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Buzzati, il mistero oltre lo scetticismo

  • Data 30 Gennaio 2022

Venuto a cercarci

Anche a voi, almeno una volta sarà capitato. Una sera tornate a casa e vi dicono che c’è stata una persona a cercarvi. Ha chiesto di voi con una certa insistenza, ma non ha voluto aspettare, non ha detto chi era nè perchè vi cercava. Non riuscite a sapere niente di più. Al massimo riuscite a stabilire se era uomo o donna. Ricco o povero? giovane o vecchia? bella? Inutile insistere. Chi andò ad aprire la porta non ricorda niente di preciso, si contraddice, alla fine vi accorgete che pur di rispondere inventa di sana pianta. Tuttavia, da un complesso di piccole circostanze, capite che non si trattava di un comune seccatore, né di un postulante, né di uno sconosciuto qualsiasi. Bensì di un altro che portava qualcosa di insolito. Tornerà, concludete alla fine, rinunciando a fantasticare. E il giorno dopo avete già dimenticato.

Ma il visitatore non torna. E all’improvviso, parecchio tempo dopo, sorge un dubbio sottile: per caso quell’uomo (o donna) non era venuto per un motivo grande e decisivo?Non poteva essere quella, disgraziatamente, l’occasione che non avete mai cessato di sognare e dalla quale l’intera vostra esistenza sarebbe mutata? Ma voi non eravate in casa. Per questa stupidissima coincidenza siete mancati al destino.

Mai più lo sconosciuto si è fatto vivo. Tuttavia in alcune profondità dell’animo ancora aspettiamo che ritorni. Invecchiando aspettiamo. Questo forse il motivo perchè certe scampanellate alla porta, esattamente identiche alle altre, ci fanno battere il cuore.

Brano tratto da “In quel preciso momento”

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Tutto ciò che ci affascina nel mondo inanimato, i boschi, le pianure, i fiumi, le montagne, i mari, le valli, le steppe, di più, di più, le città, i palazzi, le pietre, di più, il cielo, i tramonti, le tempeste, di più, la neve, di più, la notte, le stelle, il vento, tutte queste cose, di per sé vuote e indifferenti, si caricano di significato umano perché, senza che noi lo sospettiamo, contengono un presentimento d’amore. Quanto era stato stupido a non essersene mai accorto finora. Che interesse avrebbe una scogliera, una foresta, un rudere, se non vi fosse implicata una attesa? E attesa di che se non di lei, della creatura che ci potrebbe fare felici?

Brano tratto da “Un amore”


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Da Il Foglio – 2 luglio 2018

“È che tutti vivono così, come se da un’ora all’altra dovesse arrivare qualcuno; non l’assalto di un nemico, ma qualcuno, sconosciuto; non si può dire chi”. Che cosa è l’uomo perché qualcuno venga a trovarlo? Di che attesa siamo fatti, noi tutti, che viviamo tesi aspettando uno sconosciuto? Perché uno scricchiolio diverso dagli altri ci fa trasalire, e se guardiamo una porta aperta sulle scale siamo certi, in fondo, che prima o poi vedremo spuntare qualcuno? Buzzati era giornalista (al Corriere della Sera), il punto di partenza di ogni suo scritto non poteva che essere l’esperienza delle cose viste: i suoi racconti, anche i più surreali, i più fantasiosi, sembrano articoli di cronaca, e viceversa (come quando racconta che sotto a Milano, durante gli scavi per la metropolitana, qualcuno trova la porta dell’inferno). Per Buzzati il mistero è ovunque, persino nel fondo del letto. (…) Il segreto, forse, è vivere come se: come se ci fosse una guerra, come se dovesse arrivare una grande notizia, come se uno dei presenti dovesse partire per la luna; con una tensione che in certi luoghi, e in certe persone, è palpabile: “È, a ben pensarci, proprio quello che avveniva anche a noi nei periodi più intensi e sentiti della giovinezza. Quando, pur immersi nel monotono tran tran della scuola o del lavoro, ci pungolava, senza che noi sapessimo, un presentimento di cose grandi che stessero compiendosi di là dei domestici muri o che fossero in procinto di arrivare”. Torna sempre, in Buzzati, questo presentimento di cose grandi che stanno per arrivare, questo qualcuno che da un momento all’altro si paleserà alla nostra porta. L’attesa per una presenza è ciò che domina potentemente le sue pagine più significative. Più del terrore della morte, più dell’ineluttabilità del tempo che passa. La grande costante è l’attesa. Che a un certo punto della sua vita e della sua opera ha un significato ben preciso. Nelle pagine del romanzo “Un amore”Buzzati dà un volto a quell’attesa. Un volto apparentemente osceno, che scandalizza i lettori, quello di Laide, una prostituta di cui il protagonista si innamora, ma che diventa il luogo della promessa contenuta in tutte le cose.

