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Fissiamo il Pensiero

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Se uno studente si butta dalla finestra

  • Data 25 Febbraio 2024

Dopo aver preso un brutto voto uno studente si butta dalla finestra della scuola tentando il suicidio. È accaduto pochi giorni fa in un liceo di Ancona. Su questo fatto vi segnaliamo la lettera di Nicola Campagnoli, insegnante in quella scuola, pubblicata dal quotidiano online ilsussidiario.net. Davanti a vicende come queste si tende sempre a individuare «il colpevole». In questo caso, per esempio, il professore colpevole di aver dato un 2 allo studente. «Mai – sottolinea Campagnoli – che ci si ponga la vera domanda: cosa c’è in un cuore dolorante come quello di un giovane così? Dove finisce l’abissale dolore di un giovane che si sente inadeguato, non giusto, non “a livello”, per uno sbaglio o una performance non azzeccata? Come è possibile che un ragazzo soffra a tal punto da preferire di togliersi la vita?

foto su gentile concessione rawpixel.com

Dove arrivano le pareti del cuore di un adolescente, di quale sensibilità e umanità è fatto, se basta una foglia che cade per ferirlo e farlo sanguinare? Cosa serve per riempire d’amore il cuore di un quindicenne, visto che non bastano i genitori, gli amici, una pagella tutta sufficiente, per renderlo sicuro e forte, da poter affrontare – direbbe Leopardi – “un discorde accento”, un imprevisto spiacevole, della realtà?». Se consideriamo attentamente queste domande, possiamo accorgerci che nella sostanza riguardano ciascuno di noi nelle diverse situazioni in cui ci troviamo a vivere. Spesso però manca un luogo dove queste domande vengano prese sul serio. Da questa esigenza è nata la Fondazione San Benedetto. Tutto quello che facciamo e proponiamo è frutto di un interesse concreto per la vita delle persone. Sono nate così, non come risultato di un programma elaborato a tavolino, iniziative come il Mese letterario, la Scuola di Lettura, gli incontri di formazione sull’Europa, solo per citare degli esempi. Ogni proposta, come anche le letture che suggeriamo ogni domenica con la nostra newsletter, si colloca sempre dentro un orizzonte più ampio che trova espressione in quelle domande fondamentali che ognuno porta nel cuore. Momento centrale di questo cammino è la Scuola di comunità: ogni due giovedì alle 18.30 ci ritroviamo nella nostra sede per un incontro aperto a tutti nel quale, partendo da alcuni testi di don Luigi Giussani, confrontarsi su ciò che dà senso alla nostra vita, su quel mistero che ogni uomo è, che dà «fuoco e tensione» a ogni nostra parola come scriveva Thomas Mann. La porta è sempre aperta.

Mese Letterario, aperte le iscrizioni

Da oggi sono aperte le iscrizioni alla 14° edizione del Mese Letterario. Quest’anno non essendo disponibile l’auditorium di via Balestrieri, gli incontri si svolgeranno nel salone degli Artigianelli (via Avogadro 23 con parcheggio all’interno). Ci saranno quindi meno posti. Perciò invitiamo tutti ad iscriversi subito online sul sito dell’Associazione Mese Letterario cliccando su questo link https://www.meseletterario.it/edizione-2024. Le iscrizioni infatti saranno accettate solo sino ad esaurimento posti. Sul sito potete trovare il programma dettagliato della rassegna che ha come titolo “L’altro necessario“. Tre gli appuntamenti in programma: il 4 aprile su Italo Svevo con Valerio Capasa, l’11 aprile su James Joyce con Enrico Terrinoni e il 18 aprile su T.S. Eliot con Edoardo Rialti.   


“SONO UN FALLITO”/ Lo studente che si butta dalla finestra e l’umanità che manca a chi lo giudica

di Nicola Campagnoli

da ilsussidiario.net – 20 febbraio 2024

Caro direttore, sabato mattina. Un liceo scientifico di Ancona. Un ragazzo di prima superiore – voti del primo quadrimestre tutti più che sufficienti – viene interrogato alla lavagna. Non ha fatto i compiti. Prende un 2 in matematica. Passa del tempo. Suona la campanella, si esce per la ricreazione. Il ragazzo improvvisamente apre la finestra e, a volo d’uccello, si getta dal terzo piano. Il terreno erboso impedisce la morte, ma è una scena terribile per tutti coloro che sono giù nel cortile. Sul banco ha lasciato un biglietto: “Sono un fallito” insieme alla password del suo cellulare.

