In occasione della Giornata della Memoria vogliamo riproporre la lettura dell’editoriale di Ferruccio de Bortoli pubblicato nei giorni scorsi sul Corriere. «La memoria – scrive – è come un giardino. Va curata. Altrimenti si ricoprirà di erbacce. E i fiori dei giusti scompariranno. Divorati». Come Fondazione San Benedetto da qualche anno abbiamo fatto nostra questa frase di Goethe: «Quello che abbiamo ereditato dai nostri padri va riguadagnato per possederlo». L’abbiamo inserita anche nel testo fondativo in cui sul nostro sito ci presentiamo dichiarando il senso della nostra presenza e della nostra azione. È un altro modo per sottolineare quale sia il valore imprescindibile della memoria. In questo senso come fondazione non mancheremo nei prossimi mesi di proporre anche iniziative per la conoscenza della storia oggi troppo spesso trascurata o del tutto ignorata.
A Brescia si è aperto con l’intervento del presidente della Repubblica l’anno che vede la città, insieme a Bergamo, Capitale della Cultura 2023. La cosa ci interessa perché la Fondazione San Benedetto, sin dall’inizio, ha messo al centro della sua attività la cultura. Ne sono espressione iniziative come il Mese Letterario, che ha ricevuto il plauso del presidente Mattarella, e la Scuola di lettura e scrittura. Facciamo nostro quanto dichiarava in un’intervista nel 1976 Giovanni Testori, di cui ricorre quest’anno il centenario della nascita: «La cultura bresciana ha sempre avuto una funzione di opposizione ai grandi stilemi, ai grandi trionfalismi, anche ai grandi idealismi del Rinascimento». Come contributo alla riflessione proponiamo la lettura di un testo di Jean Clair, già conservatore del Centre Pompidou a Parigi e direttore del Musée Picasso e della Biennale di Venezia del Centenario. Parole chiare per sottolineare quale sia la posta in gioco.
«Mi pare che la Vita sia l’unica a cosa a cui gli uomini moderni non pensano mai in tutta la loro vita. Tutti sono assolutamente ignari di cosa sia la vita. Non conoscono altro che distrazioni dalla vita». Sono parole tratte da una conversazione radiofonica fatta alla BBC dallo scrittore inglese Gilbert Keith Chesterton nel 1934 di cui proponiamo la lettura. Un invito a scoprire il valore della vita quotidiana, a non accontentarsi di «miseri sostituti alla gioia di vivere» e a non restare «sotto il dispotismo volgare» dell’intrattenimento.
Questo è anche il senso del percorso che la Fondazione San Benedetto propone ogni due settimane partendo dall’ascolto dei podcast delle lezioni di don Luigi Giussani sul senso religioso. Il prossimo appuntamento sarà giovedì 26 gennaio alle 18.45 nella sede di Borgo Wührer 119 a Brescia. La partecipazione è aperta a tutti.
In questo primo appuntamento del nuovo anno vogliamo ricordare Papa Benedetto XVI. La nostra fondazione ha iniziato a muovere i suoi primi passi nel 2005 quasi in concomitanza con l’elezione di Joseph Ratzinger al soglio pontificio. Nel 2009 durante la sua visita a Brescia abbiamo anche avuto la possibilità di incontrarlo personalmente. In tutti questi anni per noi è stato (e continuerà a esserlo) un costante punto di riferimento che ci ha sempre sorpreso per il fascino e la chiarezza della sua testimonianza. In questa occasione proponiamo la lettura dell’intervento che nel gennaio 2008 non gli fu consentito di fare all’Università La Sapienza di Roma. Un’esaltazione della ragione e un invito libero a «mantenere desta la sensibilità per la verità» oltre i pregiudizi e contro ogni riduzione ideologica.
Per augurarci buon Natale quest’anno abbiamo scelto due brani dai «Cori da “La Rocca”» di T.S. Eliot. In questi versi c’è anzitutto la percezione della disgregazione che riguarda tanto la vita di ciascuno quanto l’intera società. «Che vita è la vostra – domanda Eliot – se non avete vita in comune? Vivete dispersi su strade che si snodano come nastri, e nessuno conosce il suo vicino». Dentro la desolazione della vita senza significato in un preciso momento è però accaduto un evento sorprendente che ha ridato senso al tempo: è il fatto dell’Incarnazione, di Dio che si fa uomo. «Quel momento di tempo diede il significato.
Quindi sembrò come se gli uomini dovessero procedere dalla luce alla luce, nella luce del Verbo», scrive Eliot. Contraddizioni e limiti non sono cancellati, ma la tenebra dell’insignificanza è stata vinta. Per questo anche nel 2022 ha senso festeggiare il Natale.
Da Repubblica un’analisi lucida e disincantata di Concita De Gregorio sul momento che stiamo vivendo. Dalla guerra in Ucraina al nuovo governo, dalla politica al ritorno dei guitti in tv, sembrano vincere la noia e la distrazione. «C’è qualcosa di più profondo in questa stagione della risacca, che ha l’odore marcio delle alghe a riva quando il mare si ritira – scrive De Gregorio -. Una specie di desolazione definitiva, come se a questo giro fosse davvero finito il gas che accende le passioni. Troppi investimenti a vuoto, troppe speranze disilluse troppo a lungo. Non interessa più quasi niente».
