Gioie e tragedie in quella cantina di vini preziosi che sono le Lettere di Tolkien
Del fecondo intreccio tra esistenza quotidiana e arte e del misterioso processo della scrittura sono specchio fedele e privilegiato le Lettere di Tolkien, che finalmente tornano a essere pubblicate da Bompiani (Da Il Foglio di Edoardo Rialti)
La Mente del Creatore. Era questo il titolo di un saggio della drammaturga e traduttrice Dorothy Sayers, una riflessione dedicata al mistero dell’arte, che iniziava con una citazione di Berdjaev: “Nel caso dell’uomo, ciò che egli crea è più espressivo di quello che genera. L’ immagine dell’artista e del poeta è impressa più chiaramente nelle sue opere che nei suoi stessi figli”. E certamente – pur nella consapevolezza perenne che ogni grande espressione artistica perfettamente compiuta comprende sì la biografia del suo artefice eppure al contempo la supera sempre – sono molti i volti nella terra di mezzo di J. R. R. Tolkien (che fu estimatore della stessa Sayers) nei quali è possibile cogliere un suo “ritratto dell’artista” da soldato e innamorato (Beren-Aragorn), da saggio e incantatore, capace di evocare storie perdute e linguaggi misteriosi (Gandalf, e quando si trovò a impersonarlo sul grande schermo, l’attore Ian McKellen si ispirò ad alcuni tratti della voce del Professore stesso), da amante della quiete domestica e del giardinaggio e al tempo stesso delle bellezze e pericoli remoti (Sam Gamgee). E, soprattutto, da scrittore stesso…