Quando uno studente compie un atto del genere, si tratta di un ultimo passo, di un ultimo stadio nell’emergere di un dolore che cresce dentro, piano piano, nel tempo e che fa diventare la vita insopportabile è intollerabile ai propri occhi.

È incredibile come la stampa, come un avvoltoio, piombi su queste storie. Con quale scopo? Cercare il colpevole. Anzi, meglio, presentarci il colpevole. E quindi dare subito la soluzione all’enigma. Senza esserci, senza conoscere personalmente, senza aver ancora atteso le indagini della vicenda. Dare una spiegazione e un colpevole al lettore. Durante gli scorsi mesi scolastici, di fronte alle risse del sabato sera, ai casi di bullismo o violenze scolastiche fra ragazzi, gli stessi giornalisti lanciavano definizioni assolute e radicali, senza mezzi termini: il mostro, il bullo, il boss, lo spacciatore… per inchiodare sui titoli, a caratteri cubitali, un quindicenne beccato in qualche azione sbagliata. Adesso, immediatamente, in quest’ultima tragedia, chi si bolla come mostro? Il prof colpevole di dare un 2. “Come si fa a dare un due?”. Mai che ci si ponga la vera domanda: cosa c’è in un cuore dolorante come quello di un giovane così? Dove finisce l’abissale dolore di un giovane che si sente inadeguato, non giusto, non “a livello”, per uno sbaglio o una performance non azzeccata? Come è possibile che un ragazzo soffra a tal punto da preferire di togliersi la vita? Dove arrivano le pareti del cuore di un adolescente, di quale sensibilità e umanità è fatto, se basta una foglia che cade per ferirlo e farlo sanguinare? Cosa serve per riempire d’amore il cuore di un quindicenne, visto che non bastano i genitori, gli amici, una pagella tutta sufficiente, per renderlo sicuro e forte, da poter affrontare – direbbe Leopardi – “un discorde accento”, un imprevisto spiacevole, della realtà?

Cari giornalisti, cari opinionisti, a volte, di fronte alla gravità dei fatti, spesso inspiegabile e ingovernabile dalle nostre piccole menti, di fronte all’immensità del Mistero che abita l’animo desideroso di infinito di un ragazzino, di fronte al suo desiderio senza limite, fate un passo indietro. Preferite il silenzio. Lasciate che l’enigma della vita ci interpelli. Nell’ultimo romanzo di Cormac McCarthy, Il passeggero, uscito dopo la morte dell’autore, i camerieri di un ristorante continuavano a offrire al protagonista seduto, in attesa del pasto, dell’acqua. Il personaggio vorrebbe la lista dei vini, ma il personale – seguendo le consuetudini – continua a proporgli, prima, dell’acqua. Egli, alla fine, deve quasi urlare in faccia all’ennesimo malcapitato cameriere che lui non vuole acqua.

Un semplice episodio che ci racconta che l’acqua delle solite risposte, delle facili soluzioni, comode e tranquille, non ci serve e non ci basta. Vogliamo arrivare al senso vero dei fatti, alla loro profondità. Ma, per questo, servono uomini con una umanità viva, con la pazienza saggia di attendere una chiarificazione dalla realtà. Non persone con la fretta di spiegare a partire da facili e riduttive impressioni.
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piergiorgio

