Non c’è solo il suicidio assistito
La narrazione della dolce morte può essere sconfitta. Un caso italiano (Da Il Foglio)
“Vivere è meglio che morire”. Dirlo è così ovvio, quasi banale. Lo è meno se a pronunciare questa frase, in un’intervista con il Corriere della sera, è Stefano Gheller, 45 anni, malato dalla nascita di distrofia facio-scapolo-omerale. Solo qualche mese fa Stefano aveva deciso di andare in Svizzera a morire. “Avevo già contattato la clinica Dignitas”, racconta. Era disperato, non ce la faceva più. Non accettava l’idea di ritrovarsi paralizzato e alimentato da una macchina. Poi, però, un suo sfogo…