• Chi siamo
  • Attività
  • Video
  • Archivio
  • Sostienici
  • Statuto
  • Organi
  • Contatti
Email:
info@fondazionesanbenedetto.it
Fondazione San BenedettoFondazione San Benedetto
  • Chi siamo
  • Attività
  • Video
  • Archivio
  • Sostienici
  • Statuto
  • Organi
  • Contatti

Fissiamo il Pensiero

  • Home
  • Fissiamo il Pensiero
  • Incontro con Camisasca e Sofri, vi aspettiamo giovedì

Incontro con Camisasca e Sofri, vi aspettiamo giovedì

  • Data 8 Marzo 2025

Giovedì 13 marzo alle 18.15, a Brescia, al Centro Paolo VI in via Gezio Calini 30, è in programma l’incontro sul tema «Dal ’68 a oggi, il desiderio del cambiamento». Promosso dalla Fondazione San Benedetto vedrà gli interventi di due ospiti d’eccezione: monsignor Massimo Camisasca, allievo di don Giussani e vescovo emerito di Reggio Emilia, e Adriano Sofri, scrittore, editorialista ed ex leader di Lotta Continua. 

In molti in queste settimane si sono già registrati per partecipare. Invitiamo quindi ad arrivare per tempo raccomandando la puntualità. È ancora possibile registrarsi utilizzando questo link.

Si tratta di un incontro del tutto inedito. L’occasione è data dalla recente pubblicazione del libro «Una rivoluzione di sé» (Rizzoli editore) che raccoglie alcuni interventi di don Giussani, fra il 1968 e il 1970, in un periodo molto turbolento che vedrà anche la nascita del movimento di Comunione e Liberazione. Poterne parlare con due protagonisti di quella stagione, con storie molto diverse, è un’opportunità straordinaria anche per guardare in modo nuovo al momento che stiamo attraversando oggi segnato da grande incertezza.

In vista dell’incontro in questa newsletter vogliamo proporvi la lettura di un recente articolo di Sofri, tratto dalla Piccola Posta, la sua storica rubrica pubblicata dal Foglio dal martedì al sabato. È un interessante spunto di confronto che parte dall’osservazione di quanto sta avvenendo nello scenario internazionale, da Gaza a Israele, dall’Ucraina al nuovo corso trumpiano degli Usa, per arrivare all’Europa e all’Italia. Per Sofri «la vera lezione dei tempi – che corrono, la democrazia è lenta, la prepotenza è rapida, procede di colpo, culmina nel colpo di stato – sta nella rinuncia definitiva alla speranza di essere d’accordo pressoché su tutto ciò che è essenziale, grazie alla parte dalla quale si è schierati. È il prodotto ultimo della fine delle ideologie sistematiche e delle loro pretese di coerenza. Le ideologie non muoiono: il feticismo del denaro e la superstizione della tecnologia sono lussureggianti supplenze. Ma così assoggettate alla potenza non tengono più insieme convinzioni, opinioni e sentimenti».

Tutto questo ci riguarda più da vicino di quanto si potrebbe pensare. È parte del clima sociale che respiriamo e si riflette nelle relazioni con gli altri e nel rapporto col piccolo mondo in cui viviamo. Oltre alla presa d’atto di come stanno le cose, rimane però ancora lo spazio per esercitare la propria libertà e la propria responsabilità. «Penso che la disposizione più responsabile – conclude Sofri – sia quella al rispetto reciproco, di qua e di là da una linea rossa che ciascuno ritenga di fissare, d’accordo con la propria coscienza, o nemmeno».