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Non lasciamoci sfuggire l’intelligenza artificiale
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L’intelligenza artificiale è già entrata a far parte della nostra vita molto più di quanto a prima vista possiamo percepire o immaginare. È un dato di fatto destinato a impattare in modo sempre più pervasivo sulla nostra quotidianità. In questo senso i dibattiti pro o contro l’intelligenza artificiale appaiono del tutto teorici e oziosi, come inutile è ogni posizione di retroguardia. Come Fondazione San Benedetto intendiamo invece proporre iniziative o suggerire ipotesi di lavoro che possano essere d’aiuto ad affrontare in modo consapevole questo cambiamento che è già in atto. Lo facciamo anche con questa newsletter segnalandovi un articolo uscito nei giorni scorsi sull’Osservatore Romano di Antonio Spadaro che riprende un testo del celebre scienziato e religioso Pierre Teilhard de Chardin scritto nel 1950 sull’avvento delle grandi macchine da calcolo che allora muovevano i primi passi. Per Teilhard l’arrivo delle nuove macchine «che macinano idee e numeri» era un’opportunità per liberare nell’uomo, «e questa volta a un livello mai raggiunto prima, una massa nuova di energia psichica, immediatamente trasformabile in forme ancora più alte di comprensione e di immaginazione». A 75 anni di distanza Spadaro rimarcando la novità di questo pensiero sottolinea come la sfida implicita «sia quella di integrare le macchine nella crescita della coscienza, trasformare la velocità di calcolo in profondità di pensiero, usare l’energia liberata per “forme più alte” di comprensione. La domanda di fondo, insomma, non è “quanto possono fare le macchine?”, ma “quanto possiamo crescere noi, con loro?”». L’intelligenza artificiale non è insomma una questione tecnica, ma antropologica e per questo ci riguarda.

I mattoni nuovi del Meeting, una storia che continua
6 Settembre, 2025

Riprende da oggi l’appuntamento con la nostra newsletter domenicale «Fissiamo il pensiero» e, all’inizio di un nuovo tratto di cammino, vogliamo ripartire dal Meeting di Rimini che si è chiuso da pochi giorni. La passione ideale che è il vero motore di un evento come il Meeting unico per il suo carattere e la sua rilevanza in Italia, e probabilmente anche in Europa, pur con modalità e dimensioni diverse, è la stessa che ci muove come Fondazione San Benedetto. Del Meeting si sono occupati anche i media, dando spazio però, come avviene da anni, in modo prevalente agli incontri di tipo politico. Tutti appuntamenti interessanti e di livello, ma il Meeting è molto di più. Perciò abbiamo sempre invitato tutti a trascorrere almeno un giorno in fiera a Rimini, unico modo per evitare giudizi affrettati e parziali. Quest’anno attorno alla frase di T.S. Eliot «Nei luoghi deserti costruiremo con mattoni nuovi» (titolo dell’edizione 2025) in sei giorni si è sviluppato un programma di incontri, mostre e spettacoli davvero ricco. Solo a titolo di esempio ricordiamo gli incontri col Patriarca ortodosso di Costantinopoli Bartolomeo a 1700 anni dal Concilio di Nicea, con due madri, una israeliana e l’altra palestinese, che hanno perso un figlio, testimoni di una riconciliazione possibile, con lo scrittore spagnolo Javier Cercas. E poi le mostre da quella sui martiri di Algeria a quella su Vasilij Grossman, da quella su Carlo Acutis a quella sulle voci dall’Ucraina. Nell’ultimo giorno del Meeting è stato annunciato il titolo dell’edizione del prossimo anno che riprende il verso finale della Divina Commedia: «L’amor che move il sole e l’altre stelle». Su questo vi invitiamo a leggere l’articolo, tratto dal quotidiano online ilsussidiario.net, di Giuseppe Frangi, fondatore e vicepresidente di Casa Testori e amico della San Benedetto. Con lui stiamo già collaborando e altre iniziative sono in cantiere. Ricordiamo la serata dello scorso luglio a Brescia con la lettura nella chiesa di San Giovanni del dialogo sul Romanino fra Pasolini e Testori (a questo link lo potete rileggere).
Tornando al titolo del Meeting, questo sta a indicare ogni anno il passo di una storia che continua e che non si ferma a guardare indietro, bloccata su se stessa. È l’espressione di un ideale che si fa vita. Ben altro che un contenitore di eventi o, peggio, di intrattenimento. Si spiega così che dopo 46 anni il Meeting ci sia ancora e sia un luogo sempre interessante e sorprendente. Un percorso analogo lo stiamo facendo come San Benedetto. Abbiamo già in preparazione alcuni incontri sui temi dell’Europa e dell’intelligenza artificiale, e tanto altro, non mancheremo di tenervi aggiornati. Al di là delle singole iniziative la fondazione è prima di tutto un luogo di incontro e di amicizia aperto a tutti. Intanto siamo già in grado di confermarvi che da giovedì 25 settembre alle 18.30 nella nostra sede di Borgo Wührer 119 a Brescia, ci ritroveremo per la Scuola di comunità. Partendo dalla lettura di alcuni testi di don Luigi Giussani è un’occasione per mettere a confronto domande ed esperienze che riguardano la nostra vita e il suo significato. Gli incontri, della durata di un’ora, si terranno con cadenza quindicinale sempre alle 18.30. La proposta è libera, gratuita e aperta a tutti. Chiediamo solo la continuità della partecipazione come segno di serietà nel percorso che ci apprestiamo a cominciare. Il giorno 25 verranno date indicazioni su come si svolgeranno gli incontri con il calendario fino a dicembre e sul testo di riferimento.

