Alfie, che notte infinita. Un bimbo e i suoi, lasciati soli
“Alfie, 23 mesi, il bambino più malato e fragile, quello che doveva morire in pochi istanti senza respiratore, è venuto a ricordare all’Europa orgogliosa e dotta cos’è un uomo, e quanto infinitamente vale” (Da Avvenire di Marina Corradi)
Che notte interminabile deve essere stata. Che notte infinita. Alle dieci di sera di lunedì i medici dell’Alder Hey Hospital di Liverpool avevano staccato le macchine. Poi, hanno lasciato il piccolo Alfie solo con i genitori. Doveva essere questione di pochi minuti. Tutti erano certi che il bambino non potesse respirare autonomamente. Invece, nel silenzio della piccola stanza il respiro di Alfie, 23 mesi, si è fatto strada: dapprima incerto, poi più costante. Il bambino che doveva morire non voleva morire. Nel rettangolo illuminato di una finestra d’ospedale, mentre la notte avanzava, accadeva ciò che nessuno aveva previsto. Un’ora dopo l’altra, Alfie viveva. Respirava autonomamente, anche se con fatica. Sfinita, la madre Kate si addormentava accanto a lui. «Mi sono messo a sedere con i medici e ho detto che questo stava diventando un crimine – ha raccontato il padre Tom –. Affamarlo di cibo e idratazione, potenzialmente di ossigeno. Così mi sono seduto con i dottori. Abbiamo avuto un incontro di circa 40 minuti e hanno detto di sapere che ho ragione e avevo sempre avuto ragione».