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Tra guerre e fake news non smettiamo di farci domande

  • Data 28 Giugno 2025

Veniamo da una settimana che otto giorni fa si era aperta con i fuochi di una nuova guerra, quella fra fra Stati Uniti e Iran, che fortunatamente, almeno per ora, sembra essersi fermata. Così non è da altre parti, da Gaza all’Ucraina, dove distruzioni e massacri continuano, mentre anche il terrorismo rialza la testa con attentati sanguinosi e decine di vittime in una chiesa a Damasco e in una missione cattolica in Nigeria. Possiamo abituarci a tutto questo? Purtroppo questo rischio esiste. Proprio per rimanere svegli e attenti di fronte a quanto sta accedendo oggi vi proponiamo la lettura di un articolo di Riro Maniscalco dagli Usa, pubblicato dal quotidiano online ilsussidiario.net. In questi giorni abbiamo letto o sentito tante analisi, qui invece ci sono soprattutto domande, primo passo per cominciare a guardare davvero la realtà. Come ha detto qualche giorno fa Leone XIV «siamo chiamati noi tutti, umanità, a valutare le cause di questi conflitti, a verificare quelle vere e a cercare di superarle, e a rigettare quelle spurie, frutto di simulazioni emotive e di retorica, smascherandole con decisione. La gente non può morire a causa di fake news». Di questi giorni è anche la notizia della nomina, confermata dal Papa, di padre Francesco Ielpo (già rettore del Franciscanum a Brescia) a nuovo Custode di Terra Santa. Accompagniamo padre Francesco, grande amico della San Benedetto, in questo compito che lo attende con la nostra amicizia e le nostre preghiere. Vi segnaliamo in particolare la sua intervista pubblicata dal settimanale diocesano la Voce del Popolo. Nella foto che segue lo vediamo nell’ottobre 2017 tra le rovine di Aleppo in Siria dove era andato con alcuni rappresentanti della San Benedetto per inaugurare i lavori di ricostruzione di una palazzina distrutta dai bombardamenti che oggi ospita otto famiglie.


L’unica alternativa all’indifferenza è la guerra?

di Riro Maniscalco 

da ilsussidiario.net – 26 giugno 2025

Un’altra guerra. Ma veramente?! L’America e gli americani la vogliono? Una nuova guerra per l’America, per “far giustizia” e per evitare altre guerre come abbiamo già fatto in Afghanistan, in Iraq, in Corea, in Vietnam…? Non stavamo facendo di tutto per isolarci dal resto del mondo e stare alla larga da qualunque conflitto? L’unica alternativa all’indifferenza è la guerra?

L’uscita di Trump contro l’Iran che risponde ai razzi di Israele sparando razzi a sua volta e procede disobbediente con i suoi programmi atomici, sembrava una di quelle minacce delle sue, quelle sparate fatte di un abbaiare rabbioso inteso a mettere paura agli interlocutori per poi arrampicarsi su questa paura e trovare il modo di far star buoni tutti senza sporcarsi troppo le mani. E chiamare il prodotto, il risultato di tutto questo, “pace”.

Suscitare negli altri una sorta di timor di Dio, con lui, Trump, nel ruolo del dio che tiene in mano i destini del mondo e ti dice quel che puoi e non puoi fare. Ma di tutte le promesse elettorali fatte e prepotentemente perseguite, quella della “pace” a Trump proprio non gli sta venendo bene. In Medio oriente come in Ucraina.

Abbaia a tutti per farsi ascoltare (che equivarrebbe a farsi obbedire), ma nessuno sembra intenzionato ad ascoltarlo. Allora se l’abbaiare non basta, abituato a comandare senza freni com’è, cambia registro. E Trump il registro l’ha cambiato, con un’azione che ha messo i brividi addosso al mondo intero.

L’operazione “Midnight Hammer”, il martello di mezzanotte con il bombardamento dei poli nucleari iraniani di Natanz, Isfahan e Fordow, è arrivata inaspettata lasciando perplessi (se non di sasso) anche i più fedeli supporters del Presidente, addensando sull’America e sul mondo interi nuvoloni nerissimi fatti del timore di conseguenze tragiche, di qualcosa di spaventoso come può essere una guerra, una guerra senza confini e senza limiti.