Da Gaza a Srebrenica, la fine delle ideologie e della loro pretesa di coerenza

di Adriano Sofri – da il Foglio – 28 febbraio 2025

Sono d’accordo con la sostanza dell’appello firmato dai più di 200 ebrei ed ebree italiani, che chiede all’Italia di non farsi complice della pulizia etnica. Chi se ne frega – diranno i miei piccoli lettori. Infatti. Ma vorrei sollevare la più larga questione di come si possa e debba dissentire al giorno d’oggi, qualunque sia l’oggetto. Cominciando dall’appello, si è dissentito, con toni forti fortissimi, dal suo contenuto, e/o dalla coincidenza con il dolore per il lutto delle famiglie Bibas e Silberman. Qualcuno può ragionevolmente credere che i promotori dell’appello siano stati così diabolicamente preveggenti da farne coincidere la pubblicazione, dopo giorni di raccolta delle firme, con il cordoglio per i Bibas? E’ escluso, naturalmente. Allora si vuol dire che bisognava essere attenti e premurosi abbastanza da sventare quella coincidenza? Forse sì, benché fosse difficile seguire i rispettivi calendari. Resta il fatto che non in coincidenza con la data del cordoglio, ma dentro il cordoglio, e da parte dei suoi titolari primi, Yarden Bibas e la sua terribile vicissitudine, e sua sorella Ofri, siano state scritte e pronunciate parole durissime. “Sta’ zitto”, all’indirizzo del primo ministro Netanyahu. Ofri: “Avrebbero potuto salvarvi, ma hanno preferito la vendetta. Abbiamo perso. La nostra idea di “vittoria” non si realizzerà mai. La nostra lotta contro i nemici sarà eterna, ma dobbiamo sempre santificare la vita, l’amore per i nostri simili, il rispetto per i morti e non lasciare mai indietro nessuno. Altrimenti, perdiamo ciò che siamo”.

Fra gli obiettori italiani, si è riesumata la distinzione polemica fra “ebrei buoni e cattivi”, e anche quella fra “ebrei e non ebrei”. L’ebraismo ha certificazioni diverse dal sapere e sentire di appartenergli – o dal venirlo a sapere, grazie all’assalto degli antisemiti? C’è un’anagrafe autorizzata? (Fra le cose peculiari dell’ebraismo sta quella, che nessuno possa escludere di essere ebreo). “Pulizia etnica” non è un sotterfugio per significare genocidio: si vuole escluderla dalle parole dei governanti di Israele, compresi quelli rimessi in sella da Trump e dallo svuotamento di Gaza, così spiritosamente celebrato, “proprio nel giorno del lutto per i Bibas”, dall’appropriazione e la diffusione del filmino con la manna di dollari piovuta dal cielo di Musk?

Ma la vera lezione dei tempi – che corrono, la democrazia è lenta, la prepotenza è rapida, procede di colpo, culmina nel colpo di stato – sta nella rinuncia definitiva (infatti, non è una novità) alla speranza di essere d’accordo pressoché su tutto ciò che è essenziale, grazie alla parte dalla quale si è schierati. È il prodotto ultimo della fine delle ideologie sistematiche e delle loro pretese di coerenza. Le ideologie non muoiono: il feticismo del denaro e la superstizione della tecnologia sono lussureggianti supplenze. Ma così assoggettate alla potenza non tengono più insieme convinzioni, opinioni e sentimenti. Non tengono insieme simpatia per la resistenza ucraina e favore al governo israeliano, sicché il secondo vota con Trump Putin e Kim Jong-un contro la prima. Non tengono insieme disgusto per il Trump delle terre rare rubate all’Ucraina e apprezzamento, o indulgenza, per la rapallizzazione di Gaza. Permettersi l’insinuazione che i firmatari di un appello siano insensibili all’orrore e la pena per i bambini Bibas e la loro madre, e i loro cari, e la loro gente, è un triste arbitrio. Lo è quanto l’accusa di insensibilità, se non di gaudio, per le vittime civili palestinesi, grandi e piccole, quando non sia provata da fatti e parole.

Ieri, per dovere d’ufficio, ho riletto Tacito. Il brano su Germanico che deve tener testa alla ribellione  delle legioni, e “vide i soldati venirgli incontro, fuori dall’accampamento, con gli occhi bassi in atto di pentimento. Come ebbe superato il recinto, cominciarono a farsi sentire lamenti confusi; e alcuni, afferratagli la mano come per baciarla, se ne introducevano in bocca le dita, perché́ toccasse le gengive vuote di denti; altri gli mostravano le membra piegate dalla vecchiaia…”. E leggo ogni giorno notizie raccapriccianti sulla caccia dei reclutatori agli obiettori e agli imboscati. Non tengono insieme niente, e costringono a misurarsi volta per volta.

