La Fondazione San Benedetto è un tentativo libero e creativo di espressione della dottrina sociale della Chiesa per rispondere ai problemi e alle sfide del presente; quella dottrina sociale che sembra essere stata riscoperta nelle ultime settimane, con l’elezione di Leone XIV. Giovedì 29 maggio alle 17.30, in occasione dei nostri primi vent’anni di presenza, a Palazzo Loggia a Brescia, abbiamo promosso un incontro (i posti, lo ricordiamo, sono esauriti, ma per chi non ha potuto iscriversi nelle prossime settimane sarà disponibile sul nostro sito il video dell’evento) che vuole richiamare l’attenzione sul ruolo dei corpi intermedinella nostra società. Si tratta di quelle realtà, di quei centri di vita e di azione, che nascono dalla libera aggregazione delle persone come contributo alla costruzione del bene comunein un’ottica di sussidiarietà. Proprio ai corpi intermedi la dottrina sociale della Chiesa ha sempre riservato una particolare attenzione. Non è la riproposizione di principi astratti, ma è l’indicazione di un percorso possibile. In questi primi giorni del suo pontificato, Leone XIV è tornato più volte sulla dottrina sociale, tema che gli è particolarmente caro a cominciare dalla scelta di richiamarsi a Leone XIII, il papa della questione sociale. In un discorso alla Fondazione Centesimus Annus ha chiarito che la dottrina sociale è l’opposto dell’indottrinamento, definito «immorale», che «rifiuta il movimento, il cambiamento o l’evoluzione delle idee di fronte a nuovi problemi». Proprio su tale discorso vi invitiamo a leggere il commento di Giuseppe Frangi, pubblicato sul quotidiano online ilsussidiario.net. Questo è anche il solco in cui come fondazione intendiamo muoverci nel prossimo futuro, in particolare con due sottolineature. Da un lato, oltre che a Brescia, rafforzeremo la nostra presenza anche a Milano (le nostre radici sin dall’inizio sono sempre state bresciane e milanesi), dall’altro lato, concentreremo l’attenzione con iniziative dedicate su due tematiche che riteniamo centrali: il futuro dell’Europa e il rapporto con l’intelligenza artificiale..
Intanto in vista dell’incontro del 29 maggio nei giorni scorsi il dorso bresciano del Corriere della Seraha dedicato al ventennale della San Benedetto un ampio articolo di Massimo Tedeschi che trovate qui riprodotto.
L’articolo del Corriere della Sera Brescia del 21 maggio
Giovedì 22 si è invece concluso il Mese Letterario 2025 con l’ultimo incontro tenuto da Stas’ Gawronski su Cormac McCarthy. Un affondo sulle pagine del grande scrittore americano, vera e propria «materia incandescente» che, come ha sottolineato Gawronski, ha la forza inaudita di «far trasparire la luce anche dal buio» della realtà. Presto sarà possibile rivedere online i video delle tre serate. E un grazie a tutti coloro che hanno partecipato seguendo gli incontri sempre con grande attenzione.
Il pubblico numeroso all’ultima serata del Mese LetterarioStas’ Gawronski durante il suo intervento
Per conoscere e scoprire un papa come Leone XIV, che prima di essere eletto non ha mai amato né tanto meno cercato un’esposizione mediatica, è importante centellinare con attenzione ogni suo discorso. Ad esempio, è molto rivelatore, oltre che bello, quello che sabato scorso ha rivolto ai membri della Fondazione Centesimus Annus: un discorso che contiene spunti importanti, esposti con una chiarezza esemplare.
In quel contesto, che prende il nome dall’enciclica socialedi Giovanni Paolo II scritta nel centenario della Rerum Novarum, papa Leone ha potuto toccare un tema sul quale è molto sensibile: la questione sociale gli sta molto a cuore, come è stato reso evidente da subito dalla scelta del nome, voluto in uno spirito di continuità proprio con il papa della Rerum Novarum.
Nel suo discorso Leone XIV ha spiegato che “c’è una domanda crescente di Dottrina sociale della Chiesa a cui dobbiamo dare risposta”, ma poi si è chiesto in che modo la dottrina sociale può porsi come riferimento nella drammaticità di una congiuntura storica come quella che stiamo vivendo.
Nel cercare una risposta a questa domanda, il papa ha voluto soffermarsi su una riflessione che ha toccato il termine stesso di “dottrina”. Se oggi abbiamo una grande necessità di praticare una cultura del “dialogo”, la parola “dottrina” può evocare, infatti, nella sensibilità di tanti un’idea opposta di irrigidimento e di chiusura. O, peggio ancora, può essere vista come premessa per un progetto di “indottrinamento”.
Il papa, con grande chiarezza e anche decisione, ha voluto eliminare ogni possibile equivoco. “L’indottrinamento – ha detto – è immorale, impedisce il giudizio critico, attenta alla sacra libertà della propria coscienza – anche se erronea – e si chiude a nuove riflessioni perché rifiuta il movimento, il cambiamento o l’evoluzione delle idee di fronte a nuovi problemi”.
La dottrina, al contrario, è un processo aperto: “frutto di ricerca e quindi di ipotesi, di voci, di avanzamenti e insuccessi, attraverso i quali cerca di trasmettere una conoscenza affidabile, ordinata e sistematica su una determinata questione”. Con parole molto belle e cariche di fiducia nei confronti di chi ha altre fedi o appartenenze, Leone ha voluto definire così, in modo sintetico, la dottrina sociale: “Un cammino comune, corale e persino multidisciplinare verso la verità”.
