Graham Greene e la lezione di John Henry Newman

(Fonte Avvenire)
Nel tardo pomeriggio di un giorno di fine settembre del 1979, mentre conversavamo nella sua villetta di Anacapri denominata “Il Rosaio” (che aveva acquistata nel 1948 con quanto aveva guadagnato con la sceneggiatura di Il terzo uomo) Graham Greene mi disse che, se si è scrittori cattolici, non occorre cercare di scrivere cattolicamente, giacché tutto ciò che si esprime non potrà non essere cattolico. Riaffermò questa sua convinzione nella lunga intervista rilasciata a Marie-Françoise Allain, pubblicata nel 1981 con il titolo di L’autre et son double (tradotta in italiano nel 1983 con il titolo di Il tenero omicida), lasciando intendere che gliela avesse ispirata o comunque rafforzata colui che anch’egli chiamava allora il cardinale John Henry Newman. Nell’intervista Graham Greene dice che il cardinale «negava l’esistenza di una letteratura cattolica». Riconosceva soltanto la possibilità di una dimensione religiosa, superiore alla dimensione letteraria, e scriveva che i libri devono prima di tutto occuparsi di quello che chiamava «il destino tragico dell’uomo e la sua decadenza». Nella stessa intervista, dopo che la Allain nota che egli sembra stritolato da quella che Newman chiama «la terribile calamità originale», Graham Greene rivela che ciò gli è successo soprattutto durante la Seconda guerra mondiale e poi quando è sopraggiunta la minaccia nucleare.