Quella volta che raccontò «Sono un aborto mancato»
«Il miracolo di sentire germogliare nel proprio ventre una nuova vita, il vederla sbocciare e vederla venir su rende voi donne più forti. Anche se alla fine i figli vi deludono, gli anni della creazione della vita nessuno ve li toglierà mai (..) Che poi quello sia divenuto un assassino, un papa? Non importa». (Da Avvenire di Marina Corradi)
Firenze, estate del 1922. Nel Paese gli squadristi avanzano, si prepara la marcia su Roma. Una donna sposata, con tre figli, resta incinta di un altro. Molti sanno, è scandalo. Tutti le dicono: abortisci. Lei, forte, non cede.Avrà quel bambino. «Morirei di rimorso, nel pensiero di aver avuto tre figli e di aver distrutto un’altra vita», dice. Il bambino nasce a febbraio del 1923, il cognome gli viene dato in ospedale. Ma tutti sanno che è figlio di n.n. Glielo cantano in coro i compagni, all’oratorio fiorentino di San Marco, ridendo. Uno gli grida, un giorno: «Tua madre è una puttana».
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