• Chi siamo
  • Attività
  • Video
  • Archivio
  • Sostienici
  • Statuto
  • Organi
  • Contatti
Email:
info@fondazionesanbenedetto.it
Fondazione San BenedettoFondazione San Benedetto
  • Chi siamo
  • Attività
  • Video
  • Archivio
  • Sostienici
  • Statuto
  • Organi
  • Contatti

Fissiamo il Pensiero

  • Home
  • Fissiamo il Pensiero
  • Le vite vissute di Silvio Berlusconi e Flavia Franzoni

Le vite vissute di Silvio Berlusconi e Flavia Franzoni

  • Data 18 Giugno 2023

La lezione di Delpini alla piccineria del moralismo meschino

di Giuliano Ferrara

da Il Foglio – 15 giugno 2023

https://www.ilfoglio.it/chiesa/2023/06/15/news/la-lezione-indimenticabile-di-delpini-alla-piccineria-del-moralismo-meschino-5389564/

Mario Delpini, arcivescovo di Milano, ha mani grosse, vaste, un timbro della voce e un linguaggio del corpo da grande parroco che non farà una eminente carriera curiale, non avrà la porpora, le sottigliezze del Concistoro e i modi cardinalizi non sono per lui, la sua Chiesa sa di farina manzoniana più che di ideologia del religioso. Lo incontrai qualche tempo fa a Milano e mi fece una bella impressione. Confermata fino in fondo dall’omelia davanti al feretro di Silvio Berlusconi in Duomo.

Speravo in un happy ending hollywoodiano per il mio amato statista e cabarettista, e ne scrivevo di continuo fiducioso che la beatificazione fosse iscritta nel suo destino personale. Non ne ho mai dubitato, nemmeno quando lo condannarono per frode fiscale, risibile pretesto di ingiustizia piccina, e lo mandarono a assistere i vecchi di Cesano Boscone. Nemmeno quando pedinato, origliato, inquisito temerariamente per attentato al comune senso del pudore, dové ricorrere a quella stupenda finzione, veramente immortale, della nipote di Mubarak, per sottrarre alle grinfie della buoncostume una sua amichetta compromessa o incastrata dai suoi rapporti lap dance con un uomo di stato e affetta, a dire del magistrato torquemadesco, da furbizia levantina. Nemmeno quando lo cacciarono con ignominia dal Senato in cui ritornerà nel seno di una maggioranza politica da lui creata tanti anni fa, e fu tradito per trenta denari da tanti spettatori del suo funerale. Ma le parole di Delpini vanno molto oltre la sapienza della Chiesa conoscitrice dei peccati e della misericordia.

L’arcivescovo ha impartito una lezione indimenticabile alla piccineria del moralismo meschino, alle chiacchiere a vanvera dei cristiani adulti, sicuri di sé, orgogliosi e insuperbiti dalla fedeltà a codici privi di senso di fronte al mistero pasquale di una passione e morte, cioè all’essenza della vita di chiunque. Era un uomo d’affari compromesso dal sistema in cui operava, un Don Giovanni impenitente dai modi sdrucciolevoli ma sempre gentili, un politico di genio e di successo che ha conosciuto l’onta della sconfitta e della disfatta, e in quanto personaggio pubblico e profeta dell’immagine non era a posto con la virtù. Delpini non ha fatto allusioni, ha dipinto un perfetto ritratto. Vero è che una virtù l’aveva, e le parole forti di un sacerdote fortissimo l’hanno nominata con coraggio e illustrata sotto la Madonnina: era un uomo contento, una macchina desiderante che cercava ardentemente la felicità, anche nelle feste citate con sprezzo del pericolo conformista dal suo parroco cerimoniere dell’ultimissima ora mondana.

Le lugubri giornate del moralismo piccino piccino, del pregiudizio portato all’estremo limite della miseria mentale, della frustrazione e dell’invidia per una incomprensibile vitalità, per un momento mi avevano fatto disperare, rintanato dov’ero e come molti addolorato. Ma era solo un’esibizione grottesca di tigna ribalda, era un birignao televisivo per un’opinione ingrugnita e delatoria, niente che potesse davvero cancellare una verità nascosta, quasi indicibile, che una bella omelia di carattere e di spirito grande poteva riscattare in modo così aperto, con un tono da romanzo popolare, con una trama che avrebbe potuto circolare nella processione del cardinale Federigo, sotto il suo occhio “grave e vivace” che allontanava la peste anticipando la pioggia. Quando di un uomo si dice che era contento, che voleva essere considerato fonte di felicità, che agiva su un impulso di gratificazione per sé e per gli altri, ma che ha conosciuto anche lui lo smarrimento e il declino della gioia e del corpo, quando la rassegna dei fatti si sottopone alle leggi dell’immaginazione cristiana, e alla regola aurea del perdono, il più del bello e del beato è fatto, e non resta che sorridere delle cattiverie senza grazia.

