Scuola finita? No, è adesso che si comincia per davvero
La tristezza di una scuola vuota, Leopardi, Omero e Dante che “hanno appena increspato la superficie”. Il bello, in realtà, verrebbe proprio adesso. (Da ilsussidiario.net di Valerio Capasa)
Fuori da scuola rimangono bottiglie vuote. Un cimitero di plastica accartocciata, dopo che il sole rapido dell’estate ha asciugato gli schizzi dei gavettoni. Dentro, nel silenzio irreale dei corridoi improvvisamente larghi, il breve frastuono dei banchi spostati. Dalle lavagne è ormai cancellato quanto speravamo non si cancellasse mai: parole che erano segni già inadeguati, di gesso o di inchiostro, di tanta promessa di vita. Che avrebbe dovuto incidere i cuori: pagine e frasi che parevano atomiche scagliate nei mari in burrasca, la cui deflagrazione avrebbe svegliato il mondo intero, e scatenato una tempesta impazzita di onde. Invece fu poco più di un sassolino nello stagno: Leopardi, Omero, Dante, con tutta la potenza che turbinava in fondo, hanno appena increspato la superficie. Qualche cerchio concentrico, di diametro non maggiore di altre canzoni, altre parole, altri richiami, pronti a prendersi la scena. In classe si sarà anche parlato della vita; ma la vita poi, zittite le chiacchiere dei saggi brevi, la si vive con altri.