• Chi siamo
  • Attività
  • Video
  • Archivio
  • Sostienici
  • Statuto
  • Organi
  • Contatti
Email:
info@fondazionesanbenedetto.it
Fondazione San BenedettoFondazione San Benedetto
  • Chi siamo
  • Attività
  • Video
  • Archivio
  • Sostienici
  • Statuto
  • Organi
  • Contatti

Fissiamo il Pensiero

  • Home
  • Fissiamo il Pensiero
  • Orgoglio italiano

Orgoglio italiano

  • Data 30 Aprile 2023

di Marco Fortis

da Il Sole 24 Ore – 27 aprile 2023

https://24plus.ilsole24ore.com/art/il-pnrr-serve-rendere-piu-dinamica-economia-italiana-gia-forte-e-moderna-AEl4yGMD

Nei giorni scorsi un editoriale del «Corriere della Sera», a firma di Federico Fubini, ha ribadito che l’Italia non può permettersi di rinunciare ai fondi del Next Generation EU. Il PNRR, infatti, è un’occasione unica per l’ammodernamento del nostro Paese, con anche tutto il collegato di riforme che l’Europa ci chiede in cambio: è un treno che non passerà mai più. Sarebbe quindi un grave errore rinunciare a parte dei prestiti del PNRR, come stanno chiedendo alcuni. E su questo punto ci troviamo perfettamente d’accordo con l’editoriale del quotidiano milanese.

Non condividiamo però le argomentazioni addotte per cui l’Italia non dovrebbe lasciarsi sfuggire la possibilità di investire le risorse che l’Unione Europea ci ha messo a disposizione. Risorse che, a nostro avviso, vanno usate non perché il nostro Paese oggi investa poco rispetto a Germania e Francia, come sostenuto nel citato articolo, ma piuttosto per far fare al nostro Paese un ulteriore salto di qualità. Cioè per aggredire quei divari strutturali di efficienza (pubblica amministrazione, digitalizzazione) e territoriali (Nord-Sud) che ancora impediscono alla nostra economia, che è una splendida economia con una grande manifattura, per di più in fase di pieno rilancio, di dispiegare tutto il suo potenziale. I progetti del Pnrr possono contribuire a ridurre i suddetti divari e ad innalzare il nostro tasso di crescita, perciò i prestiti europei vanno usati. Questo obiettivo deve essere la priorità del Governo, su questo non devono esserci dubbi. Non c’è però bisogno di richiamare vecchi stereotipi di arretratezza o di marginalizzazione dell’Italia nel contesto mondiale per “bacchettare” chi rema contro il Pnrr, perché ciò alimenta soltanto confusione.

Che nel 2022 l’Italia abbia speso per investimenti, secondo i dati Eurostat di contabilità nazionale, 457 miliardi di euro di meno della Germania e 240 miliardi in meno della Francia è vero. Ma queste differenze riflettono, in parte, semplicemente, le diverse dimensioni delle economie, nonché peculiarità nazionali nelle strutture delle economie stesse e in più va detto che l’Italia ha molto migliorato i suoi rapporti relativi con la Germania e la Francia rispetto al 2015, quando noi stavamo appena uscendo dal lungo tunnel della doppia crisi dei mutui subprime e dei debiti sovrani. Infatti, il divario della quota degli investimenti totali sul Pil tra Italia e Germania si è ridotto dai 3,1 punti percentuali del 2015 a un modesto 0,8% nel 2022 e il divario con la Francia è sceso da 4,6 a 3 punti percentuali. Si potrebbe obiettare che questo secondo divario è ancora alto ma occorre sapere che dei 240 miliardi che la Francia investe in più rispetto a noi ben 110 dipendono da investimenti in proprietà intellettuale, che in Francia sono strutturalmente elevati per la presenza di grandissimi gruppi nell’energia, nell’aeronautica, nei trasporti, nella chimica-farmaceutica, nell’elettronica, nonché nel lusso. Gruppi la cui presenza comunque non impedisce alla Francia di avere nel complesso una industria manifatturiera che è largamente dietro quella italiana, che è più forte e dinamica di quella transalpina per valore aggiunto ed export grazie al nostro modello vincente di piccole, medie e medio-grandi imprese diffuse, distretti e filiere corte.

Nella buona sostanza, escludendo gli investimenti in proprietà intellettuale, la quota degli investimenti sul Pil dell’Italia è sostanzialmente la stessa di Francia e Germania: il che dovrebbe rassicurarci abbastanza sul fatto che non siamo una economia “arretrata”.

