• Chi siamo
  • Attività
  • Video
  • Archivio
  • Sostienici
  • Statuto
  • Organi
  • Contatti
Email:
info@fondazionesanbenedetto.it
Fondazione San BenedettoFondazione San Benedetto
  • Chi siamo
  • Attività
  • Video
  • Archivio
  • Sostienici
  • Statuto
  • Organi
  • Contatti

Fissiamo il Pensiero

  • Home
  • Fissiamo il Pensiero
  • Ucraina, Russia, Europa, come andrà a finire?

Ucraina, Russia, Europa, come andrà a finire?

  • Data 20 Febbraio 2022

Václav Havel 

dal discorso per il conferimento della laurea ad honorem all’Università Sciences Po – Parigi

22 ottobre 2009 

 

Il nostro paese – così come gli altri paesi dell’ex blocco sovietico – per molti buoni motivi si è adoperato sin da subito con forza perché si aprissero le porte delle istituzioni occidentali, soprattutto
della Nato e dell’Unione Europea. E così è stato. C’è voluto del tempo e si sono dovuti superare molti ostacoli. Ora ritengo che siamo pienamente inseriti in un ambito che ci è proprio e dal quale fummo strappati con la forza. Ciononostante non sono sicuro che le cosiddette vecchie democrazie occidentali non abbiano una certa nostalgia di quell’antica divisione. E non sono sicuro che, se si decidesse oggi, ci accoglierebbero nel loro consesso. E nemmeno mi stupirei se fosse così. Allo stesso tempo sono consapevole che la pazienza paga: ci ha ripagati come dissidenti, ci ha ripagati nella faticosa costruzione dello Stato democratico. «Non è tirando l’erba che il grano cresce più in fretta». E se a volte può essere snervante, tuttavia ogni cosa ha il suo tempo.

È un male considerare l’Europa inevitabilmente divisa. Nella nostra parte del continente ciò potrebbe provocare la preoccupante fioritura dei nazionalismi e dei loro sostenitori, cosa che succede dove c’è un terreno instabile. All’Occidente e al mondo intero questo causerebbe più problemi di quanti non ne provochi oggi da noi, e l’epidemia continuerebbe a diffondersi. Per questo la pazienza ha senso. Mentre l’impazienza può condurre all’orgoglio e l’orgoglio all’impazienza. L’orgoglio inteso come la convinzione altezzosa di essere gli unici a sapere tutto e a conoscere la storia, gli unici a saperla prevedere. E se il corso degli eventi non segue le nostre idee, allora bisogna intervenire, anche con la forza, come nel caso del comunismo. La sicurezza di sé che avevano i suoi teorici e realizzatori è sfociata nel Gulag.

All’inizio c’era solo la convinzione di sapere come vanno le cose e come costruire un mondo più giusto. Perché perder tempo con le spiegazioni? Coloro che sanno di cosa si tratta devono creare il mondo migliore subito, nell’interesse dell’umanità e senza tenere in considerazione ciò che l’umanità pensa. Il dialogo è solo una perdita di tempo, del resto «quando si taglia il bosco, volano le schegge». L’abbattimento della cortina di ferro e la fine della divisione del mondo in due poli che una volta sembrava la causa di tutti i mali, sono stati eventi di importanza storica. È terminata la violenza perpetrata contro il mondo e si è volatilizzato il pericolo di una terza guerra mondiale. Inizialmente si è pensato addirittura che finisse la storia e sarebbe sorta l’alba radiosa di un periodo oltre la storia. Anche questa è stata una riduzione del mistero della storia, se non semplicemente l’espressione di una scarsa immaginazione. Non c’è stata nessuna fine della storia.

Alcuni pericoli maggiori sono svaniti, ma sotto la coltre ormai lacera del bipolarismo è affiorato un certo numero di pericoli apparentemente minori. Ma quale pericolo può considerarsi minore all’epoca della globalizzazione? Una volta le guerre mondiali scoppiavano in Europa, centro della civiltà mondiale. Siamo sicuri di esserne ormai immuni? E se un dittatore qualsiasi fosse in grado di procurarsi la bomba atomica, non potrebbe succedere che un conflitto locale degeneri in un conflitto mondiale? I terroristi non hanno, oggi, delle possibilità maggiori di un tempo? E in questa prima civiltà atea, priva di legami con l’eterno, non potrebbero aumentare le minacce fondate su una semplice miopia? Non nascono forse generazioni di invasati e fanatici dell’odio, ai quali questa nostra epoca fornisce maggiori possibilità che in passato? Non ci permettiamo quotidianamente centinaia di interventi nella vita del nostro pianeta che potrebbero avere conseguenze irrimediabili e rovinose?

Mi sembra che oggi, forse, la cosa più importante – e la mia riflessione ed esperienza recenti me lo confermano – sia mantenere un rapporto umile con il mondo, rispettare ciò che ci supera, prendere coscienza che vi sono misteri che non capiremo mai e renderci conto che se dobbiamo assumere delle responsabilità verso il mondo, non dobbiamo basarci sulla convinzione di sapere tutto e quindi anche come andrà a finire. Non sappiamo nulla. Ma la speranza non può togliercela nessuno. Del resto, una vita in cui non vi siano imprevisti, sarebbe terribilmente noiosa.

