Il cielo che ho dentro
(Da L’Osservatore Romano, di Valerio Capasa)
Fra i talenti che Lucio Dalla ha misteriosamente ricevuto in dono, c’era quello di saper scrivere testi al tempo stesso semplici e profondi, immediatamente comprensibili e infinitamente interpretabili: tanto popolari quanto leopardiani. I suoi occhi si accendevano in un lampo, per qualche dettaglio che normalmente sfugge ai radar. Noi guardiamo un albero, per esempio, e ci sembra — quando pure lo notiamo — semplicemente un albero: ma «cosa sarà che fa crescere gli alberi»? La risposta non attiene alla botanica, anche perché Dalla cantava l’origine delle banalità come degli ideali: «Cosa sarà che fa crescere gli alberi e la felicità?». Questione tutt’altro che scontata, se è vero che la felicità — com’è evidente — potrebbe anche non crescere, bensì appassire: cosa sarà «che fa morire a vent’anni anche se vivi fino a cento?» (Cosa sarà)…