Qualcosa di più forte e profondo della distruzione
26 Luglio, 2025

La newsletter di oggi è l’ultima prima della pausa estiva. Anche in queste settimane per molti dedicate al riposo e alle vacanze, mentre il mondo è in fiamme e gli orrori della guerra si moltiplicano, crediamo che non si possa far finta di nulla, aprire una parentesi o staccare la spina come si usa dire. Non si può andare in vacanza senza portarsi dietro queste ferite. Portarsele con sé rende più bello e più vero il tempo del riposo. Per questo oggi vogliamo proporvi la lettura di due testimonianze da due dei principali teatri di guerra: l’Ucraina e Gaza. Già scorse settimane avevamo ricordato il caso di Vasilij Grossman, lo scrittore ucraino che dentro lo scenario di morte prodotto dalle ideologie del ’900, non aveva mai smesso di cercare «l’umano nell’uomo» come inizio di una possibilità di speranza. Le testimonianze di oggi ci dicono che anche nelle situazioni più difficili, la violenza, la distruzione e la morte possono non essere l’ultima parola. 

La prima, pubblicata sul sito «La Nuova Europa», è di Adriano Dell’Asta, professore di lingua e letteratura russa all’Università Cattolica e vicepresidente della Fondazione Russia Cristiana. Racconta la storia di Alina, giovane donna ucraina, malata di cancro in fase terminale, che nei suoi ultimi giorni di vita ha trovato accoglienza in un hospice a Charkiv, mantenuto aperto anche sotto le bombe. Tutto sembra perduto, senza speranza, in guerre ogni giorno sempre più distruttive e spregiatrici di giustizia e umanità… eppure c’è chi lotta e resiste per accompagnare sin nella morte chi è senza speranza e riaffermare una dignità e una pace che nessun malvagio può cancellare. È l’infinita sorpresa di un miracolo reale che non sapremmo neppure immaginare.

La seconda testimonianza ci è offerta dalla dichiarazione fatta dal patriarca di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa al suo rientro dalla visita a Gaza insieme al patriarca ortodosso Teofilo III. «Siamo entrati – ha detto aprendo la conferenza stampa – in un luogo devastato, ma anche pieno di meravigliosa umanità. Abbiamo camminato tra le polveri delle rovine, tra edifici crollati e tende ovunque: nei cortili, nei vicoli, per le strade e sulla spiaggia – tende che sono diventate la casa di chi ha perso tutto. Ci siamo trovati tra famiglie che hanno perso il conto dei giorni di esilio perché non vedono alcuna prospettiva di ritorno. I bambini parlavano e giocavano senza battere ciglio: erano già abituati al rumore dei bombardamenti. Eppure, in mezzo a tutto questo, abbiamo incontrato qualcosa di più profondo della distruzione: la dignità dello spirito umano che rifiuta di spegnersi».

L’appuntamento con la newsletter «Fissiamo il pensiero» tornerà domenica 7 settembre. Buone vacanze!

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