In questa newsletter torniamo su due vicende di cui ci siamo già occupati nelle scorse settimane: l’uccisione di Aleksey Navalny in Russia e l’inserimento dell’aborto fra i diritti costituzionali in Francia. Gli sviluppi che ne sono seguiti meritano un supplemento di attenzione e di riflessione che vi proponiamo attraverso la lettura di due articoli significativi per il punto di vista che offrono. Il primo è di Giovanna Parravicini, grande studiosa della cultura russa che da molti anni vive a Mosca e che più volte è stata ospite della Fondazione San Benedetto. La sua è una testimonianza (che riprendiamo dal sito di Comunione e Liberazione) su quanto sta accadendo in Russia dopo la morte di Navalny, «un uomo che ha dato la vita per ciò in cui credeva – e l’ha data consapevolmente». Un uomo che nella Pasqua del 2014 ripensando alla Passione di Cristo scriveva: «Cosa sono tutte le nostre “difficoltà” e i nostri “problemi” in confronto a ciò che ha dovuto provare Lui? Ma il Bene, la Giustizia, la Fede, la Speranza e la Carità ebbero comunque la meglio. Buona festa della Risurrezione a tutti voi, credenti e non credenti. Buona festa dell’inevitabile vittoria del Bene!». «Forse – sottolinea Parravicini – è stata proprio questa intuizione a spingere all’improvviso, dopo mesi di passività, migliaia di persone in tutto il Paese a recarsi a deporre fiori su altarini o memoriali improvvisati dedicati a Navalny, sfidando la presenza delle forze dell’ordine e addirittura l’arresto». Il secondo articolo è invece di Giuliano Ferrara sul Foglio dopo il voto del parlamento francese che a larghissima maggioranza, con tanto di standing ovation e di illuminazione della tour Eiffel, ha inscritto l’aborto come diritto nella Costituzione. Non ci hanno mai appassionato le battaglie ideologiche o le divisioni fra pro life e pro choice, quel che ci interessa è il dato di realtà. E se il concepito per la scienza è un individuo, «a quel punto – scrive Ferrara – il diritto alla vita è assoluto». Vale per i concepiti come per i bambini di Gaza. Per questo, continua l’articolo, «oggi dovremmo dire “cessate il fuoco” contro i nascituri abortiti o in via di aborto, cioè annientati, nel segno del diritto costituzionale. Un mondo in cui si viaggia verso il miliardo e mezzo di aborti legali e condivisi dai primi anni Settanta, epoca delle leggi abortiste, non ha il diritto di assumere pose sconvolgenti di compassione, empatia o quel che volete voi verso la strage dei bambini a Gaza e, se è per questo, in molte altre parti del mondo».