Io – chi se ne frega, eccetera… – sono pieno di speranza per il riaccostamento possibile fra Unione Europea e Regno Unito, che altri scongiurano come una perdita dell’amico americano. Auspico le fughe in avanti dell’Europa e temo le fughe all’indietro dell’Italia. Mi felicito della condanna, solo simbolica, del farabutto genocida Dodik a ridosso della lunga audace ribellione senza precedenti della gioventù di Belgrado, di Novi Sad, di Kragujevac, al cinismo governativo, che altri ignorano, o peggio deplorano come un ennesimo repentaglio allo status quo. A luglio saranno trent’anni da Srebrenica, che il nome di genocidio l’ha meritato, e che sta dentro i confini della Republika Srpska di quel Dodik.

Penso che si debba attrezzarsi a fare senza e contro gli Stati Uniti del vecchio ridicolo Trump e dei giovani teppisti Musk e Vance, e ricordare che al momento di decidere dello stemma del paese Benjamin Franklin, o chi per lui, propose il motto: “La ribellione ai tiranni è obbedienza a Dio”. Non mi illudo, al contrario: la voluttà di scissione spadroneggia, fra i grandi e i piccoli. Penso che la disposizione più responsabile sia quella al rispetto reciproco, di qua e di là da una linea rossa che ciascuno ritenga di fissare, d’accordo con la propria coscienza, o nemmeno.

  • Condividi
piergiorgio

Articolo precedente

Occidente senza bussola tra woke e trumpismo
8 Marzo 2025

Prossimo articolo

Dal '68 a oggi, desiderio, lotta, domande: un incontro formidabile
15 Marzo 2025

Ti potrebbe interessare anche

Qualcosa di più forte e profondo della distruzione
26 Luglio, 2025

La newsletter di oggi è l’ultima prima della pausa estiva. Anche in queste settimane per molti dedicate al riposo e alle vacanze, mentre il mondo è in fiamme e gli orrori della guerra si moltiplicano, crediamo che non si possa far finta di nulla, aprire una parentesi o staccare la spina come si usa dire. Non si può andare in vacanza senza portarsi dietro queste ferite. Portarsele con sé rende più bello e più vero il tempo del riposo. Per questo oggi vogliamo proporvi la lettura di due testimonianze da due dei principali teatri di guerra: l’Ucraina e Gaza. Già scorse settimane avevamo ricordato il caso di Vasilij Grossman, lo scrittore ucraino che dentro lo scenario di morte prodotto dalle ideologie del ’900, non aveva mai smesso di cercare «l’umano nell’uomo» come inizio di una possibilità di speranza. Le testimonianze di oggi ci dicono che anche nelle situazioni più difficili, la violenza, la distruzione e la morte possono non essere l’ultima parola. 

La prima, pubblicata sul sito «La Nuova Europa», è di Adriano Dell’Asta, professore di lingua e letteratura russa all’Università Cattolica e vicepresidente della Fondazione Russia Cristiana. Racconta la storia di Alina, giovane donna ucraina, malata di cancro in fase terminale, che nei suoi ultimi giorni di vita ha trovato accoglienza in un hospice a Charkiv, mantenuto aperto anche sotto le bombe. Tutto sembra perduto, senza speranza, in guerre ogni giorno sempre più distruttive e spregiatrici di giustizia e umanità… eppure c’è chi lotta e resiste per accompagnare sin nella morte chi è senza speranza e riaffermare una dignità e una pace che nessun malvagio può cancellare. È l’infinita sorpresa di un miracolo reale che non sapremmo neppure immaginare.

La seconda testimonianza ci è offerta dalla dichiarazione fatta dal patriarca di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa al suo rientro dalla visita a Gaza insieme al patriarca ortodosso Teofilo III. «Siamo entrati – ha detto aprendo la conferenza stampa – in un luogo devastato, ma anche pieno di meravigliosa umanità. Abbiamo camminato tra le polveri delle rovine, tra edifici crollati e tende ovunque: nei cortili, nei vicoli, per le strade e sulla spiaggia – tende che sono diventate la casa di chi ha perso tutto. Ci siamo trovati tra famiglie che hanno perso il conto dei giorni di esilio perché non vedono alcuna prospettiva di ritorno. I bambini parlavano e giocavano senza battere ciglio: erano già abituati al rumore dei bombardamenti. Eppure, in mezzo a tutto questo, abbiamo incontrato qualcosa di più profondo della distruzione: la dignità dello spirito umano che rifiuta di spegnersi».

