Il giorno dei morti e la nostra fede
(Da Avvenire di Marina Corradi)
Su gran parte d’Italia piove. Nei viali dei cimiteri le foglie gialle, fradice, sembrano già cominciare a disfarsi. Se rivedi il turgore dei germogli di marzo, gonfi di linfa chiara, l’autunno ti costringe inevitabilmente a pensare alla tua vita. Certo, non quando sei giovane, e in una comune illusione immagini che lo sarai per sempre. Ma quando invecchi: e ancora più in questo giorno, in cui si va dai morti. Di tanto affetto, di tanti ricordi troviamo sulle lapidi una vecchia foto – scelta fra quelle in cui lui, padre, fratello, sorride appena, un po’ assente. Loro, che hanno varcato quella soglia, sono per noi così disperatamente lontani, così inaccessibili. Di tanti limiti che l’umanità è riuscita a varcare, quello della morte rimane l’inviolato, l’inappellabile. E chi ama qualcuno che se ne è andato urta contro questo muro, continuamente, e ne viene respinto; ritorna, bussa, aspetta, nessuno risponde…