——————————————————–

L’equilibrio e la serenità di Flavia Franzoni

L’incontro della liceale con Prodi e la vita intera con lui. La fede, il lavoro. Un ricordo

di Franco Prodi

da Il Foglio – 16 giugno 2023 

https://www.ilfoglio.it/cronaca/2023/06/16/news/l-equilibrio-e-la-serenita-di-flavia-franzoni-un-ricordo-5393700/

Caro Claudio, mi chiedi di parlare di Flavia, in questo momento nel quale siamo ancora storditi per una perdita così improvvisa, per un passaggio, così letteralmente vissuto, da una viva presenza a un “perir dalla terra, e venir meno ad ogni usata, amante compagnia”. Subito volevo risponderti di no, che non me la sentivo proprio. Poi ho pensato: perché non provare a comunicare anche agli altri, qualsiasi sia l’età del lettore, la freschezza di quegli anni nei quali Flavia e Romano si sono incontrati? E poi anche richiamare quel raro esempio di creatività di coppia, con graduale passaggio da un affettuoso tutoraggio, garantito da una differenza d’età che in giovane età conta assai, verso una pariteticità autentica di aiuto reciproco nello scorrere di una vita, che trasformava Romano da brillante giovane professore di economia a statista di livello mondiale, chiamato, dal mio parziale punto di vista, a risolvere questioni che riguardano l’intera umanità.

Devi pensare a cosa era la Reggio della fine anni 50, inizio 60, a un mondo cattolico vivacissimo, permeabile e comunicante a tutti i livelli, dalle parrocchie all’associazionismo universitario, ai circolo dei laureati cattolici, pieno di fervorose iniziative, aperto alla politica nella sua vocazione più alta di cooperazione al bene comune, e nella tradizione di una città che ha visto lotte politiche forti sulla scia di una guerra civile lacerante. C’erano grandi figure di educatori sacerdoti, in una Reggio che ha avuto “quasi santi” come don Dino Torreggiani, don Prandi, don “Pippo” Dossetti. Una Chiesa che considerava proprio compito anche l’educazione dei giovani ai sentimenti, nella quale la parola pudore non era totalmente scomparsa dal vocabolario. Una Reggio nella quale il giovane “don Camillo” Ruini, ora cardinale, ci teneva conversazioni su Karl Rahner e Hans Küng, e fu lui a celebrare il matrimonio di Romano e Flavia.

Devi pensare a San Pietro, una delle parrocchie del centro, nella quale si cresceva certo separati ragazzi e ragazze ma nella quale a noi un po’ più grandi venivano a volte richiesti, dalle formatrici delle ragazze, piccoli seminari e contributi a discussioni su vari temi, sia religiosi che posti dalla società civile. Romano era molto richiesto, e anch’io facevo il possibile per parlare a questi incontri. Tu sai che io e Romano siamo cresciuti assieme, con soli due anni di differenza, io più giovane ma ultimi, noi due, nella sequenza dei nove, sette fratelli e due sorelle. Ricordo ancora quel gruppetto di incantevoli ragazze che entravano nella giovinezza, i loro nomi: Ivana, Maria, Gabriella… e Flavia, mora dai grandi occhi.

Negli anni in cui si innamorarono, Flavia finiva il liceo e Romano, già laureato alla Cattolica, aveva completato gli studi giuridici con quelli di economia alla London School of Economics. Allora Romano guidò le scelte di Flavia della facoltà università, ma ciò che poi è seguito era già scritto tutto in quegli anni. Della crescita di Flavia nello studio della dinamica della società, nei problemi del welfare, nelle problemi dell’allora nascente terzo settore che già allora vedeva la luce, hanno parlato altri in questi giorni, una crescita che sarebbe sfociata nella docenza universitaria e nelle scuole di formazione delle assistenti sociali.

Vorrei sottolineare invece l’apporto che via via si mosse nell’altra direzione, da Flavia a Romano, nella disamina dei problemi che la crescita del paese poneva, mano a mano che aumentavano le responsabilità stesse di Romano nella vita del paese. E qui si avvertivano l’equilibrio e la serenità di Flavia nello scomporre ogni problema nelle sue sfaccettature, nel suggerire punti di vista diversi, e soluzioni, in uno scambio continuo. Quindi un apporto discreto ma importantissimo, mai riducibile a un ruolo da first lady, che le era del tutto estraneo.

