Giovedì 11 luglio era il giorno di San Benedetto. Esattamente cinquant’anni fa San Paolo VI l’ha proclamato patrono d’Europa. Lo vogliamo ricordare perché la nostra fondazione, di cui porta il nome, è nata e opera nel solco dell’esperienza di quest’uomo vissuto 1500 anni fa. Un uomo che senza aver pianificato o progettato nulla, sulle ceneri dell’impero romano distrutto dalle invasioni barbariche, diede vita a quella nuova civiltà da cui ha avuto origine l’Europa giunta fino a noi. Abbiamo pensato di riproporre due brevi testi di John Henry Newman, il grande pensatore inglese proclamato santo nel 2019, e di Alasdair MacIntyre, filosofo scozzese di formazione marxista che ha poi abbracciato il cattolicesimo, che meglio fanno comprendere come la figura di San Benedetto sia tutt’altro che un’icona che appartiene al passato.
San Benedetto fa scaturire l’acqua dalla cima di un monte, affresco del Sodoma, abbazia di Monte Oliveto
Oggi le condizioni esterne, sociali, politiche, economiche, sono profondamente diverse da quelle del VI secolo, ma non lo è la sostanza del problema: assistiamo al venir meno della speranza e a un impressionante dilagare della solitudine che vede le persone sempre più isolate, più facilmente manipolabili e in balia del potere di turno. In questa situazione la presenza di luoghi, di persone, di comunità, dove la vita e l’esperienza di ciascuno possano ritrovare uno sguardo di simpatia e una possibilità di senso, appare come la necessità più urgente. La Fondazione San Benedetto, nel suo piccolo, si è fatta carico di questo compito guardando alle persone reali, non al consenso sociale, attraverso esempi di positività utili a tutti.Proprio sulle orme di questo grande santo.
Newman e MacIntyre affascinati da San Benedetto
«San Benedetto trovò un mondo sociale e materiale in rovina, e la sua missione fu di rimetterlo in sesto,non con metodi scientifici, ma con mezzi naturali, non accanendosi con la pretesa di farlo entro un tempo determinato o facendo uso di un rimedio straordinario o per mezzo di grandi gesta: ma in modo così calmo, paziente, graduale che ben sovente si ignorò questo lavoro fino al momento in cui lo si trovò finito. Uomini silenziosi si vedevano nella campagna o si scorgevano nella foresta, scavando, sterrando, e costruendo, e altri uomini silenziosi, che non si vedevano, stavano seduti nel freddo chiostro, affaticando i loro occhi e concentrando la loro mente per copiare e ricopiare penosamente i manoscritti ch’essi avevano salvato. Nessuno di loro protestava su ciò che faceva; ma poco per volta i boschi paludosi divenivano eremitaggio, casa religiosa, masseria, abbazia, villaggio, seminario, scuola e infine città».
John Henry Newman, Historical Studies, II
«Un punto di svolta decisivo in quella storia più antica si ebbe quando uomini e donne di buona volontà si distolsero dal compito di puntellare l’imperium romanoe smisero di identificare la continuazione della civiltà e della comunità morale con la conservazione di tale imperium. Il compito che invece si prefissero (spesso senza rendersi conto pienamente di ciò che stavano facendo) fu la costruzione di nuove forme di comunità entro cui la vita morale potesse essere sostenuta, in modo che sia la civiltà sia la morale avessero la possibilità di sopravvivere all’epoca incipiente di barbarie e di oscurità. Ciò che conta, in questa fase, è la costruzione di forme locali di comunità al cui interno la civiltà e la vita morale e intellettuale possano essere conservate attraverso i nuovi secoli oscuri che già incombono su di noi. E se la tradizione delle virtù è stata in grado di sopravvivere agli orrori dell’ultima età oscura, non siamo del tutto privi di fondamenti per la speranza. Questa volta però i barbari non aspettano al di là delle frontiere: ci hanno già governato per parecchio tempo. Ed è la nostra inconsapevolezza di questo fatto a costituire parte delle nostre difficoltà. Stiamo aspettando: non Godot, ma un altro San Benedetto, senza dubbio molto diverso».
In queste settimane diverse persone ci hanno chiesto suggerimenti di letture per l’estate. Negli anni scorsi a questi consigli abbiamo sempre dedicato l’ultima newsletter prima della pausa estiva a fine luglio. Quest’anno ve li anticipiamo di qualche settimana con la newsletter di oggi. Si tratta solo di alcune proposte, perché come abbiamo scritto più volte, al di là dei titoli consigliati, il primo invito è sempre a leggere. Prendere in mano un libro, scegliere di leggere un testo, è sempre un atto di libertà che poco o tanto porta a mettersi in gioco e a non consegnarsi semplicemente al flusso delle cose e delle informazioni. Lo spunto che ci ha spinto ad anticipare i nostri consigli di lettura ci è stato dato dalla pubblicazione pochi giorni fa sul settimanale La Voce del popolo di un articolo di Piergiorgio Chiarini su Vasilij Grossman, autore di un’opera memorabile come «Vita e destino» ma anche di «Tutto scorre» e «Il bene sia con voi!». Tutti libri (editi da Adelphi) che segnaliamo, ancora di più in questo momento in cui la guerra in Ucraina non accenna a fermarsi. Grossman è un «figlio di quella terra, ha vissuto un altro conflitto, la seconda guerra mondiale, e la stagione dei totalitarismi, ma – si sottolinea nell’articolo – non ha lasciato che fosse il male a dire l’ultima parola. Le sue pagine sarebbero da rileggere oggi in un’ora in cui lo spettro della guerra torna ad allungarsi sull’Europa».
Oltre alle opere di Grossman, vogliamo proporvi altre tre letture.
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