Buzzati, il mistero oltre lo scetticismo
Venuto a cercarci
Anche a voi, almeno una volta sarà capitato. Una sera tornate a casa e vi dicono che c’è stata una persona a cercarvi. Ha chiesto di voi con una certa insistenza, ma non ha voluto aspettare, non ha detto chi era nè perchè vi cercava. Non riuscite a sapere niente di più. Al massimo riuscite a stabilire se era uomo o donna. Ricco o povero? giovane o vecchia? bella? Inutile insistere. Chi andò ad aprire la porta non ricorda niente di preciso, si contraddice, alla fine vi accorgete che pur di rispondere inventa di sana pianta. Tuttavia, da un complesso di piccole circostanze, capite che non si trattava di un comune seccatore, né di un postulante, né di uno sconosciuto qualsiasi. Bensì di un altro che portava qualcosa di insolito. Tornerà, concludete alla fine, rinunciando a fantasticare. E il giorno dopo avete già dimenticato.
Ma il visitatore non torna. E all’improvviso, parecchio tempo dopo, sorge un dubbio sottile: per caso quell’uomo (o donna) non era venuto per un motivo grande e decisivo?Non poteva essere quella, disgraziatamente, l’occasione che non avete mai cessato di sognare e dalla quale l’intera vostra esistenza sarebbe mutata? Ma voi non eravate in casa. Per questa stupidissima coincidenza siete mancati al destino.
Mai più lo sconosciuto si è fatto vivo. Tuttavia in alcune profondità dell’animo ancora aspettiamo che ritorni. Invecchiando aspettiamo. Questo forse il motivo perchè certe scampanellate alla porta, esattamente identiche alle altre, ci fanno battere il cuore.
Brano tratto da “In quel preciso momento”
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Tutto ciò che ci affascina nel mondo inanimato, i boschi, le pianure, i fiumi, le montagne, i mari, le valli, le steppe, di più, di più, le città, i palazzi, le pietre, di più, il cielo, i tramonti, le tempeste, di più, la neve, di più, la notte, le stelle, il vento, tutte queste cose, di per sé vuote e indifferenti, si caricano di significato umano perché, senza che noi lo sospettiamo, contengono un presentimento d’amore. Quanto era stato stupido a non essersene mai accorto finora. Che interesse avrebbe una scogliera, una foresta, un rudere, se non vi fosse implicata una attesa? E attesa di che se non di lei, della creatura che ci potrebbe fare felici?
Brano tratto da “Un amore”
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Da Il Foglio – 2 luglio 2018
“È che tutti vivono così, come se da un’ora all’altra dovesse arrivare qualcuno; non l’assalto di un nemico, ma qualcuno, sconosciuto; non si può dire chi”. Che cosa è l’uomo perché qualcuno venga a trovarlo? Di che attesa siamo fatti, noi tutti, che viviamo tesi aspettando uno sconosciuto? Perché uno scricchiolio diverso dagli altri ci fa trasalire, e se guardiamo una porta aperta sulle scale siamo certi, in fondo, che prima o poi vedremo spuntare qualcuno? Buzzati era giornalista (al Corriere della Sera), il punto di partenza di ogni suo scritto non poteva che essere l’esperienza delle cose viste: i suoi racconti, anche i più surreali, i più fantasiosi, sembrano articoli di cronaca, e viceversa (come quando racconta che sotto a Milano, durante gli scavi per la metropolitana, qualcuno trova la porta dell’inferno). Per Buzzati il mistero è ovunque, persino nel fondo del letto. (…) Il segreto, forse, è vivere come se: come se ci fosse una guerra, come se dovesse arrivare una grande notizia, come se uno dei presenti dovesse partire per la luna; con una tensione che in certi luoghi, e in certe persone, è palpabile: “È, a ben pensarci, proprio quello che avveniva anche a noi nei periodi più intensi e sentiti della giovinezza. Quando, pur immersi nel monotono tran tran della scuola o del lavoro, ci pungolava, senza che noi sapessimo, un presentimento di cose grandi che stessero compiendosi di là dei domestici muri o che fossero in procinto di arrivare”. Torna sempre, in Buzzati, questo presentimento di cose grandi che stanno per arrivare, questo qualcuno che da un momento all’altro si paleserà alla nostra porta. L’attesa per una presenza è ciò che domina potentemente le sue pagine più significative. Più del terrore della morte, più dell’ineluttabilità del tempo che passa. La grande costante è l’attesa. Che a un certo punto della sua vita e della sua opera ha un significato ben preciso. Nelle pagine del romanzo “Un amore”Buzzati dà un volto a quell’attesa. Un volto apparentemente osceno, che scandalizza i lettori, quello di Laide, una prostituta di cui il protagonista si innamora, ma che diventa il luogo della promessa contenuta in tutte le cose.