Le stesse doti personali mostrava sul piano della famiglia: la sua, con figli e nipoti, e quella “grande” di noi fratelli, figli nipoti e pronipoti, nei troppo brevi ma importantissimi soggiorni estivi a Bebbio. Equilibrio, apertura verso il nuovo, verso le problematiche delle nuove generazioni. Una conseguenza naturale di quella educazione cattolica e di quella fede vissuta nella condivisione dei problemi degli altri, che era già in nuce in quegli anni giovanili che ho ricordato. I consigli di Flavia ai giovani nipoti e nipotine non sono mai mancati.

Pochi giorni fa io e Laura eravamo in visita a mia sorella Fosca che abita nell’appartamento sottostante a Flavia e Romano. Flavia è scesa con noi e ci parlava del cammino che avrebbe fatto, verso Assisi, organizzato in modo che non fosse faticoso per lei, che viveva i problemi al cuore – che sapeva di avere – con serena accettazione. Ci parlava dei bei momenti che avrebbe vissuto con Romano e gli amici, come in altre analoghe occasioni. Ci ha lasciato così, in cammino.

Tag:Flavia Franzoni, Mario Delpini, Romano Prodi, Silvio Berlusconi

  • Condividi
piergiorgio

Articolo precedente

Don Milani oltre i luoghi comuni
18 Giugno 2023

Prossimo articolo

Infinite cose sorpassano la ragione, i 400 anni di Pascal
25 Giugno 2023

Ti potrebbe interessare anche

Sulle tracce del vero Natale leggendo Gramsci
20 Dicembre, 2025

È dedicata al Natale la nostra newsletter di oggi, l’ultima di questo 2025 ormai agli sgoccioli. Nella distrazione generale in cui siamo immersi forse non facciamo neppure più caso al fatto che gli anni stessi si contano a partire dall’avvenimento storico della nascita di Gesù a Betlemme. Uno spartiacque decisivo di cui, dopo oltre due millenni, godiamo ancora i frutti senza rendercene conto. La sfida del Natale, anno dopo anno, è dunque a misurarsi con questo fatto storico. Qualcosa di completamente diverso da un’effusione di buoni sentimenti o dalla frenetica corsa consumistica a cui viene invece spesso ridotto il Natale. Proprio pochi giorni fa Papa Leone parlando ai pellegrini francesi ha invitato «a non lasciarci prendere da un frenetico attivismo nei preparativi della festa, che finiremmo per vivere in modo superficiale e che lascerebbe spazio alla delusione. Prendiamoci invece il tempo di rendere il nostro cuore attento e vigile nell’attesa di Gesù, affinché la sua presenza amorevole diventi per sempre il tesoro della nostra vita e del nostro cuore». Sulla provocazione alla nostra vita che la nascita di Gesù rappresenta vogliamo proporvi la lettura di un articolo di don Luigi Giussani, pubblicato su Repubblica in occasione del Natale del 1997. Singolare l’esordio: vengono citate e commentate alcune righe di Antonio Gramsci, il fondatore del Partito Comunista, che metteva in guardia dai rischi di una «svalutazione del passato» nella quale «è implicita una giustificazione della nullità del presente». Per Giussani Gramsci «dice il vero: la grande alternativa per la vita di un uomo e di un popolo è, infatti, tra ideologia e tradizione». La rimozione continua del vero senso del Natale a cui assistiamo oggi e la sua sostituzione con simboli vuoti basati sul consumo e sul bisogno di evadere, documentano questa volontà di cancellare il passato, la tradizione che ci è stata consegnata. Tradizione, beninteso, che non ha nulla a che vedere con il tradizionalismo, che è un attaccamento ideologico a un passato che non esiste più e che si vorrebbe vanamente riesumare. «Chi pretendesse di distruggere il passato per una affermazione presuntuosa di se stesso non amerebbe né l’uomo né la sua ragione – scrive Giussani -. E, infatti, un presente così ridotto finisce in “nulla” (nichilismo), cedendo l’uomo alla tentazione di credere che la realtà non esista. E questo è come un veleno instillato nelle vene dell’uomo dal padre della menzogna: una volontà di negare l’evidenza che qualcosa c’è». Eppure l’uomo, continua l’articolo, «non può negare l’evidenza di un impeto irriducibile che costituisce il suo cuore come tensione a una pienezza, a una perfezione o soddisfazione». È a questo uomo che «ora, proprio dal passato giunge una notizia: il Mistero, ciò che i popoli chiamano “Dio”, ha voluto comunicarsi a tutti gli uomini come un uomo, dentro un pezzo di tutta la realtà. Noi sappiamo – sottolinea Giussani – quanto gli uomini del nostro tempo cerchino anche inconsapevolmente un luogo in cui riposare e vivere rapporti in pace, cioè riscattati dalla menzogna, dalla violenza e dal nulla in cui tutto tenderebbe altrimenti a finire. Il Natale è la buona notizia che questo luogo c’è, non nel cielo di un sogno, ma nella terra di una realtà carnale».

