InstaGraal
(Dal Corriere della Sera, di Alessandro D’Avenia)
All’improvviso il mare si placò e il vento che spirava furioso cadde in un silenzio anomalo. Le vele si afflosciarono e l’immobilità si riempì di una cantilena dolcissima. Solo Ulisse poteva sentirla grazie allo stratagemma che Circe gli aveva svelato per non farsi stregare dalle Sirene: orecchie libere ma legato all’albero maestro. I suoi compagni remavano a perdifiato, resi sordi dalla cera, nonostante il loro capitano urlasse di fermarsi e liberarlo, fuori di sé, lui, il più saggio degli eroi. Ricorderete tutti il fascino dei versi omerici dedicati alle Sirene, ma liberateli dall’immaginario corrente. Nel mondo greco erano uccelli rapaci con il volto di donna, esseri tutt’altro che attraenti, ma con una abilità canora capace di ipnotizzare, il cui potere seduttivo dipendeva soprattutto dal tema del canto. Le Sirene affermano di essere onniscienti: sanno tutto ciò che accade sulla terra, come le Muse, e in particolare ciò che è accaduto nella città di Troia. Stanno promettendo di raccontare la guerra di Troia proprio a chi, per troppo tempo, l’ha combattuta e cerca di tornare a casa. Che razza di seduzione è questa? Perché mai vorrebbe ascoltarle a tutti i costi, proprio chi ha già vissuto tutto in prima persona? Per un motivo vitale: per sapere se le sue gesta sono entrate nel racconto epico, che significa essere diventato immortale.