  • Condividi
piergiorgio

Articolo precedente

Don Giussani e il caso serio della felicità
20 Febbraio 2022

Prossimo articolo

Il clown di Kierkegaard e la via stretta della fede
27 Febbraio 2022

Ti potrebbe interessare anche

Sulle tracce del vero Natale leggendo Gramsci
20 Dicembre, 2025

È dedicata al Natale la nostra newsletter di oggi, l’ultima di questo 2025 ormai agli sgoccioli. Nella distrazione generale in cui siamo immersi forse non facciamo neppure più caso al fatto che gli anni stessi si contano a partire dall’avvenimento storico della nascita di Gesù a Betlemme. Uno spartiacque decisivo di cui, dopo oltre due millenni, godiamo ancora i frutti senza rendercene conto. La sfida del Natale, anno dopo anno, è dunque a misurarsi con questo fatto storico. Qualcosa di completamente diverso da un’effusione di buoni sentimenti o dalla frenetica corsa consumistica a cui viene invece spesso ridotto il Natale. Proprio pochi giorni fa Papa Leone parlando ai pellegrini francesi ha invitato «a non lasciarci prendere da un frenetico attivismo nei preparativi della festa, che finiremmo per vivere in modo superficiale e che lascerebbe spazio alla delusione. Prendiamoci invece il tempo di rendere il nostro cuore attento e vigile nell’attesa di Gesù, affinché la sua presenza amorevole diventi per sempre il tesoro della nostra vita e del nostro cuore». Sulla provocazione alla nostra vita che la nascita di Gesù rappresenta vogliamo proporvi la lettura di un articolo di don Luigi Giussani, pubblicato su Repubblica in occasione del Natale del 1997. Singolare l’esordio: vengono citate e commentate alcune righe di Antonio Gramsci, il fondatore del Partito Comunista, che metteva in guardia dai rischi di una «svalutazione del passato» nella quale «è implicita una giustificazione della nullità del presente». Per Giussani Gramsci «dice il vero: la grande alternativa per la vita di un uomo e di un popolo è, infatti, tra ideologia e tradizione». La rimozione continua del vero senso del Natale a cui assistiamo oggi e la sua sostituzione con simboli vuoti basati sul consumo e sul bisogno di evadere, documentano questa volontà di cancellare il passato, la tradizione che ci è stata consegnata. Tradizione, beninteso, che non ha nulla a che vedere con il tradizionalismo, che è un attaccamento ideologico a un passato che non esiste più e che si vorrebbe vanamente riesumare. «Chi pretendesse di distruggere il passato per una affermazione presuntuosa di se stesso non amerebbe né l’uomo né la sua ragione – scrive Giussani -. E, infatti, un presente così ridotto finisce in “nulla” (nichilismo), cedendo l’uomo alla tentazione di credere che la realtà non esista. E questo è come un veleno instillato nelle vene dell’uomo dal padre della menzogna: una volontà di negare l’evidenza che qualcosa c’è». Eppure l’uomo, continua l’articolo, «non può negare l’evidenza di un impeto irriducibile che costituisce il suo cuore come tensione a una pienezza, a una perfezione o soddisfazione». È a questo uomo che «ora, proprio dal passato giunge una notizia: il Mistero, ciò che i popoli chiamano “Dio”, ha voluto comunicarsi a tutti gli uomini come un uomo, dentro un pezzo di tutta la realtà. Noi sappiamo – sottolinea Giussani – quanto gli uomini del nostro tempo cerchino anche inconsapevolmente un luogo in cui riposare e vivere rapporti in pace, cioè riscattati dalla menzogna, dalla violenza e dal nulla in cui tutto tenderebbe altrimenti a finire. Il Natale è la buona notizia che questo luogo c’è, non nel cielo di un sogno, ma nella terra di una realtà carnale».

