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Le “coccole” di Netflix

  • Data 7 Novembre 2021

di Mariarosa Mancuso

“Una cosa divertente che non farò mai più”. Era il reportage di David Foster Wallace sulle crociere. Una cosa che invece faceva sempre era guardare la televisione: “un modo facile per riempire il vuoto”. Negli anni 90, quando lo streaming ancora non esisteva, non era un impegno di poco conto. Lavorando di fantasia, nel romanzo “Infinite Jest” ( 1996) immaginò sistemi televisivi che avrebbero controllato lo spettatore fingendo di coccolarlo, e di seguire i suoi gusti. Tolto il sovrappiù di paranoia, aveva già in mente Netflix, che attualmente occupa per funzionare il 15 per cento della larghezza di banda a disposizione nel mondo.

Lo scrive Stuart Jeffries, nel libro “Everything. All the Time. Everywhere”. Sottotitolo: “Come siamo diventati postmoderni”. Un’anticipazione su Lit Hub ricorda che la svolta di Netflix ( nata come ditta di noleggio Dvd) si deve a Ted Sarandos, e che Ted Sarandos aveva lavorato a Phoenix in un videostore, come Quentin Tarantino. Il “se ti è piaciuto questo ti consiglio quest’altro” l’ha imparato sul campo. E anche noi nel nostro piccolo l’abbiamo sempre adoperato quando qualcuno che non conosciamo vuole consigli su un libro o su un film. Solo che un conto è applicare il metodo al noleggio, dove la lista dei desideri verrà soddisfatta a distanza di qualche giorno. Un altro conto è applicarlo a Netflix, dove tutto è a portata di clic. Gli algoritmi devono cambiare (attualmente ci lavorano 800 ingegneri), tenendo conto anche di quel che abbiamo cercato alle tre del pomeriggio, per ingannare la noia e senza intenzioni serie di guardare il programma. Chiedere allo spettatore “cosa ti piace” è l’ultima cosa da fare: rispondono, è sempre Sarandos che lo dice, “film stranieri e documentari” (che mai guarderanno: per lo stesso motivo i sondaggi elettorali sbagliano).

David Foster Wallace sostiene la sua intuizione scomodando il “Leviatano” di Hobbes, anno 1651. Davanti a un’offerta sconfinata ( che lui non fece in tempo a sperimentare davvero, è morto nel 2008, “House of Cards” comincia nel 2013) ci sentiamo persi. Troppa libertà nello “stato di natura” richiede che il potere sia delegato a qualcuno che decida per noi. Nel caso degli algoritmi preposti allo streaming, siamo anche disposti a pagare. L’incubo sarebbe scegliere in un catalogo alfabetico: in fondo anche i calzini stanno tutti raggruppati in un cassetto, le magliette da un’al – tra parte, e il sistema funziona. David Foster Wallace scriveva queste cose nel 1996, la televisione ricordava i suoi inizi da “finestra aperta sul mondo”. Stava cominciando però a diventare autoreferenziale, come accadeva in letteratura con gli scrittori postmoderni. Non esistevano ancora i social, che portano via tempo ( c’è perfino la combinazione schermo grande/ schermo piccolo, parlando di vuoti da riempire). Il movimento letterario sembrava difficile da definire, e nello stesso tempo l’etichetta era applicabile a qualsiasi cosa. Ora è tutto più chiaro. E’ quando andiamo in un posto per fotografare quel che è stato fotografato un milione di volte.

da Il Foglio – 3 novembre 2021 

https://www.ilfoglio.it/cultura/2021/11/03/news/netflix-spiegata-da-david-foster-wallace-3316674/