Bastonare l’Iran con un atto di guerra per evitare che l’Iran arrivi al punto di essere in grado di scatenare un conflitto atomico? Bombardare e condannare per poi imporre un cessate il fuoco che nessuno sembra rispettare? Trump come un genitore che perde la pazienza e comincia a tirar sberle a destra e a manca per rimettere tutti in riga.

Bombe sull’Iran, urla contro Israele. Solo che Iran e Israele non sono bambini e soprattutto non sono figli dell’America e neanche figliastri di Trump. L’Iran non reagisce, ma solo perché non ne ha la forza. Non è riuscito a difendere i suoi “gioielli” Natanz, Isfahan e Fordow, figuriamoci se è in grado di mettere insieme una risposta militare contro gli Stati Uniti. Qualche missile indirizzato ad una base militare americana in Qatar, preannunciato e facilmente intercettato. Tanto per far credere alla propria gente che il Paese è saldo e pronto ad affrontare chiunque.

Tutto qua? Sì, tutto qua quel che è misurabile, ma quale seme di odio stiamo seminando, quanto rabbioso desiderio di vendetta abbiamo generato? Vogliamo fare di questo mondo terreno fertile per il terrorismo? Vogliamo precipitare indietro di vent’anni? Già per i cittadini americani cominciano i “warnings”, gli ammonimenti: viaggiate, andate all’estero? State attenti, vigilate. Perché? Perché siete americani…

E Israele? Dove crede di andare? Che strada ha imboccato? Forse Israele si cura degli appelli che non solo Trump, ma il mondo intero incessantemente gli rivolge? Bisognerebbe pensare con la voce di Dio, Dio quello vero, quello che ci giudica perché ci ama.


Padre Ielpo sulle orme di Francesco

di Daniele Rocchi

da La Voce del Popolo – 25 giugno 2025

Papa Leone XIV ha confermato ieri l’elezione di padre Francesco Ielpo, a Custode di Terra Santa e Guardiano del Monte Sion, avvenuta da parte del Ministro Generale dell’Ordine dei Frati Minori con il suo Definitorio. Il Ministro Generale, fra Massimo Fusarelli, ha comunicato la notizia con una lettera ufficiale inviata ai frati della Custodia di Terra Santa. Padre Ielpo, conosciutissimo a Brescia per avere diretto l’Istituto Franciscanum. succede a padre Francesco Patton (nella foto a destra), che è stato Custode dal 20 maggio 2016 ad oggi.

Con quale spirito ha accolto la notizia della sua nomina a Custode?

Il primo grande sentimento è quello di una profonda, enorme sproporzione tra quello che mi viene chiesto dal mio Ordine e dalla Chiesa e la mia misera persona. Soltanto un pazzo potrebbe pensare di essere all’altezza di un compito così. Ma come mi ha detto il mio padre spirituale ‘è bella questa sproporzione, questo non sentirsi all’altezza perché lascia spazio all’agire di qualcun Altro, all’agire dello Spirito Santo. Quindi il lavoro più grande sarà sulla mia persona per lasciare spazio a un altro con la A maiuscola. E poi un’altra cosa…

Quale?

È evidente che oggi non è più il tempo dei leader solitari. Un compito come questo, un servizio come questo per la Chiesa bisogna farlo da fratelli. La fraternità è un po’ la radice del nostro carisma. La fraternità è ciò di cui abbiamo bisogno, soprattutto in Terra Santa. I fratelli che camminano insieme e che testimoniano che esiste un altro modo di poter vivere, un altro modo di poter affrontare anche le difficoltà e le tensioni.

A proposito di tensioni: la sua nomina arriva in un momento segnato da gravi conflitti in tutta l’area e in Terra Santa. Con quali “armi” lei e la Custodia pensate di poter fare fronte a questi tragici eventi?

Seguendo Francesco. Sicuramente c’è un grande senso di impotenza di fronte alla tragicità, alla gravità e alla drammaticità del tempo presente. Ma io credo che quello che mi viene chiesto, quello che ci viene chiesto come frati minori è proprio seguire Francesco. Francesco di Assisi nel 1219 si è recato pellegrino in Terra Santa durante un altro grande conflitto, eravamo al tempo della Crociata. Francesco non andò per risolvere i problemi perché un piccolo uomo come lui non poteva certo risolverli. Così come anch’io non ho la pretesa, anzi neanche l’idea di dover risolvere i problemi. Seguire Francesco andando disarmato e testimoniando che c’è un’altra possibilità, che c’è un’altra via.