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piergiorgio

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Riprende da oggi l’appuntamento con la nostra newsletter domenicale «Fissiamo il pensiero» e, all’inizio di un nuovo tratto di cammino, vogliamo ripartire dal Meeting di Rimini che si è chiuso da pochi giorni. La passione ideale che è il vero motore di un evento come il Meeting unico per il suo carattere e la sua rilevanza in Italia, e probabilmente anche in Europa, pur con modalità e dimensioni diverse, è la stessa che ci muove come Fondazione San Benedetto. Del Meeting si sono occupati anche i media, dando spazio però, come avviene da anni, in modo prevalente agli incontri di tipo politico. Tutti appuntamenti interessanti e di livello, ma il Meeting è molto di più. Perciò abbiamo sempre invitato tutti a trascorrere almeno un giorno in fiera a Rimini, unico modo per evitare giudizi affrettati e parziali. Quest’anno attorno alla frase di T.S. Eliot «Nei luoghi deserti costruiremo con mattoni nuovi» (titolo dell’edizione 2025) in sei giorni si è sviluppato un programma di incontri, mostre e spettacoli davvero ricco. Solo a titolo di esempio ricordiamo gli incontri col Patriarca ortodosso di Costantinopoli Bartolomeo a 1700 anni dal Concilio di Nicea, con due madri, una israeliana e l’altra palestinese, che hanno perso un figlio, testimoni di una riconciliazione possibile, con lo scrittore spagnolo Javier Cercas. E poi le mostre da quella sui martiri di Algeria a quella su Vasilij Grossman, da quella su Carlo Acutis a quella sulle voci dall’Ucraina. Nell’ultimo giorno del Meeting è stato annunciato il titolo dell’edizione del prossimo anno che riprende il verso finale della Divina Commedia: «L’amor che move il sole e l’altre stelle». Su questo vi invitiamo a leggere l’articolo, tratto dal quotidiano online ilsussidiario.net, di Giuseppe Frangi, fondatore e vicepresidente di Casa Testori e amico della San Benedetto. Con lui stiamo già collaborando e altre iniziative sono in cantiere. Ricordiamo la serata dello scorso luglio a Brescia con la lettura nella chiesa di San Giovanni del dialogo sul Romanino fra Pasolini e Testori (a questo link lo potete rileggere).
Tornando al titolo del Meeting, questo sta a indicare ogni anno il passo di una storia che continua e che non si ferma a guardare indietro, bloccata su se stessa. È l’espressione di un ideale che si fa vita. Ben altro che un contenitore di eventi o, peggio, di intrattenimento. Si spiega così che dopo 46 anni il Meeting ci sia ancora e sia un luogo sempre interessante e sorprendente. Un percorso analogo lo stiamo facendo come San Benedetto. Abbiamo già in preparazione alcuni incontri sui temi dell’Europa e dell’intelligenza artificiale, e tanto altro, non mancheremo di tenervi aggiornati. Al di là delle singole iniziative la fondazione è prima di tutto un luogo di incontro e di amicizia aperto a tutti. Intanto siamo già in grado di confermarvi che da giovedì 25 settembre alle 18.30 nella nostra sede di Borgo Wührer 119 a Brescia, ci ritroveremo per la Scuola di comunità. Partendo dalla lettura di alcuni testi di don Luigi Giussani è un’occasione per mettere a confronto domande ed esperienze che riguardano la nostra vita e il suo significato. Gli incontri, della durata di un’ora, si terranno con cadenza quindicinale sempre alle 18.30. La proposta è libera, gratuita e aperta a tutti. Chiediamo solo la continuità della partecipazione come segno di serietà nel percorso che ci apprestiamo a cominciare. Il giorno 25 verranno date indicazioni su come si svolgeranno gli incontri con il calendario fino a dicembre e sul testo di riferimento.

