AL MINISTRO FIORAMONTI
- Data 2 Ottobre 2019
Dicono che il crocifisso deve essere tolto dalle aule della Scuola. II nostro è uno stato laico che non ha diritto di imporre che nelle aule ci sia il crocifisso… A me dispiace che il crocefisso scompaia per sempre da tutte le classi. Mi sembra una perdita. Se fossi un insegnante, vorrei che nella mia classe non venisse toccato…
II crocifisso non genera nessuna discriminazione. Tace. È l’immagine della rivoluzione cristiana, che ha sparso per il mondo l’idea dell’uguaglianza fra gli uomini fino allora assente. La rivoluzione cristiana ha cambiato il mondo. Vogliamo forse negare che ha cambiato il mondo? Sono quasi duemila anni che diciamo “prima di Cristo” e “dopo Cristo”. O vogliamo forse smettere di dire cosi? (Natalia Ginzburg – L’Unità )
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La vita è un carcere, ci serve la grazia di un Liberatore
Scorrono davanti ai nostri occhi le immagini della strage di venerdì a Mosca. Scene di una crudeltà inaudita che per un attimo interrompono l’assuefazione alle notizie. La violenza, di cui la guerra e il terrorismo sono le espressioni più inquietanti, sembra non avere argini nella sua opera di distruzione. La realtà nella sua crudezza appare insopportabile e a ben poco vale l’illusione di costruirsi un rifugio sicuro. Dentro questo frangente storico, nel 2024 ricorrono anche i cento anni della morte di Franz Kafka. Proprio la lettura dei suoi scritti, talvolta sconcertanti e scandalosi, può essere d’aiuto ad affrontare il momento che stiamo vivendo senza soccombere agli eventi. Nelle sue pagine il grido umano, il bisogno inascoltato, l’attesa del bene assente, sono una costante, come sottolinea l’articolo di Daniela Notarbartolo, di cui questa settimana vi proponiamo la lettura, pubblicato dal quotidiano online ilsussidiario.net. “Questa vita – scriveva Kafka – ci sembra insopportabile, un’altra irraggiungibile. Non ci si vergogna più di voler morire; si prega di venir trasferiti dalla vecchia cella, che odiamo, in una nuova, che dobbiamo ancora imparare ad odiare. C’entra anche un briciolo di fede che, durante il trasferimento, il Signore passi per caso nel corridoio, guardi in faccia il prigioniero e dica: ‘Costui non richiudetelo più. Ora viene da me’”.
Il mondo in frantumi
Nella newsletter di questa settimana vogliamo proporvi la lettura di un discorso storico: quello che l’8 giugno 1978 lo scrittore russo Aleksandr Solzenicyn, premio Nobel per la letteratura, fece all’università di Harvard in occasione del conferimento della laurea honoris causa. Costretto all’esilio dall’Unione Sovietica nel 1974, da qualche tempo si era stabilito negli Stati Uniti, andando ad abitare nel Vermont. A 46 anni di distanza, in un contesto mondiale sempre più frammentato dove soffiano venti di guerra e le democrazie appaiono indebolite, le sue parole mantengono una straordinaria attualità. Dallo squilibrio fra la libertà di fare il bene e quella di fare il male, a un legalismo senz’anima che porta alla mediocrità spirituale, fino alla superficialità menzognera dei media, sono tanti gli spunti che questo discorso offre, utili per considerare con più attenzione e consapevolezza quanto sta avvenendo nelle nostre società.
In questa newsletter torniamo su due vicende di cui ci siamo già occupati nelle scorse settimane: l’uccisione di Aleksey Navalny in Russia e l’inserimento dell’aborto fra i diritti costituzionali in Francia. Gli sviluppi che ne sono seguiti meritano un supplemento di attenzione e di riflessione che vi proponiamo attraverso la lettura di due articoli significativi per il punto di vista che offrono. Il primo è di Giovanna Parravicini, grande studiosa della cultura russa che da molti anni vive a Mosca e che più volte è stata ospite della Fondazione San Benedetto. La sua è una testimonianza (che riprendiamo dal sito di Comunione e Liberazione) su quanto sta accadendo in Russia dopo la morte di Navalny, «un uomo che ha dato la vita per ciò in cui credeva – e l’ha data consapevolmente». Un uomo che nella Pasqua del 2014 ripensando alla Passione di Cristo scriveva: «Cosa sono tutte le nostre “difficoltà” e i nostri “problemi” in confronto a ciò che ha dovuto provare Lui? Ma il Bene, la Giustizia, la Fede, la Speranza e la Carità ebbero comunque la meglio. Buona festa della Risurrezione a tutti voi, credenti e non credenti. Buona festa dell’inevitabile vittoria del Bene!». «Forse – sottolinea Parravicini – è stata proprio questa intuizione a spingere all’improvviso, dopo mesi di passività, migliaia di persone in tutto il Paese a recarsi a deporre fiori su altarini o memoriali improvvisati dedicati a Navalny, sfidando la presenza delle forze dell’ordine e addirittura l’arresto». Il secondo articolo è invece di Giuliano Ferrara sul Foglio dopo il voto del parlamento francese che a larghissima maggioranza, con tanto di standing ovation e di illuminazione della tour Eiffel, ha inscritto l’aborto come diritto nella Costituzione. Non ci hanno mai appassionato le battaglie ideologiche o le divisioni fra pro life e pro choice, quel che ci interessa è il dato di realtà. E se il concepito per la scienza è un individuo, «a quel punto – scrive Ferrara – il diritto alla vita è assoluto». Vale per i concepiti come per i bambini di Gaza. Per questo, continua l’articolo, «oggi dovremmo dire “cessate il fuoco” contro i nascituri abortiti o in via di aborto, cioè annientati, nel segno del diritto costituzionale. Un mondo in cui si viaggia verso il miliardo e mezzo di aborti legali e condivisi dai primi anni Settanta, epoca delle leggi abortiste, non ha il diritto di assumere pose sconvolgenti di compassione, empatia o quel che volete voi verso la strage dei bambini a Gaza e, se è per questo, in molte altre parti del mondo».