La droga e i silenzi colpevoli
Il problema è che diamo sempre più per scontato che l’istinto di fuga dal male di vivere richieda l’aiuto di una sostanza, il conforto di una dipendenza (Dal Corriere della Sera di Antonio Polito)
«Se vado a piazza Navona, e incontro un drogato che passa ciondolando con aria noiosa e vagamente sinistra, maledico la misteriosa circostanza che ha costretto, lui singolo, a fumare dell’hascisc invece di leggere di un libro». Pier Paolo Pasolini, non certo un intollerante nei confronti della differenza o del disagio giovanile, considerava la droga «una vera tragedia italiana», come nel titolo dell’articolo che pubblicò nel luglio del 1975 sul Corriere della Sera. Però tentava di capirne il perché, che si trattasse di un giovane borghese o di «un drogato in un bar di piazza dei Cinquecento o al Quarticciolo». «Per quanto riguarda la mia personale, e assai scarsa esperienza – scriveva – ciò che mi par di sapere intorno al fenomeno è il seguente fatto: la droga è sempre un surrogato. E precisamente un surrogato della cultura… la droga viene a riempire un vuoto causato appunto dal desiderio di morte e che è dunque un vuoto di cultura»