Un divario negli investimenti tra noi e Germania e Francia è semmai nell’edilizia residenziale, nonostante i superbonus da noi introdotti negli anni recenti, ma si tratta di un divario, comunque, poco aggredibile con il Pnrr e legato anche a tendenze demografiche diverse tra i tre maggiori Paesi dell’Euro area, con l’Italia svantaggiata perché in netto declino di popolazione. In ogni caso, anche il divario dell’Italia nella quota degli investimenti in edilizia residenziale sul Pil con la Germania, pari nel 2022 a 1,8%, è più o meno il medesimo del 2015 (1,7%), mentre quello con la Francia è sceso da -1,8% a -1%. Nell’edilizia non residenziale, ambito dove il Pnrr potrebbe dare un impulso a nostro favore nei prossimi anni, la quota degli investimenti sul Pil dell’Italia (5,4%) è già oggi più elevata di quella della Germania (4,7%) e non così distante da quella della Francia (6,3%).

Ma, soprattutto, è negli investimenti in macchinari, impianti, ICT e mezzi di trasporto che l’Italia non accetta lezioni da nessuno, tanto più che i vari Piani Industria 4.0 del nostro Paese, dal governo Renzi in poi, negli ultimi anni hanno ulteriormente favorito la nostra massa di investimenti di questo tipo, che già erano sempre stati storicamente molto alti in passato. Dal 2015 in avanti, tuttavia, l’Italia ha accelerato e nel 2022 la nostra quota di investimenti tecnici sul Pil è risultata decisamente la più alta tra le tre maggiori economie dell’Euro area, pari al 7,4%, contro il 6,6% della Germania e il 5,2% della Francia. Dal 2015 al 2022 gli investimenti in macchinari, impianti, ICT e mezzi di trasporto dell’Italia sono cresciuti a valori correnti di circa 42 miliardi di euro, contro gli incrementi di 36 miliardi e di 48 miliardi, rispettivamente, di Francia e Germania, che però sono economie di dimensioni nettamente maggiori della nostra. In questo tipo di investimenti siamo sempre stati sopra la Francia in rapporto al Pil ma nel 2022 lo siamo addirittura diventati di 2,2 punti percentuali. Mentre abbiamo raggiunto la Germania nel 2019 ed oggi le diamo 8 decimali secchi di distacco.

In definitiva, il Pnrr serve all’Italia non per far uscire dal baratro un’economia arretrata, come spesso viene definita quella italiana da una vecchia vulgata che ormai ha decisamente stancato, ma per rendere più dinamica una economia italiana già forte e moderna, il cui Pil è cresciuto quasi dell’11% negli ultimi due anni grazie alle riforme già avviate prima della pandemia e poi grazie alla guida del Governo Draghi. E se c’è una lezione da trarre dai dati sugli investimenti è, piuttosto, quella che ci serve non solo il Pnrr ma che è necessario anche che gli incentivi Industria 4.0 continuino e diventino strutturali per mantenere il vantaggio che abbiamo conquistato su Francia e Germania, aspetto di cui ancora pochi hanno compreso l’importanza storica, anche nella prospettiva futura di una competizione globale in cui l’Italia può essere sempre più protagonista.

Tag:economia italiana, investimenti, PNRR

  • Condividi
piergiorgio

Articolo precedente

Vasilij Grossman raccontato da Giovanna Parravicini
30 Aprile 2023

Prossimo articolo

Ritsos, Kavafis, Kazantzakis raccontati da Edoardo Rialti
3 Maggio 2023

Ti potrebbe interessare anche

È la letteratura la vera educazione affettiva
15 Novembre, 2025

In queste settimane la discussione sulla cosiddetta educazione affettiva o affettivo-sessuale nelle scuole è subito degenerata in uno scontro nel quale più si alza il volume delle polemiche pretestuose più diventa difficile comprendere veramente i termini della questione. Da molti anni sulla scuola è stato scaricato qualunque tipo di «emergenza sociale» che avesse a che fare con le generazioni più giovani cercando di approntare risposte con tanto di istruzioni per l’uso e ricette alla bisogna attraverso l’intervento degli immancabili esperti, di sportelli psicologici, etc. L’ora di educazione affettiva è solo l’ultimo anello di una lunga catena. Un vero disastro.

Due settimane fa su Repubblica lo psicoanalista Massimo Recalcati aveva chiaramente sottolineato che l’educazione affettiva «non può essere considerata una materia di scuola tra le altre, non può ridursi a un sapere tecnico perché tocca ciò che di più intimo, inafferrabile e bizzarro c’è nella soggettività umana. L’idea che il desiderio possa essere oggetto di un sapere specialistico rivela un equivoco profondo: la sessualità non si insegna come si insegna la grammatica o la matematica. E poi chi dovrebbe insegnarla? Un biologo? Uno psicologo? Un insegnante di scienze naturali? Un tecnico appositamente formato? La sessualità non è un sapere universale da trasmettere, ma un’esperienza del tutto singolare e incomparabile che deve essere piuttosto custodita». 

