LA DISTANZA E LA PRESENZA
A dire il vero, il dono più prezioso che mi ha fatto la vicinanza all’Italia è la distanza con me stesso. Non dirò, in tono adulatorio, che sono un italiano adottivo. In quest’epoca di «senza–distanza», come dice Heidegger, in cui tutto si disincarna, si uniforma e si monetizza sui nostri schermi, è un bene che ci siano italiani e francesi, ebrei e non ebrei, e ci sia anche qualcosa di incomunicabile. Noi non ci fondiamo con i nostri migliori amici. Accettiamo di vivere insieme anche i silenzi e di guardare in faccia gli abissi. Ci comprendiamo come incomprensibili. L’esperienza di questa distanza infinita porta un nome: presenza. Poiché la presenza è sempre mistero al contrario del disposable e dell’accessibile, quando facciamo esperienza di questa presenza, anche il famigliare diventa straniero, ma di un’estraneità che non è di questo mondo e per questo raggiunge i segreti del nostro cuore. (Fabrice Hadjadj da Avvenire)