Sono parole che anzitutto ci pongono delle domande chiamandoci in causa perché a prevalere non sia la rassegnazione. Possiamo davvero accettare che la nostra vita (che è fatta di pensieri, desideri, ideali, affetti, relazioni, progetti, realizzazioni) sia solo un susseguirsi di speranze disilluse e di investimenti a vuoto?
Dal Corriere della Sera del 3 dicembre segnaliamo un’interessante intervista a Piero Bassetti, imprenditore e politico. È stato anche il primo presidente della Regione Lombardia dal 1970 al 1974. Un’intervista a tutto campo nella quale, a quasi 94 anni, ripercorrendo la sua vita affronta i temi della fede e della morte («Il nulla non è la risposta», spiega) senza sottrarsi a domande sulla trasformazione delle città e sulla politica. E senza timore a dichiarare che il miglior presidente della Lombardia è stato Roberto Formigoni: «Ha fatto la Regione».
Sono trascorsi nove mesi da quando è scoppiata la guerra in Ucraina. C’è il rischio di rassegnarsi e abituarsi alla folle violenza di un conflitto che ogni giorno semina morte, distruzione e desolazione. Per questo facciamo nostra la lettera che Papa Francesco ha voluto indirizzare al popolo ucraino e di cui proponiamo la lettura questa settimana. «Io continuo a starvi vicino – scrive il Papa agli ucraini -, con il cuore e con la preghiera, con la premura umanitaria, perché vi sentiate accompagnati, perché non ci si abitui alla guerra, perché non siate lasciati soli oggi e soprattutto domani, quando verrà forse la tentazione di dimenticare le vostre sofferenze». Nella lettera il Papa ricorda anche l’Holodomor, la terribile carestia voluta da Stalin che 90 anni fa fece quasi quattro milioni di vittime in Ucraina.
Dai 59 (sì cinquantanove!!!) anni di Biagio Antonacci che diventano notizia (sì notizia!!!) del telegiornale ai quiz sulle canzoni di Fiorello, il critico letterario Alfonso Berardinelli sul Foglio racconta la sua esperienza davanti alla televisione. È la cosiddetta cultura di massa, «quella cosa che fa sentire noiosa la cultura non di massa, scoraggiando non solo la lettura di Guerra e pace, ma impedendo di fissare lo sguardo anche su un articolo di giornale per il tempo necessario a leggerlo da cima a fondo», scrive Berardinelli che poi aggiunge: «la nostra è la civiltà nella quale della bruttezza e della stupidità ci si è accorti sempre meno. Siamo riusciti in una notevole impresa, quella di rendere brutta la bellezza (vedi le sfilate di moda: vedi la Moda)».
Dopo la decisione del governo di aggiungere al nome del Ministero dell’Istruzione la parola merito si è sviluppato un ampio dibattito. Ma è davvero il merito la questione prioritaria per le nostre scuole che si trovano da tempo in una situazione di grande disorientamento sulla loro stessa missione? E qual è l’idea di merito che abbiamo? Non c’è prima di tutto un problema che riguarda gli insegnanti, sempre più ostaggio della burocrazia scolastica, e la qualità dell’insegnamento? Per questo ci riconosciamo nella posizione espressa nell’articolo pubblicato sul quotidiano online ilsussidiario.net che segnaliamo questa settimana: “Sarebbe tutto più facile se invece di affrontare tutto in modo teorico e dall’alto in basso si imparasse dall’esperienza: non mancano nella scuola tanti professori seri, stimati, amati, capaci di impegnare gli studenti e così lasciando a loro qualcosa di prezioso”. Forse proprio da qui si dovrebbe ripartire, è questo il vero “merito” che ci interessa.
Sul Foglio del 3 novembre il professor Sergio Belardinelli racconta del suo incontro con don Luigi Giussani e, in particolare, di un vecchio intervento che il fondatore di Comunione e liberazione fece nel 1986 a un convegno sulla cultura europea del XX secolo. Una relazione ancora oggi, scrive Belardinelli, di «sorprendente attualità», dalla quale emerge che «la crisi della politica di cui oggi tanto si parla è molto di più che una crisi politica; è una crisi culturale e antropologica, sulla quale don Giussani ha avuto il merito di insistere anche quando, fuori e dentro la Chiesa cattolica, erano in pochi a rendersene conto».
«Tutte le cose contengono un presentimento d’amore». Sono parole di Roberto Benigni che giovedì ha compiuto 70 anni. In omaggio al grande artista toscano questa settimana vogliamo proporre attraverso un video alcuni passaggi del suo monologo sui 10 comandamenti. «Non bastiamo a noi stessi – diceva in quell’occasione – e non bisogna aver paura di morire, ma di non cominciare mai a vivere davvero. La vita è molto più di quello che possiamo capire noi, per questo resiste, se la vita fosse solo quello che capiamo noi, sarebbe finita da tanto, tanto tempo».