IL VUOTO E I SUPPLENTI
- Data 3 Gennaio 2019
A proposito della presenza demograficamente considerevole dei credenti musulmani nelle società europee, quali sono le domande più urgenti che i poteri pubblici dovrebbero porsi?
«Innanzitutto, chiedersi se il dinamismo demografico dei musulmani non sia un atteggiamento sano, e il nostro rifiuto della vita, invece, una sorta di malattia. È il vuoto delle nostre società un tempo cristiane che attira dei supplenti» (intervista a Rémi Brague, Avvenire)
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Il male si combatte con l’educazione, non con i moralismi
I recenti fatti di sangue che hanno visto dei giovani come protagonisti (dall’omicidio di Sharon alla strage familiare di Paderno Dugnano, ai vari accoltellamenti) ripropongono prepotentemente da un lato il tema della «presenza attiva del male» nella nostra vita e dall’altro la necessità dell’educazione come unico antidoto contro il venir meno dell’umano. In questi giorni abbiamo letto o sentito tante analisi sociologiche o psicologiche alla ricerca dei colpevoli o delle cause recondite di quanto è accaduto, mentre in realtà siamo di fronte a fatti che sfuggono alle nostre anguste spiegazioni. L’educazione non è certo un insieme di regole o di buone maniere e non ha niente a che vedere con qualche richiamo moralistico. È «un cammino» che richiede un lavoro su di sé e che «dovrebbe proseguire tutta la vita», come sottolinea Susanna Tamaro nell’articolo pubblicato sul Corriere della Sera di cui vi consigliamo la lettura questa settimana. «Il culto del bambino perfetto», oggi molto diffuso, – continua la scrittrice – è uno «straordinario salto indietro fatto dalla società postmoderna». Nel compito dell’educazione un ruolo, non esclusivo ma fondamentale, lo ricopre la scuola. Tra pochi giorni alcuni milioni di bambini e ragazzi torneranno nelle aule. In vista di questo appuntamento vi proponiamo l’articolo di Sergio Belardinelli apparso sul Foglio. A proposito del processo educativo scrive: «Anziché coltivare la gratuità di un processo che di per sé non serve a nulla, se non a diventare noi stessi, abbiamo preferito finalizzare l’educazione alle esigenze della società. Ci ricordiamo le famose tre “I”: Inglese, Informatica e Impresa? La scuola deve servire a questo, deve servire a quest’altro, mettendoci dentro ognuno ciò che ritiene più importante. Ma un progetto educativo non è, non può essere, un progetto tecnico; è un processo di generazione di una persona e quindi fondamentalmente gratuito, sempre esposto al rischio della libertà che ciascuno di noi è».
Costruire nel deserto di oggi
Dopo la pausa estiva riprende da oggi l’appuntamento domenicale con la nostra newsletter settimanale “Fissiamo il pensiero”. All’inizio di un nuovo tratto di cammino, che nel 2025 coinciderà con i vent’anni di vita della Fondazione San Benedetto, vogliamo soprattutto sottolineare il senso della nostra presenza. Lo facciamo proponendovi un articolo di Giuseppe Frangi apparso nei giorni scorsi sul quotidiano onlineilsussidiario.netche descrive bene la traiettoria nella quale si colloca anche il nostro percorso come fondazione. Domenica 25 agosto si è chiuso il Meeting di Rimini ed è stato annunciato il titolo della prossima edizione nel 2025 che riprende un verso del poeta Thomas Stearns Eliot: «Nei luoghi deserti costruiremo con mattoni nuovi». Il deserto è il mondo nel quale viviamo oggi. «Basta guardarsi attorno – scrive Frangi – per rendersene conto: non è un mondo né sazio, né disperato, a dispetto di tanta sofferenza che lo attraversa e anche delle guerre che imperversano ferocemente a poche ore di aereo. È un deserto anomalo dove la vita continua indisturbata a “prosperare”», in cui gli uomini «fondamentalmente stanno bene», in cui attorno a sé può succedere qualunque cosa ma è come se si fosse anestetizzati. Il verso di Eliot invita in questo deserto a costruire con mattoni nuovi. Ed effettivamente la volontà di costruire non manca, si esprime in tante proposte. «Eppure se siamo onesti – continua l’articolo – dobbiamo ammettere di avvertire una fondamentale inadeguatezza rispetto all’invadenza così totalitaria di questo deserto». Il mattone sarà davvero nuovo e quindi «in grado di operare nel deserto solo se liberato da ogni nostro protagonismo e da ogni nostro calcolo». Questo è il nostro tentativo aperto a chiunque sia interessato a condividerlo.
Dalla Madonna di Benigni a Taylor Swift che bellezza cerchiamo?
Quella di oggi è l’ultima newsletter domenicale prima della pausa estiva, il nostro appuntamento settimanale riprenderà regolarmente a inizio settembre. Nell’augurarvi buone vacanze vi segnaliamo due testi ripresi dalla stampa di questi giorni su temi apparentemente molto diversi, ma in realtà molto collegati. Il primo è l’intervento a braccio fatto da Roberto Benigni in occasione del conferimento della laurea honoris causa da parte dell’University of Notre Dame, pubblicato sull’ultimo numero della rivista Vita e Pensiero. Un discorso appassionato dedicato alla figura della Madonna nell’arte attraverso l’incontro con tre capolavori (la Madonna del parto di Piero della Francesca a Monterchi, la Madonna dell’Annunciazione di Recanati di Lorenzo Lotto e la Madonna Sistina di Raffaello) per arrivare poi ai versi di Dante sulla Vergine Madre. È una testimonianza di come la nostra vita si nutra di bellezza e di come l’esperienza di questa ci consenta, più di mille discorsi, di cogliere la verità della nostra umanità che non può mai essere appagata da nulla che abbia la misura corta dei nostri calcoli, dei nostri progetti o delle nostre effimere soddisfazioni.
La seconda segnalazione è un articolo di Antonio Socci pubblicato da Libero sul fenomeno Taylor Swift. Il caso della cantante americana – scrive – «è esemplare e fa capire bene come funziona la macchina del desiderio mimetico, ovvero come si creano i miti (dello spettacolo e non solo) e come si affermano le mode (anche ideologiche). È una questione che non ha a che fare solo con il costume, con le canzoni o con la politica. Ma con la confezione sociale del prodotto, perché quella attrae la natura stessa dell’uomo. I nostri miti (ideologici, idolatrici) nascono dal contagio mimetico ma sempre deludono il nostro desiderio di felicità che è infinito».