire. Si sofferma sulle immagini dei profughi e di chi, avendo perso tutto, non ha più neppure l’istinto di fuggire. Immagini che in modo paradossale richiamano alla memoria altre tragiche evacuazioni come quelle dei ghetti ebraici. Il secondo articolo è un’intervista del Sole 24Ore a padre Francesco Ielpo, nuovo custode di Terra Santa e grande amico della San Benedetto: «Ho trovato – racconta – una situazione drammatica, mi verrebbe da dire disumana nella Striscia, e tanta sofferenza anche in Israele dove si vive in un clima di sospetto, una situazione di conflitto in cui le posizioni si estremizzano». Anche in queste condizioni la Chiesa non perde la speranza e non si stanca di lanciare appelli per la pace: «Noi continuiamo a credere che valga la pena – spiega padre Ielpo – perché è un appello sempre rivolto alle coscienze e quando poi le coscienze cambiano, quando cambia proprio anche la possibilità di intravedere una via diversa, più umana per risolvere le questioni, queste voci, magari non subito, avranno l’effetto che devono avere».           

05 Ottobre

Dal Medio Oriente al Donbass dove l’umanità è cancellata

Lunedì 7 ottobre ricorre il primo anniversario dell’attacco di Hamas a Israele, un atto che ha innescato la nuova guerra che da un anno sta insanguinando il Medio Oriente, dopo quelle, prima in Iraq e poi in Siria, che hanno segnato i primi decenni del secolo. Di questo nuovo conflitto non si intravede la fine e preoccupa adesso il suo allargamento anche al Libano. Di fronte a questa situazione drammatica il patriarca di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa e poi anche Papa Francesco hanno invitato a dedicare la giornata di lunedì alla preghiera e al digiuno per implorare la pace nel mondo. Un invito che facciamo nostro. A Brescia, in duomo alle 12.45 è previsto un momento di preghiera con il vescovo. Per aiutarci a comprendere quanto sta accadendo in Terra Santa questa settimana segnaliamo l’articolo del professor Vittorio Emanuele Parsi, esperto di relazioni internazionali, pubblicato sul quotidiano Il Foglio, nel quale analizza in particolare i rischi della strategia portata avanti dal premier israeliano Benjamin Netanyahu. Una strategia che, scrive Parsi, «appare tanto ambiziosa quanto pericolosa per la sicurezza di Israele, del Medio Oriente e dell’Europa. È l’eterna illusione che sulla sola e semplice punta delle baionette (come si diceva una volta) possa essere costruito un ordine stabile e duraturo: un progetto che abbiamo visto fallire molte volte nel corso della storia europea». La guerra, se mai lo è stata in passato, oggi non può più essere in alcun modo una risposta accettabile a qualunque controversia o situazione di tensione. Anche quando è stata giustificata da ragioni superiori come l’esportazione della democrazia, per esempio in Iraq o in Libia, ha prodotto solo una catena infinita di disastri. Soprattutto porta alla cancellazione di ogni traccia di umanità. La vita umana non conta più nulla. Ci si può permettere persino di fucilare i prigionieri in spregio a tutte le convenzioni internazionali come è avvenuto nei giorni scorsi a sedici soldati ucraini uccisi nel Donbass, la cui esecuzione a freddo è stata ripresa dall’alto da un drone. Immagini sconvolgenti. Su questo episodio invitiamo a leggere da Avvenire l’articolo di Marina Corradi.

12 Novembre

Il dramma della guerra e le nostre finte battaglie navali

Si può assistere alla guerra in Medio Oriente standosene comodamente sul divano di casa, assuefatti al clima da perenne talk show che ci viene propinato dai media e in cui ci ritroviamo immersi. È come se andasse in scena una continua partita di «battaglia navale» dove lo scontro e la rissa vengono alimentati per raccogliere audience o like e fare cassa. La realtà dei morti veri, delle battaglie vere, della scia infinita di distruzione portata dal terrorismo e dalla guerra sono l’ultima cosa che interessa. Non importa neppure capire cosa sta davvero succedendo. Lo racconta bene in un articolo tutto da leggere Concita De Gregorio su Repubblica. Chi la realtà della guerra la conosce bene e la vive tra la sua gente e sulla propria pelle, è invece il patriarca di Gerusalemme, il neocardinale Pierbattista Pizzaballa, di cui riproponiamo l’intervista rilasciata pochi giorni fa all’Osservatore Romano a un mese dallo scoppio delle ostilità.

15 Ottobre

Attacco a Israele, perché non possiamo restare indifferenti

L’attacco terroristico di Hamas a Israele ha aperto una ferita immensa che lascia sgomenti. Non ci possono essere giustificazioni né attenuanti di alcun tipo per chi ha ucciso donne e vecchi e ha decapitato bambini inermi. E non ci possono essere titubanze o distinguo a stare con il popolo israeliano colpito da una violenza inaudita e a riconoscere il suo diritto a difendersi. Su quanto successo vogliamo segnalare due spunti di riflessione. Il primo è un articolo dello scrittore Paolo Giordano sul Corriere della Sera. Il secondo è una lettera al direttore del quotidiano online ilsussidiario.net Luca Raimondi di Vincent Nagle, sacerdote cattolico, figlio di una mamma ebrea-sionista. Una lettura in prima persona del conflitto fra israeliani e palestinesi che indica una prospettiva diversa.