L’appuntamento con la newsletter «Fissiamo il pensiero» tornerà domenica 7 settembre. Buone vacanze!

Non ci arrendiamo alla perdita del senso della vita
19 Luglio, 2025

Ci possiamo rassegnare passivamente al fatto che la nostra vita non abbia un senso? Nei giorni scorsi Repubblica ha pubblicato l’intervento fatto durante un incontro a Orzinuovi dal filosofo Umberto Galimberti. La sua conclusione è che di fronte al potere sempre più pervasivo del «mondo della tecnica», nel quale l’uomo non è più chiamato a «esistere» ma semplicemente a «funzionare», reperire un senso per la propria esistenza è «praticamente impossibile». Davanti a un’affermazione così tranchant non potevamo restare indifferenti. Come Fondazione San Benedetto abbiamo voluto replicare a Galimberti con una lettera pubblicata sul Giornale di Brescia che vi invitiamo a leggere sul nostro sito (se volete dirci cosa ne pensate potete scriverci a info@fondazionesanbenedetto.it). Il nostro unico e vero scopo, che sta all’origine di tutto quanto facciamo e proponiamo, è proprio quello di non arrendersi alla perdita del senso della vita, che vorrebbe dire smarrire se stessi. In questo don Giussani, a cui il nostro percorso si ispira, ci è stato maestro e testimone impareggiabile.

«Fare figli non è un dovere sociale, ma lo consiglio»
12 Luglio, 2025

Ci siamo occupati più volte della crisi demografica. Un tema reale delle cui ripercussioni sul nostro sistema di vita spesso non si è ancora pienamente consapevoli. In questi giorni si è tornati a parlare, come succede ciclicamente, di misure a sostegno della maternità che sarebbero allo studio del governo. Vedremo nei prossimi mesi se si tradurranno in fatti concreti. Al di là di tali questioni (senz’altro importanti, ci mancherebbe) però qui vogliamo soffermarci sul tema della natalità non dal punto di vista sociale o politico, ma personale. Lo facciamo riproponendovi un recente articolo di Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera che vi invitiamo a leggere. «Consiglio di fare figli», scrive. Parole che possono far discutere ma che ribaltano una prospettiva che in nome dell’autonomia individuale tende a limitare il contatto umano generando a lungo andare solo isolamento e solitudine.

Cerca

Categorie

  • Fissiamo il Pensiero
  • I nostri incontri
    • I nostri incontri – 2015
    • I nostri incontri – 2016
    • I nostri incontri – 2017
    • I nostri incontri – 2018
    • I nostri incontri – 2019
    • I nostri incontri – 2021
    • I nostri incontri – 2022
    • I nostri incontri – 2023
    • I nostri incontri – 2024
    • I nostri incontri – 2025
  • Mese Letterario
    • 2010 – I Edizione
    • 2011 – II Edizione
    • 2012 – III Edizione
    • 2013 – IV Edizione
    • 2014 – V Edizione
    • 2015 – VI Edizione
    • 2016 – VII Edizione
    • 2017 – VIII Edizione
    • 2018 – IX Edizione
    • 2019 – X Edizione
    • 2021 – XI Edizione
    • 2023 – XIII Edizione
    • 2024 – XIV Edizione
    • 2025 – XV Edizione
  • Scuola San Benedetto – edizioni passate
  • Tutti gli articoli

Education WordPress Theme by ThimPress. Powered by WordPress.

VUOI SOSTENERCI?

Siamo una fondazione che ha scelto di finanziarsi con il libero contributo di chi ne apprezza l’attività

Voglio fare una donazione
Borgo Wührer, 119 - 25123 Brescia
info@fondazionesanbenedetto.it

Resta sempre aggiornato

Iscriviti subito alla nostra newsletter per non perderti le attività e gli eventi organizzati dalla Fondazione San Benedetto.

Iscriviti

Sito Web sviluppato da Nida's - Nati con la crisi.

Copyright © Fondazione San Benedetto Educazione e Sviluppo

Mappa del sito | Privacy Policy | Cookie Policy

Sito Web sviluppato da Nida's - Nati con la crisi.

Privacy Policy | Cookie Policy