Benigni e il fascino di un’umanità più vera
13 Dicembre, 2025

Mercoledì sera la Rai ha mandato in onda il monologo di Roberto Benigni «Pietro, un uomo nel vento». Un racconto travolgente della storia dell’apostolo Pietro e del suo incontro con Gesù. «Le cose più importanti della vita non si apprendono e non si insegnano, si incontrano», ha detto Benigni. Un racconto non fatto da un uomo di chiesa, ma da una persona come il comico toscano visibilmente affascinato da quella storia, con una forza di immedesimazione che non può non sorprendere. Su questo vi invitiamo a leggere l’articolo di Lucio Brunelli pubblicato su Avvenire che insieme al caso di Benigni ricorda anche quello dello scrittore spagnolo Javier Cercas che ha raccontato in un libro bellissimo, «Il folle di Dio alla fine del mondo» (lo avevamo segnalato fra le nostre proposte di lettura la scorsa estate), il suo viaggio con Papa Francesco in Mongolia. Benigni e Cercas, «due artisti dalla biografia totalmente estranea al mondo ecclesiale», i cui racconti sinceri «toccano la mente e il cuore, aprono a una domanda». «Il commovente monologo del premio Oscar, Benigni, e il sorprendente romanzo di Cercas – continua Brunelli – si spiegano con l’innata genialità di questi due artisti e con la fantasia della Grazia, che opera come vuole, quando vuole e in chi vuole. Sono al contempo anche il frutto di una mutata immagine della Chiesa nella considerazione pubblica. C’è forse meno pregiudizio, più simpatia, più disponibilità all’ascolto». Soprattutto si presagisce il fascino di un’umanità più vera. L’annuncio del Natale ormai vicino risponde a questa attesa di verità, di bellezza, di felicità che è nel cuore di ogni uomo a patto di essere leali con se stessi. Quel Natale che oggi appare spesso soffocato da una quantità di orpelli inutili, da noiosi riti consumistici, da evasione e distrazione di massa, da un intrattenimento vuoto e stordente. Eppure dissotterrare l’attesa profonda che è in noi, riportarla in primo piano, è il primo passo per farsi sorprendere da qualcosa che sia veramente attraente, all’altezza del desiderio infinito della nostra umanità.

Messaggi dal viaggio di Leone in Turchia e Libano
6 Dicembre, 2025

Martedì 2 dicembre si è concluso il viaggio di Leone XIV in Turchia e in Libano, il primo del nuovo papa. Un viaggio carico di significati, spesso del tutto ignorati nei servizi dei telegiornali e nei resoconti di molti quotidiani. Significati su cui vogliamo invece soffermarci nella nostra newsletter di oggi proponendovi la lettura di due articoli. Il primo tratto da il Foglio è dedicato alla tappa del papa a Nicea, sulle rovine dell’antica basilica, a 1700 anni dal concilio che là definì il Credo che ancora oggi viene recitato ogni domenica nella messa. Stabilì un punto fermo sconfessando le posizioni ariane che negavano la natura divina di Gesù. Ma, ha sottolineato papa Leone, «se Dio non si è fatto uomo, come possono i mortali partecipare alla sua vita immortale? Questo era in gioco a Nicea ed è in gioco oggi: la fede nel Dio che, in Gesù Cristo, si è fatto come noi per renderci partecipi della natura divina». Non è una questione che riguarda secoli molto lontani. Il papa ha parlato infatti del rischio di un arianesimo di ritorno quando Gesù viene ridotto a una sorta di «leader carismatico o di superuomo». Il secondo articolo, di Andrea Tornielli dal sito Vatican News, riguarda la parte libanese del viaggio papale. Il Libano, caso unico nel Medio Oriente tormentato da guerre e terrorismo, da lacerazioni profonde e da contrapposizioni radicali, è un paese in cui ancora oggi convivono fedi diverse. È un segno che non è inevitabile arrendersi alla guerra e all’odio. È un paese che documenta concretamente che ci sono le condizioni, sia pur tra mille difficoltà, per affermare la pace.

Cerca

Categorie

  • Fissiamo il Pensiero
  • I nostri incontri
    • I nostri incontri – 2015
    • I nostri incontri – 2016
    • I nostri incontri – 2017
    • I nostri incontri – 2018
    • I nostri incontri – 2019
    • I nostri incontri – 2021
    • I nostri incontri – 2022
    • I nostri incontri – 2023
    • I nostri incontri – 2024
    • I nostri incontri – 2025
  • Mese Letterario
    • 2010 – I Edizione
    • 2011 – II Edizione
    • 2012 – III Edizione
    • 2013 – IV Edizione
    • 2014 – V Edizione
    • 2015 – VI Edizione
    • 2016 – VII Edizione
    • 2017 – VIII Edizione
    • 2018 – IX Edizione
    • 2019 – X Edizione
    • 2021 – XI Edizione
    • 2023 – XIII Edizione
    • 2024 – XIV Edizione
    • 2025 – XV Edizione
  • Scuola San Benedetto – edizioni passate
  • Tutti gli articoli

Education WordPress Theme by ThimPress. Powered by WordPress.

VUOI SOSTENERCI?

Siamo una fondazione che ha scelto di finanziarsi con il libero contributo di chi ne apprezza l’attività

Voglio fare una donazione
Borgo Wührer, 119 - 25123 Brescia
info@fondazionesanbenedetto.it

Resta sempre aggiornato

Iscriviti subito alla nostra newsletter per non perderti le attività e gli eventi organizzati dalla Fondazione San Benedetto.

Iscriviti

Sito Web sviluppato da Nida's - Nati con la crisi.

Copyright © Fondazione San Benedetto Educazione e Sviluppo

Mappa del sito | Privacy Policy | Cookie Policy

Sito Web sviluppato da Nida's - Nati con la crisi.

Privacy Policy | Cookie Policy