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piergiorgio

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Riprende da oggi l’appuntamento con la nostra newsletter domenicale «Fissiamo il pensiero» e, all’inizio di un nuovo tratto di cammino, vogliamo ripartire dal Meeting di Rimini che si è chiuso da pochi giorni. La passione ideale che è il vero motore di un evento come il Meeting unico per il suo carattere e la sua rilevanza in Italia, e probabilmente anche in Europa, pur con modalità e dimensioni diverse, è la stessa che ci muove come Fondazione San Benedetto. Del Meeting si sono occupati anche i media, dando spazio però, come avviene da anni, in modo prevalente agli incontri di tipo politico. Tutti appuntamenti interessanti e di livello, ma il Meeting è molto di più. Perciò abbiamo sempre invitato tutti a trascorrere almeno un giorno in fiera a Rimini, unico modo per evitare giudizi affrettati e parziali. Quest’anno attorno alla frase di T.S. Eliot «Nei luoghi deserti costruiremo con mattoni nuovi» (titolo dell’edizione 2025) in sei giorni si è sviluppato un programma di incontri, mostre e spettacoli davvero ricco. Solo a titolo di esempio ricordiamo gli incontri col Patriarca ortodosso di Costantinopoli Bartolomeo a 1700 anni dal Concilio di Nicea, con due madri, una israeliana e l’altra palestinese, che hanno perso un figlio, testimoni di una riconciliazione possibile, con lo scrittore spagnolo Javier Cercas. E poi le mostre da quella sui martiri di Algeria a quella su Vasilij Grossman, da quella su Carlo Acutis a quella sulle voci dall’Ucraina. Nell’ultimo giorno del Meeting è stato annunciato il titolo dell’edizione del prossimo anno che riprende il verso finale della Divina Commedia: «L’amor che move il sole e l’altre stelle». Su questo vi invitiamo a leggere l’articolo, tratto dal quotidiano online ilsussidiario.net, di Giuseppe Frangi, fondatore e vicepresidente di Casa Testori e amico della San Benedetto. Con lui stiamo già collaborando e altre iniziative sono in cantiere. Ricordiamo la serata dello scorso luglio a Brescia con la lettura nella chiesa di San Giovanni del dialogo sul Romanino fra Pasolini e Testori (a questo link lo potete rileggere).
Tornando al titolo del Meeting, questo sta a indicare ogni anno il passo di una storia che continua e che non si ferma a guardare indietro, bloccata su se stessa. È l’espressione di un ideale che si fa vita. Ben altro che un contenitore di eventi o, peggio, di intrattenimento. Si spiega così che dopo 46 anni il Meeting ci sia ancora e sia un luogo sempre interessante e sorprendente. Un percorso analogo lo stiamo facendo come San Benedetto. Abbiamo già in preparazione alcuni incontri sui temi dell’Europa e dell’intelligenza artificiale, e tanto altro, non mancheremo di tenervi aggiornati. Al di là delle singole iniziative la fondazione è prima di tutto un luogo di incontro e di amicizia aperto a tutti. Intanto siamo già in grado di confermarvi che da giovedì 25 settembre alle 18.30 nella nostra sede di Borgo Wührer 119 a Brescia, ci ritroveremo per la Scuola di comunità. Partendo dalla lettura di alcuni testi di don Luigi Giussani è un’occasione per mettere a confronto domande ed esperienze che riguardano la nostra vita e il suo significato. Gli incontri, della durata di un’ora, si terranno con cadenza quindicinale sempre alle 18.30. La proposta è libera, gratuita e aperta a tutti. Chiediamo solo la continuità della partecipazione come segno di serietà nel percorso che ci apprestiamo a cominciare. Il giorno 25 verranno date indicazioni su come si svolgeranno gli incontri con il calendario fino a dicembre e sul testo di riferimento.

Qualcosa di più forte e profondo della distruzione
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La newsletter di oggi è l’ultima prima della pausa estiva. Anche in queste settimane per molti dedicate al riposo e alle vacanze, mentre il mondo è in fiamme e gli orrori della guerra si moltiplicano, crediamo che non si possa far finta di nulla, aprire una parentesi o staccare la spina come si usa dire. Non si può andare in vacanza senza portarsi dietro queste ferite. Portarsele con sé rende più bello e più vero il tempo del riposo. Per questo oggi vogliamo proporvi la lettura di due testimonianze da due dei principali teatri di guerra: l’Ucraina e Gaza. Già scorse settimane avevamo ricordato il caso di Vasilij Grossman, lo scrittore ucraino che dentro lo scenario di morte prodotto dalle ideologie del ’900, non aveva mai smesso di cercare «l’umano nell’uomo» come inizio di una possibilità di speranza. Le testimonianze di oggi ci dicono che anche nelle situazioni più difficili, la violenza, la distruzione e la morte possono non essere l’ultima parola. 

La prima, pubblicata sul sito «La Nuova Europa», è di Adriano Dell’Asta, professore di lingua e letteratura russa all’Università Cattolica e vicepresidente della Fondazione Russia Cristiana. Racconta la storia di Alina, giovane donna ucraina, malata di cancro in fase terminale, che nei suoi ultimi giorni di vita ha trovato accoglienza in un hospice a Charkiv, mantenuto aperto anche sotto le bombe. Tutto sembra perduto, senza speranza, in guerre ogni giorno sempre più distruttive e spregiatrici di giustizia e umanità… eppure c’è chi lotta e resiste per accompagnare sin nella morte chi è senza speranza e riaffermare una dignità e una pace che nessun malvagio può cancellare. È l’infinita sorpresa di un miracolo reale che non sapremmo neppure immaginare.

La seconda testimonianza ci è offerta dalla dichiarazione fatta dal patriarca di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa al suo rientro dalla visita a Gaza insieme al patriarca ortodosso Teofilo III. «Siamo entrati – ha detto aprendo la conferenza stampa – in un luogo devastato, ma anche pieno di meravigliosa umanità. Abbiamo camminato tra le polveri delle rovine, tra edifici crollati e tende ovunque: nei cortili, nei vicoli, per le strade e sulla spiaggia – tende che sono diventate la casa di chi ha perso tutto. Ci siamo trovati tra famiglie che hanno perso il conto dei giorni di esilio perché non vedono alcuna prospettiva di ritorno. I bambini parlavano e giocavano senza battere ciglio: erano già abituati al rumore dei bombardamenti. Eppure, in mezzo a tutto questo, abbiamo incontrato qualcosa di più profondo della distruzione: la dignità dello spirito umano che rifiuta di spegnersi».

L’appuntamento con la newsletter «Fissiamo il pensiero» tornerà domenica 7 settembre. Buone vacanze!

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