Francesco non ebbe paura del momento tragico…

Quando Francesco andò in Terra Santa c’era un conflitto tra due eserciti che si stavano contendendo quel pezzo di terra. Francesco semplicemente ruppe tutte le barriere e passò da un campo all’altro, da uno schieramento all’altro, disarmato, desideroso soltanto di mostrare che poteva esserci un’altra via. E l’altra via è quella che ci indica la Chiesa da sempre. Prima con Papa Francesco e adesso con Papa Leone continuiamo a dire che ‘la guerra non è la soluzione dei problemi e la pace non è mai il risultato di una vittoria bellica’. Testimoniare, restando accanto a chi soffre, non solo ai cristiani, a tutta la popolazione che c’è davvero un altro modo per vivere e per affrontare le difficoltà.

Il ministro generale dell’Ordine, padre Fusarelli nel messaggio che accompagna la sua nomina, scrive che “questo particolare contesto di conflitto che proprio in Terra Santa e nel Medio Oriente viola la dignità della vita umana, rende ancor più urgente e ‘martiriale’ la nostra missione in quei luoghi e ci richiama alla nostra vocazione di testimoni e operatori di riconciliazione e di pace”. Come portare avanti, allora, l’opera di Francesco?

La strada che dobbiamo perseguire è quella di continuare a servire grazie anche alle opere che da secoli i frati, con sacrificio e con spirito martiriale portano avanti; pensiamo alle scuole, all’assistenza dei più vulnerabili, al sostegno alle famiglie, alla formazione. Ma c’è anche un’altra testimonianza, che magari fa meno rumore ma che è enorme: il restare, l’esserci.

In che senso?

Le racconto un episodio. Durante gli anni di guerra in Siria, ho avuto modo diverse volte nel 2016, 2017, 2018 di andare e stare con i frati che vivevano e di incontrare anche delle famiglie. Rimasi colpito da una famiglia di giovani sposi di Aleppo che si erano innamorati sotto le bombe. Ma invece che fuggire e sposarsi altrove decisero di rimanere. E quando chiesi loro il motivo per cui erano rimasti ad Aleppo, nonostante la gravità della situazione, questi fu la loro risposta: “Abbiamo visto che i frati non sono scappati e sono rimasti. Così siamo rimasti anche noi”. Ecco, io credo che in questi 800 anni, i frati della Custodia sono stati quella presenza che è rimasta ‘sempre e comunque’. Questo è quello che forse più di ogni altra cosa, siamo chiamati a continuare a svolgere: testimoniare grande amore a questa Terra e alla sua gente.

Tag:guerra, Iran, Israele, Padre Francesco Ielpo, Riro Maniscalco, Stati Uniti, Terra Santa

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piergiorgio

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La prima, pubblicata sul sito «La Nuova Europa», è di Adriano Dell’Asta, professore di lingua e letteratura russa all’Università Cattolica e vicepresidente della Fondazione Russia Cristiana. Racconta la storia di Alina, giovane donna ucraina, malata di cancro in fase terminale, che nei suoi ultimi giorni di vita ha trovato accoglienza in un hospice a Charkiv, mantenuto aperto anche sotto le bombe. Tutto sembra perduto, senza speranza, in guerre ogni giorno sempre più distruttive e spregiatrici di giustizia e umanità… eppure c’è chi lotta e resiste per accompagnare sin nella morte chi è senza speranza e riaffermare una dignità e una pace che nessun malvagio può cancellare. È l’infinita sorpresa di un miracolo reale che non sapremmo neppure immaginare.

La seconda testimonianza ci è offerta dalla dichiarazione fatta dal patriarca di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa al suo rientro dalla visita a Gaza insieme al patriarca ortodosso Teofilo III. «Siamo entrati – ha detto aprendo la conferenza stampa – in un luogo devastato, ma anche pieno di meravigliosa umanità. Abbiamo camminato tra le polveri delle rovine, tra edifici crollati e tende ovunque: nei cortili, nei vicoli, per le strade e sulla spiaggia – tende che sono diventate la casa di chi ha perso tutto. Ci siamo trovati tra famiglie che hanno perso il conto dei giorni di esilio perché non vedono alcuna prospettiva di ritorno. I bambini parlavano e giocavano senza battere ciglio: erano già abituati al rumore dei bombardamenti. Eppure, in mezzo a tutto questo, abbiamo incontrato qualcosa di più profondo della distruzione: la dignità dello spirito umano che rifiuta di spegnersi».

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