C’è poi un altro punto di grande interesse del discorso. Il papa ha richiamato il fatto che la dottrina sociale non può essere frutto di un’elaborazione cattedratica, ma deve essere sviluppata insieme al popolo di Dio. Chi ne è destinatario, in primis i poveri, ne è anche la sorgente.
“Chi nasce e cresce lontano dai centri di potere non va semplicemente istruito nella Dottrina sociale della Chiesa, ma riconosciuto come suo continuatore e attualizzatore” – ha chiarito Leone. Che poi ha voluto tracciare l’identikit di questi incubatori della dottrina sociale: “i testimoni di impegno sociale, i movimenti popolari e le diverse organizzazioni cattoliche dei lavoratori sono espressione delle periferie esistenziali in cui resiste e sempre germoglia la speranza”. Una dottrina che si alimenta della fede vissuta dai più semplici. Per questo, ha concluso dando un’esortazione molto chiara: “Vi raccomando di dare la parola ai poveri”.
Dopo l’incontro del 29 maggio in occasione dei vent’anni della San Benedetto in cui è stato rilanciato il tema dei corpi intermedi e del loro ruolo fondamentale per non svuotare la democrazia, questa settimana vogliamo continuare l’approfondimento proponendovi un intervento pubblicato pochi giorni fa sul Sole 24Ore del rettore dell’Università Cattolica Elena Beccalli. Nell’articolo si mette in evidenza come le formazioni sociali, i corpi intermedi, tutte quelle realtà che fanno della società non una somma di io isolati, anonimi e autosufficienti ma l’articolarsi di soggetti in continua relazione tra di loro, siano uno snodo fondamentale per riuscire a coniugare competitività e solidarietà. Questa è stata la forza (forse oggi un po’ appannata e confusa) del modello europeo anche a livello economico. In Italia questo modello di economia sociale, ricorda Beccalli, ha una storia importante fatta di «mutualismo, comunità, sussidiarietà» che oggi ha bisogno di un nuovo «slancio» creativo per continuare. E così in Europa. In un quadro mondiale sempre più «terremotato», come si può intuire, si tratta di una questione vitale. Su questi temi come fondazione intendiamo lavorare e proporre iniziative nei prossimi mesi.
Giovedì 29 maggio a Brescia, a Palazzo Loggia, si è tenuto l’incontro in occasione dei vent’anni della Fondazione San Benedetto. Il Salone Vanvitelliano gentilmente messo a disposizione dalla sindaca Laura Castelletti, era al completo con una platea attenta che ha seguito per oltre un’ora e mezza il dibattito: prima il discorso del professor Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, poi il racconto di tre giovani cresciuti nella San Benedetto (Laura Ferrari, Matteo Comini e Nicola Aggogeri) e gli interventi dei tre ex sindaci di Brescia Paolo Corsini, Adriano Paroli e Emilio Del Bono e infine le conclusioni di Graziano Tarantini. Tra il pubblico presenti diverse personalità e rappresentanti del territorio a cominciare dal vescovo di Brescia monsignor Tremolada. Nei prossimi giorni sarà online sul nostro sito il video integrale. Oggi, anziché riproporvi un riassunto di quanto è stato detto che, vista la ricchezza di contenuti, sarebbe inevitabilmente incompleto e parziale, vogliamo soffermarci, senza la pretesa di un discorso organico, solo su alcune parole che, nei diversi interventi che si sono succeduti, hanno fatto da filo conduttore dell’incontro e che in qualche modo descrivono anche il percorso compiuto fino a oggi e quello che intendiamo fare. Nulla di autoreferenziale o di celebrativo, ma la condivisione di un percorso aperto a tutti.
«L’era della rivoluzione digitale – l’era di Internet, degli smartphone e l’era nascente dell’intelligenza artificiale – sta costringendo la razza umana a quello che i biologi evoluzionisti chiamano un “collo di bottiglia”, un periodo di rapida pressione che minaccia l’estinzione di culture, costumi e popoli». Lo scrive Ross Douthat, editorialista del New York Times, nell’articolo che vi segnaliamo questa settimana. Non si tratta di un banale intervento contro la tecnologia o il cambiamento in corso, ma di un’osservazione attenta e sicuramente molto critica di quanto sta accadendo che diventa un appello «contro la passività» con cui stiamo accettando che «l’era digitale prenda le cose incarnate» offrendoci in cambio dei «sostituti virtuali». Su questo tema ci siamo già soffermati anche in altre occasioni perché in ballo c’è una sfida cruciale che riguarda anzitutto l’umano. Con questo articolo vogliamo offrire un nuovo contributo alla riflessione e al confronto. Ci ha colpito che Leone XIV abbia spiegato la scelta del suo nome richiamandosi prima di tutto a Papa Leone XIII, che con l’enciclica Rerum novarum, affrontò la questione sociale nel contesto della prima grande rivoluzione industriale. Come fu allora – ha sottolineato – «oggi la Chiesa offre a tutti il suo patrimonio di dottrina sociale per rispondere a un’altra rivoluzione industriale e agli sviluppi dell’intelligenza artificiale, che comportano nuove sfide per la difesa della dignità umana, della giustizia e del lavoro». E ieri in un discorso alla Fondazione Centesimus Annus Leone XIV è ritornato sulla questione invitando a riscoprire «il mandato di educare al senso critico» di fronte alla rivoluzione digitale in corso. Il tema è dunque più che mai centrale e come Fondazione San Benedetto non intendiamo sottrarci a questa sfida che ci riguarda tutti molto da vicino. Nei prossimi mesi proporremo iniziative specifiche che possano essere d’aiuto ad affrontare questa fase di cambiamento.