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Avremo sempre bisogno di Dostoevskij

  • Data 24 Aprile 2022

di Tat’jana Kasatkina

dal portale La Nuova Europa – 19 aprile 2022

 

La brutalità e l’ingiustizia di cui oggi la Russia sta dando prova sono talmente sconvolgenti che molti, soprattutto russi, profondamente dilaniati arrivano a chiedersi se tutto questo abbia le sue radici nella sua cultura, che si sarebbe ormai radicalmente discreditata. I dubbi si estendono persino a Dostoevskij, di cui si riesumano il nazionalismo e l’idea del «popolo teoforo». Di fronte a questo interrogativo lacerante che taglia nella carne viva della coscienza russa, abbiamo pensato di scrivere a Tat’jana Kasatkina, grandissima studiosa di Dostoevskij, personalmente plasmata dal pensiero dello scrittore, gettandole la sfida.
Ed ecco la sua risposta.

Cara Marta, ho riflettuto sul perché ho provato subito una fortissima repulsione all’idea di scrivere adesso sul fatto se la cultura russa sia indispensabile, e innanzitutto se Dostoevskij sia indispensabile all’umanità, o se sia indispensabile ripudiare entrambi. È che in questo momento, a mio parere, quanti si trovano coinvolti più direttamente in ciò che sta accadendo sono chiamati ad affrontare compiti del tutto diversi. Per questo, attualmente sto usando soprattutto la mia seconda laurea in psicologia, e faccio terapia di sostegno, piuttosto che lavorare come filologa e culturologa; cerco di aiutare le persone, a prescindere dal loro schieramento nel conflitto, a recuperare l’integrità interiore per poter continuare a vivere in modo produttivo. E nel recupero di questa integrità interiore Dostoevskij può aiutarci, oppure, al contrario può ostacolarci, dipende se una persona è abituata a pensare con un certo criterio e a guardarsi dentro con una certa profondità.

Anche in passato Dostoevskij ha rivelato ad alcuni la vera portata della loro umanità, ha permesso loro di crescere fino a raggiungere la santità, ma ha fatto sprofondare altri nella depressione, ne ha turbato l’equilibrio perché, per raggiungere la propria vera dimensione, bisogna abbattere le barriere intermedie, ribaltare i pilastri ontologicamente illusori, che pure permettono di agire efficacemente a un certo livello della realtà.

Oggi però è la vita stessa che si incarica di distruggere con violenza i falsi sostegni della persona, cosa da cui la maggior parte delle persone cerca di proteggersi con tutte le forze. È un loro diritto: innanzitutto sopravvivere con tutti i mezzi più comuni a disposizione di sopravvivenza e di difesa della psiche, e in un secondo momento arrivare a dare un senso e a trasfigurare. Oppure non provarci nemmeno.

Dostoevskij è necessario a chi vede costantemente in prospettiva la propria morte, non a chi cerca con tutti i mezzi di proteggersi da questa prospettiva anche quando la morte è vicinissima. Dostoevskij è necessario a chi cerca il senso della vita quali che siano le sue circostanze. A chi ha già capito qual è la differenza tra lo scopo della vita e le condizioni in cui viene vissuta (il comfort o la povertà, essere inseriti nella società o essere degli emarginati, ecc).

Cito in chiusura un passaggio della lettera scritta da Dostoevskij al fratello dopo che la sua condanna a morte era stata commutata [nei lavori forzati], dopo quella mezz’ora trascorsa in attesa della morte, imminente e inevitabile: «Fratello, io non sono avvilito e non mi sono perso d’animo. La vita è vita dappertutto, la vita è in noi stessi e non fuori di noi. Accanto a me ci saranno degli esseri umani ed essere uomo fra gli uomini e restarlo sempre, in nessuna sventura avvilirsi o perdersi d’animo, – ecco in che cosa consiste la vita, ecco il suo compito. Ne ho preso coscienza. Questa idea è entrata nella mia carne e nel mio sangue» (Fëdor Dostoevskij al fratello Michail, 22 dicembre 1849, Fortezza dei SS. Pietro e Paolo, San Pietroburgo).

Ed esattamente questa idea «entrata nella sua carne e nel suo sangue» – cioè che «il mio compito principale è di restare uomo in qualsiasi circostanza, diventare sempre più uomo, superando gli ostacoli fuori e dentro di me» è il dono più importante di Dostoevskij, di cui oggi ha molto bisogno chi saprà e vorrà accoglierlo.

 

https://www.lanuovaeuropa.org/letteratura/2022/04/19/kasatkina-avremo-sempre-bisogno-di-dostoevskij/

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piergiorgio

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Lo scenario in cui si gioca questa sfida è quello di oggi segnato da un’esplosione di violenza insensata che, dalle guerre alle pareti domestiche, sembra non conoscere limiti. Insieme ci sono la crisi delle nostre democrazie liberali e il clima di sfiducia che pervade la società e avvelena le relazioni. In questa situazione pensare che la soluzione sia «staccare la spina» e rifugiarsi in una comfort zone è solo una misera illusione. È una forma di alienazione che stacca la spina prima di tutto da se stessi. L’invito è invece a ripartire dal desiderio di bene che resiste nel cuore di ciascuno, a fargli spazio dentro tutte le contraddizioni e le difficoltà in cui ci troviamo. Questo è anche ciò che ci interessa più di ogni altra cosa nelle proposte che facciamo come Fondazione San Benedetto.

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