La pandemia di Coronavirus ha assunto le dimensioni di uno tsunami planetario per le conseguenze che ha innescato. Eppure non è la prima volta che l’umanità si trova a fare i conti con un’epidemia, ma rispetto al passato adesso c’è qualcosa di assolutamente diverso che, se non si è rinunciato a pensare, obbliga a guardare oltre i bollettini quotidiani su numeri di contagi e di decessi, indici rt, proteste e polemiche di cui la cronaca è infarcita. Nello scorso mese di luglio in Francia Gallimard ha pubblicato un saggio di Olivier Rey, matematico e filosofo che insegna a Parigi alla Sorbona, ora riproposto in Italia dalla Società Editrice Fiorentina con il titolo «L’idolatria della “vita”». La sua è una riflessione originale e provocatoria che parte dalla Francia ma si allarga all’intera Europa.
In questi giorni si è detto e scritto tantissimo su Diego Armando Maradona. Di tutto e di più. Tra le tante parole proponiamo la lettura dell’articolo di Marco Pozza apparso sul quotidiano online ilsussidiario.net. «“È stata una leggenda” dicono in tantissimi. La cosa mi piace se s’aggiunge “del calcio”: una leggenda del calcio. Perché si può essere una leggenda vivente, ma sicuramente non aiuta nessuno quando deve cambiare una ruota bucata: è la scarsa memoria delle generazioni che consolida le leggende. È stato un immenso giocatore, fuoriclasse, un dio (minuscolo). Per il resto, è stato come tanti, tutti: una vita alla (disperata) ricerca di un significato».
Cinquant’anni fa moriva Marija Judina una delle più grandi interpreti russe di sempre. Venerdì sul Corriere della Sera Gian Antonio Stella ha ripercorso la sua storia rifacendosi al libro di Giovanna Parravicini, ricercatrice di Russia Cristiana, “Marija Judina, più della musica” (La Casa di Matriona). Quella che viene considerata la più grande pianista russa del Novecento – scrive Stella -, scomparsa cinquant’anni fa il 19 novembre 1970, non riuscì mai a fare un solo concerto in un Paese occidentale o ad avere un pianoforte tutto suo (ne aveva uno a nolo, e faticava a pagare le rate) proprio perché i più ottusi custodi dell’ortodossia la ritenevano una nemica del popolo: non era atea.
La pandemia ci ha rubato il rito pietoso di andare sulla tomba dei cari, ma ha reso la morte una questione centrale. Su questo tema in occasione della commemorazione dei defunti il 2 novembre Libero ha pubblicato un interessante articolo di Antonio Socci che dice: “È un paradosso apparente. In effetti la coscienza della propria finitudine impone la ricerca del senso della vita come il primo e il più importante dei compiti dell’uomo. Questo anno 2020 sarà ricordato come quello i cui giorni erano scanditi dai lugubri e angoscianti bollettini dei morti e dei contagiati”.
Fabrice Hadjadj è filosofo, è una delle voci più originali e ascoltate della cultura francese. In un’intervista al quotidiano Le Figaro (riproposta in Italia dal Foglio), Hadjadj parla della pandemia. Del timore che finiremo per abituarci a questo mondo senza volti e senza contatti: «Nelle circostanze attuali, tutto è invertito. Proteggo la mia vita evitando di espormi all’altro. Non amo il mio prossimo come me stesso, amo me stesso come il mio prossimo, e spero, per la mia salute, che il prossimo resterà lontano, perché non so quanti germi trasporti con lui. Ieri, ammiravamo il bacio al lebbroso. Oggi, promuoviamo il gesto barriera. C’è soprattutto questa figura terribile dell’“asintomatico”, i cui baci sono tutti baci di Giuda. Tuttavia, sarebbe un errore scivolare, per reazione alla quarantena, nell’apologia del rischio. Si tratta di passare a un altro piano, di riconoscere che la vita umana, nelle sue dimensioni più profonde, è sempre oltre il rischio e la riuscita».
«Quando ventisei anni fa ho lasciato Pesaro per trasferirmi negli Stati Uniti il presidente era il garante dell’unità nazionale, una volta eletto era il rappresentante di tutti. Oggi non è più così. Il tasso ideologico è aumentato moltissimo e il paese è profondamente spaccato». Riro Maniscalco è un conoscitore dell’America profonda. A questa da italiano trapiantato negli Usa alcuni anni fa ha dedicato anche un libro intitolato «Mi mancano solo le Hawaii». A 65 anni dopo aver vissuto per oltre 25 a New York, si è spostato nel Minnesota. Da là, nel cuore del Midwest, dove in questi giorni è già arrivata la prima neve, si è collegato venerdì sera per un dialogo organizzato dalla Fondazione San Benedetto in vista delle elezioni presidenziali e all’indomani dell’ultimo confronto fra i due sfidanti, Donald Trump e Joe Biden.
Nel articolo di Piergiorgio Chiarini pubblicato su Bresciaoggi del 25 ottobre una sintesi dell’incontro.
Sulla centralità del tema dell’educazione segnaliamo l’intervento del rettore dell’Università Cattolica Franco Anelli pubblicato il 14 ottobre sul Corriere della Sera: «Società della conoscenza» e «capitale umano»: formule ripetute da …
Segnaliamo l’editoriale pubblicato da Bresciaoggi l’11 ottobre dopo la decisione del Comune di Iseo di dare un aiuto alle donne che rinunciano ad abortire.
«Ha sollevato polemiche la decisione della giunta comunale di Iseo di prevedere un aiuto mensile di 160 euro per un anno e mezzo alle donne che per problemi socio-economici sono in difficoltà nel portare avanti una gravidanza e pensano di ricorrere all’aborto. Una strada che nel Bresciano anche altri Comuni hanno intenzione di percorrere per offrire un’alternativa che non veda l’interruzione della gravidanza come unica opzione. Una misura che mira a dare un sostegno immediato e concreto…
“Pavese ha chiesto troppo (ed è l’unica cosa che vale la pena chiedere: solo quel che è inafferrabile merita di essere rincorso e pianto): cercava addirittura un dio capace di piangere per l’uomo. Viveva il tormentoso dilemma di un’anima sensibile in un mondo che procede ad altezze più basse”. In un interessante articolo su L’Osservatore Romano del 1° ottobre Valerio Capasa tratta del tema del desiderio e della solitudine di Cesare Pavese a settant’anni da sua scomparsa.
Negli ultimi decenni la peculiarità della figura dell’insegnante, di chi ogni mattina entrando in classe e chiudendosi la porta alle spalle affronta la scommessa cruciale: riuscire ad avviare delle giovani menti …
Negli Stati Uniti, divisi come non mai, succede qualcosa in controtendenza che ha da insegnare anche a noi. L’ultimo giorno del Meeting di Rimini è stata trasmessa un’intervista congiunta a due …