Romano Guardini, il filosofo dell’educazione
Parla Barbara-Hanna Gerl-Falkovitz, studiosa del grande pensatore italotedesco: «L’arte guardiniana di guidare è fondata nel profondo rispetto di “quanto già c’è”: il “destino”» (Da Avvenire, l’intervista di Roberto Righetto)
Quella del teologo e pensatore italotedesco Romano Guardini è stata una vita totalmente dedicata, oltre che agli studi teologici e filosofici, all’educazione delle giovani generazioni. Tanto che un amico di studi, il filosofo Max Scheler, l’avrebbe definito «il pedagogo tedesco cristiano».
Lei, professoressa Hanna-Barbara Gerl-Falkovitz, ha molto approfondito la lezione di Guardini: qual era la sua idea del compito di un educatore?
«L’effetto di Guardini non veniva dalla retorica. “Chi tratta di cose religiose deve esercitare un grande sacrificio della parola – scrisse nel 1924 –. Egli deve lasciare scorrere tutto attraverso la fiamma viva dell’esame più obiettivo, affinché ciò che non è autentico si dissolva. Solo così splenderà in modo più chiaro ciò che proveniva dalla verità ». Molto più tardi, nella sua “autobiografia frammentaria”, a proposito di alcune prediche aggiunge: “La verità è una potenza; ma soltanto quando non si esige da essa alcun effetto immediato… Se mai lo potrà essere, proprio qui questa assenza di propositi particolari è la forza più grande. Parecchie volte, specialmente negli ultimi anni, ebbi la sensazione che la verità mi stesse dinanzi come un essere concreto”».