Qualcosa di più forte e profondo della distruzione
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La newsletter di oggi è l’ultima prima della pausa estiva. Anche in queste settimane per molti dedicate al riposo e alle vacanze, mentre il mondo è in fiamme e gli orrori della guerra si moltiplicano, crediamo che non si possa far finta di nulla, aprire una parentesi o staccare la spina come si usa dire. Non si può andare in vacanza senza portarsi dietro queste ferite. Portarsele con sé rende più bello e più vero il tempo del riposo. Per questo oggi vogliamo proporvi la lettura di due testimonianze da due dei principali teatri di guerra: l’Ucraina e Gaza. Già scorse settimane avevamo ricordato il caso di Vasilij Grossman, lo scrittore ucraino che dentro lo scenario di morte prodotto dalle ideologie del ’900, non aveva mai smesso di cercare «l’umano nell’uomo» come inizio di una possibilità di speranza. Le testimonianze di oggi ci dicono che anche nelle situazioni più difficili, la violenza, la distruzione e la morte possono non essere l’ultima parola. 

La prima, pubblicata sul sito «La Nuova Europa», è di Adriano Dell’Asta, professore di lingua e letteratura russa all’Università Cattolica e vicepresidente della Fondazione Russia Cristiana. Racconta la storia di Alina, giovane donna ucraina, malata di cancro in fase terminale, che nei suoi ultimi giorni di vita ha trovato accoglienza in un hospice a Charkiv, mantenuto aperto anche sotto le bombe. Tutto sembra perduto, senza speranza, in guerre ogni giorno sempre più distruttive e spregiatrici di giustizia e umanità… eppure c’è chi lotta e resiste per accompagnare sin nella morte chi è senza speranza e riaffermare una dignità e una pace che nessun malvagio può cancellare. È l’infinita sorpresa di un miracolo reale che non sapremmo neppure immaginare.

La seconda testimonianza ci è offerta dalla dichiarazione fatta dal patriarca di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa al suo rientro dalla visita a Gaza insieme al patriarca ortodosso Teofilo III. «Siamo entrati – ha detto aprendo la conferenza stampa – in un luogo devastato, ma anche pieno di meravigliosa umanità. Abbiamo camminato tra le polveri delle rovine, tra edifici crollati e tende ovunque: nei cortili, nei vicoli, per le strade e sulla spiaggia – tende che sono diventate la casa di chi ha perso tutto. Ci siamo trovati tra famiglie che hanno perso il conto dei giorni di esilio perché non vedono alcuna prospettiva di ritorno. I bambini parlavano e giocavano senza battere ciglio: erano già abituati al rumore dei bombardamenti. Eppure, in mezzo a tutto questo, abbiamo incontrato qualcosa di più profondo della distruzione: la dignità dello spirito umano che rifiuta di spegnersi».

L’appuntamento con la newsletter «Fissiamo il pensiero» tornerà domenica 7 settembre. Buone vacanze!

Non ci arrendiamo alla perdita del senso della vita
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Ci possiamo rassegnare passivamente al fatto che la nostra vita non abbia un senso? Nei giorni scorsi Repubblica ha pubblicato l’intervento fatto durante un incontro a Orzinuovi dal filosofo Umberto Galimberti. La sua conclusione è che di fronte al potere sempre più pervasivo del «mondo della tecnica», nel quale l’uomo non è più chiamato a «esistere» ma semplicemente a «funzionare», reperire un senso per la propria esistenza è «praticamente impossibile». Davanti a un’affermazione così tranchant non potevamo restare indifferenti. Come Fondazione San Benedetto abbiamo voluto replicare a Galimberti con una lettera pubblicata sul Giornale di Brescia che vi invitiamo a leggere sul nostro sito (se volete dirci cosa ne pensate potete scriverci a info@fondazionesanbenedetto.it). Il nostro unico e vero scopo, che sta all’origine di tutto quanto facciamo e proponiamo, è proprio quello di non arrendersi alla perdita del senso della vita, che vorrebbe dire smarrire se stessi. In questo don Giussani, a cui il nostro percorso si ispira, ci è stato maestro e testimone impareggiabile.

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