Non parliamo di Noa, parliamo di noi. Perché un fatto ci spaventa così
Una ragazza olandese di diciassette anni è “andata” ed è stata lasciata andare. Un fatto che cambia la nostra idea di amore e di prendersi cura (Da Il Foglio di Maurizio Crippa)
Non voglio parlare del dibattito sull’eutanasia, nemmeno delle notizie false o non verificate. Di fronte al fatto in sé, sono bagatelle per un’altra volta. Non voglio parlare nemmeno di Noa, ma di noi. (Spoiler: siete liberi di passare al prossimo articolo). Voglio parlare di noi – della community in cui siamo tutti giornalisti, politici, o quantomeno abbiamo tutti un account su cui dire la nostra; ma credo che la prima plurale riguardi in questo caso chiunque – e di come ci siamo messi di fronte a un accadimento. Una ragazza olandese di diciassette anni, che sono stati un monte di dolore, si lascia morire nella (libera) coscienza che non ci sia altra uscita. Il punto non è se aiutata, e neppure medicalmente aiutata, per legge o contro legge. Il punto è, semplicemente, questo: è andata, ed è stata lasciata andare. Anche dai genitori, da chi le era in qualche forma vicino. E’ grossa. Una cosa grossa. I nostri vecchi dicevano in dialetto ‘l’è spèssa”, ha uno spessore poco maneggiabile. Era la parola per le sciagure, il più delle volte l’unica che sapevano dire. L’è spèssaè per ciò che non ha misura né rimedio.