Perché parlare di Dostoevskij non è mai una operazione banale
Il commento di Tat’jana Kasatkina a una nuova edizione del “Sogno di un uomo ridicolo” fa luce sulla dimensione “magistrale” e maieutica, rispetto al lettore, delle pagine dello scrittore.
(Da Avvenire, di Simone Paliaga)
“Sapevo che quella notte mi sarei sparato di certo, ma quanto fino ad allora sarei ancora rimasto seduto al tavolo, quello non lo sapevo. E mi sarei sparato proprio di sicuro, se non ci fosse stata quella bambina”. Così confessa il protagonista di Il sogno di un uomo ridicolo composto da Fëdor Dostoevskij e ora ripubblicato da Scholé, con una nuova traduzione e curatela di Elena Mazzola e Tat’jana A. Kasaktina, insieme ad altri racconti tratti dal Diario di uno scrittore (pagine 238, euro 18). Ad accompagnare il testo c’è l’importante introduzione e l’ancora più perspicua postfazione di Kasaktina, filosofa e critica letteraria presso l’Accademia delle Scienze russa. Dostoevskij è un pilastro inaggirabile per chiunque intenda intraprendere un cammino di rinascita e trasformazione.