«1984», il degrado della parola
George Orwell. L’intera opera dello scrittore britannico, scrive Nicola Gardini, è percorsa dall’orrore della rovina
linguistica. Via le sfumature, i ricordi, l’ironia. Ma l’arcinemico non è il totalitarismo: è la storia a piegare il verbo
(Da Il Sole 24 Ore, di Nicola Gardini)
“1984” è una tragedia della parola. Il tiranno punta dritto al suo cuore, la metafora, organizzando un “regime
del significato letterale”, dove a vuol dire a, sempre e per ognuno, e mai a’, neppure per qualcuno. Via le
sfumature, le associazioni personali, i ricordi, l’ironia. Il tiranno sa benissimo che la parola non è mai lettera,
che non dice mai una cosa sola, neppure quando si sforza o pretende di produrre messaggi diretti e
chiari. La parola disobbedisce per sua natura, presupponendo comunque altri valori, altri contesti.