Su questa lunghezza d’onda nella newsletter di oggi vogliamo proporvi la lettura dell’editoriale di Giuliano Ferrara pubblicato sul Foglio nei giorni scorsi. «Questa cosa – esordisce l’articolo – dell’educazione affettiva o affettivo-sessuale, col permesso dei genitori, mi sembra una castroneria». Ferrara suggerisce piuttosto la via dell’educazione sentimentale attraverso la letteratura, cominciando magari da Flaubert. L’ora di educazione affettiva fatta da insegnanti, specialisti, psicologi, in collaborazione scuola famiglia, è solo «un modo di abbrutire e diminuire la personalità degli alunni e delle alunne».  È un’ondata «di affettivismo psicologico priva di carisma e di fascino». «Si rivolgano – aggiunge Ferrara – alla letteratura, se c’è bisogno di apportare un bene patrimoniale sentimentale che integri il bagaglio delle giovani anime in cerca di una strada nella e nelle relazioni affettive e sentimentali». Parole sacrosante che sentiamo molto vere nella nostra esperienza. Non è stato infatti per un pallino culturale che come Fondazione San Benedetto quindici anni fa abbiamo lanciato a Brescia il Mese Letterario riconoscendo nella letteratura, e in particolare nelle opere di alcuni grandi scrittori o poeti, quel fuoco che è alimentato dal desiderio di bellezza e di verità che è nel cuore di ogni uomo e che molto c’entra con l’educazione dei nostri affetti. Per Ferrara quindi  affidare l’educazione dei sentimenti e dell’amore, questo «incunearsi nella spigolosità e nella rotondità delle anime», «a uno spirito cattedratico o a una expertise di tipo sociale», sarebbe «un errore che si potrebbe facilmente evitare con il ricorso a racconti e storie interessanti». Racconti e storie che la letteratura, attraverso la lettura, ci offre a piene mani. 

Pier Paolo Pasolini e Anna Laura Braghetti, due storie che ci parlano
8 Novembre, 2025

Pier Paolo Pasolini, di cui il 2 novembre sono stati ricordati i cinquant’anni della sua uccisione. Anna Laura Braghetti, brigatista rossa, morta giovedì a 72 anni, che fu carceriera di Aldo Moro e che nel 1980 sparò uccidendolo al vicepresidente del Csm Vittorio Bachelet. È di loro, di Pasolini e di Braghetti, che vogliamo occuparci in questa newsletter soprattutto per «fissare il pensiero» su alcuni spunti che la loro storia personale ci offre e che riteniamo significativi per noi oggi. Su Pasolini vi proponiamo un intervento del filosofo Massimo Borghesi, che lo definisce «un grande intellettuale, come pochi in Italia nel corso del Novecento» capace di interpretare con largo anticipo i cambiamenti che ora stiamo vivendo.
In particolare Borghesi si sofferma sulla posizione di Pasolini rispetto al ’68: «L’antifascismo inteso come progressismo, cioè come lotta alla reazione, per Pasolini non era più alternativa democratica, ma il modo con cui si realizzava un nuovo fascismo. Questa è l’intelligenza di Pasolini sul passaggio tra anni Sessanta e Settanta: vede nascere una nuova ideologia apparentemente progressista ma funzionale a un nuovo potere di destra». Per Borghesi Pasolini, a differenza di Marcuse, è disincantato, «capisce che il ’68 è rivolta della borghesia, non del proletariato: non trovi un operaio nella rivolta del ’68. È una rivolta degli studenti, dei figli della buona borghesia delle città. E qual è il messaggio del ’68? Un nuovo individualismo di massa. Serve ad abbandonare – contestare, distruggere – i vecchi valori cristiano-borghesi del dopoguerra, e così crea l’uomo a una dimensione: senza radici, senza legami, contro famiglia ed elementi comunitari. Favorisce un individualismo di massa egoistico e solipsistico, trionfo della società borghese allo stato puro».
Pasolini non aveva forse intravisto il mondo in cui oggi siamo immersi?  Per questo val la pena leggerlo e rileggerlo. E come Fondazione San Benedetto l’abbiamo messo più volte a tema negli incontri del Mese Letterario, già sin dalla prima edizione.
Sulla storia di Anna Laura Braghetti vi invitiamo invece a leggere l’articolo di Lucio Brunelli apparso sull’Osservatore Romano. Dopo aver ripercorso le sue tappe come terrorista, Brunelli sottolinea che poi in Braghetti maturò il pentimento: «Un pentimento graduale e autentico, quindi lancinante, consapevole del terribile male compiuto. E compiuto – questo il paradosso più drammatico di quella storia – in nome di un ideale di giustizia». Fino all’incontro in carcere con il fratello di Bachelet. «Da lui – raccontava Braghetti – ho avuto una grande energia per ricominciare, e un aiuto decisivo nel capire come e da dove potevo riprendere a vivere nel mondo e con gli altri. Ho capito di avere mancato, innanzitutto, verso la mia propria umanità, e di aver travolto per questo quella di altri. Non è stato un cammino facile».
A un convegno sul carcere organizzato dalla Caritas, qualche tempo dopo – ricorda Brunelli -, «la Braghetti incontrò il figlio di Bachelet, Giovanni. Si riconobbero e si salutarono. Giovanni le disse: “Bisogna saper riaccogliere chi ha sbagliato”. Anna Laura commentò: “Lui e i suoi familiari sono stati capaci di farlo addirittura con me. Li ho danneggiati in modo irreparabile e ne ho avuto in cambio solo del bene”». Questa la conclusione di Brunelli: «Forse sono ingenuo o forse è la vecchiaia ma ogni volta che leggo queste pagine mi commuovo nel profondo. E penso che solo un Dio, e un Dio vivo, può fare miracoli così».

Il Cristo di Manoppello e Sgarbi trafitto dalla bellezza
1 Novembre, 2025

«Nei mesi attuali di oscurantismo, immersi nell’orrore di Gaza, nella guerra in Ucraina, nell’oppressione della cronaca, anche personale, mi convinco che vi sia molto più Illuminismo cioè quella tendenza a invadere il reale di razionale – nel pellegrinaggio al Cristo di Manoppello che non nella realtà di oggi, che sembra imporci comportamenti irrazionali». Lo scrive Vittorio Sgarbi in un articolo sul settimanale «Io Donna» a proposito del Volto Santo di Manoppello, il velo che porta impressa l’immagine del volto di Gesù, custodito nella chiesa di un piccolo paese in provincia di Pescara. Una reliquia di origine misteriosa di fronte alla quale passa in secondo piano se sia l’impronta di un volto o un’immagine dipinta. Per Sgarbi «quel volto è il volto di Cristo anche se non è l’impronta del suo volto, perché è ciò che la nostra mente sente essere vero, non la verità oggettiva di quella cosa». Si dice trafitto dalla «sua bellezza, che splende più della sua verità, cioè della sua vera o presunta corrispondenza al volto del vero Gesù, “veramente” risorto». Ecco oggi l’esperienza di cui più la nostra vita ha bisogno è proprio questo essere feriti dal desiderio della bellezza. Solo questa esperienza può mobilitare ragione, intelligenza e volontà a prendere sul serio la nostra sete di infinito, spingendo a non accontentarsi di false risposte tanto comode quanto illusorie. E si può solo essere grati che a ricordarcelo sia un inquieto e un irregolare come Sgarbi.

Cerca

Categorie

  • Fissiamo il Pensiero
  • I nostri incontri
    • I nostri incontri – 2015
    • I nostri incontri – 2016
    • I nostri incontri – 2017
    • I nostri incontri – 2018
    • I nostri incontri – 2019
    • I nostri incontri – 2021
    • I nostri incontri – 2022
    • I nostri incontri – 2023
    • I nostri incontri – 2024
    • I nostri incontri – 2025
  • Mese Letterario
    • 2010 – I Edizione
    • 2011 – II Edizione
    • 2012 – III Edizione
    • 2013 – IV Edizione
    • 2014 – V Edizione
    • 2015 – VI Edizione
    • 2016 – VII Edizione
    • 2017 – VIII Edizione
    • 2018 – IX Edizione
    • 2019 – X Edizione
    • 2021 – XI Edizione
    • 2023 – XIII Edizione
    • 2024 – XIV Edizione
    • 2025 – XV Edizione
  • Scuola San Benedetto – edizioni passate
  • Tutti gli articoli

Education WordPress Theme by ThimPress. Powered by WordPress.

VUOI SOSTENERCI?

Siamo una fondazione che ha scelto di finanziarsi con il libero contributo di chi ne apprezza l’attività

Voglio fare una donazione
Borgo Wührer, 119 - 25123 Brescia
info@fondazionesanbenedetto.it

Resta sempre aggiornato

Iscriviti subito alla nostra newsletter per non perderti le attività e gli eventi organizzati dalla Fondazione San Benedetto.

Iscriviti

Sito Web sviluppato da Nida's - Nati con la crisi.

Copyright © Fondazione San Benedetto Educazione e Sviluppo

Mappa del sito | Privacy Policy | Cookie Policy

Sito Web sviluppato da Nida's - Nati con la crisi.

Privacy Policy | Cookie Policy