Benigni e il fascino di un’umanità più vera
13 Dicembre, 2025

Mercoledì sera la Rai ha mandato in onda il monologo di Roberto Benigni «Pietro, un uomo nel vento». Un racconto travolgente della storia dell’apostolo Pietro e del suo incontro con Gesù. «Le cose più importanti della vita non si apprendono e non si insegnano, si incontrano», ha detto Benigni. Un racconto non fatto da un uomo di chiesa, ma da una persona come il comico toscano visibilmente affascinato da quella storia, con una forza di immedesimazione che non può non sorprendere. Su questo vi invitiamo a leggere l’articolo di Lucio Brunelli pubblicato su Avvenire che insieme al caso di Benigni ricorda anche quello dello scrittore spagnolo Javier Cercas che ha raccontato in un libro bellissimo, «Il folle di Dio alla fine del mondo» (lo avevamo segnalato fra le nostre proposte di lettura la scorsa estate), il suo viaggio con Papa Francesco in Mongolia. Benigni e Cercas, «due artisti dalla biografia totalmente estranea al mondo ecclesiale», i cui racconti sinceri «toccano la mente e il cuore, aprono a una domanda». «Il commovente monologo del premio Oscar, Benigni, e il sorprendente romanzo di Cercas – continua Brunelli – si spiegano con l’innata genialità di questi due artisti e con la fantasia della Grazia, che opera come vuole, quando vuole e in chi vuole. Sono al contempo anche il frutto di una mutata immagine della Chiesa nella considerazione pubblica. C’è forse meno pregiudizio, più simpatia, più disponibilità all’ascolto». Soprattutto si presagisce il fascino di un’umanità più vera. L’annuncio del Natale ormai vicino risponde a questa attesa di verità, di bellezza, di felicità che è nel cuore di ogni uomo a patto di essere leali con se stessi. Quel Natale che oggi appare spesso soffocato da una quantità di orpelli inutili, da noiosi riti consumistici, da evasione e distrazione di massa, da un intrattenimento vuoto e stordente. Eppure dissotterrare l’attesa profonda che è in noi, riportarla in primo piano, è il primo passo per farsi sorprendere da qualcosa che sia veramente attraente, all’altezza del desiderio infinito della nostra umanità.

Messaggi dal viaggio di Leone in Turchia e Libano
6 Dicembre, 2025

Martedì 2 dicembre si è concluso il viaggio di Leone XIV in Turchia e in Libano, il primo del nuovo papa. Un viaggio carico di significati, spesso del tutto ignorati nei servizi dei telegiornali e nei resoconti di molti quotidiani. Significati su cui vogliamo invece soffermarci nella nostra newsletter di oggi proponendovi la lettura di due articoli. Il primo tratto da il Foglio è dedicato alla tappa del papa a Nicea, sulle rovine dell’antica basilica, a 1700 anni dal concilio che là definì il Credo che ancora oggi viene recitato ogni domenica nella messa. Stabilì un punto fermo sconfessando le posizioni ariane che negavano la natura divina di Gesù. Ma, ha sottolineato papa Leone, «se Dio non si è fatto uomo, come possono i mortali partecipare alla sua vita immortale? Questo era in gioco a Nicea ed è in gioco oggi: la fede nel Dio che, in Gesù Cristo, si è fatto come noi per renderci partecipi della natura divina». Non è una questione che riguarda secoli molto lontani. Il papa ha parlato infatti del rischio di un arianesimo di ritorno quando Gesù viene ridotto a una sorta di «leader carismatico o di superuomo». Il secondo articolo, di Andrea Tornielli dal sito Vatican News, riguarda la parte libanese del viaggio papale. Il Libano, caso unico nel Medio Oriente tormentato da guerre e terrorismo, da lacerazioni profonde e da contrapposizioni radicali, è un paese in cui ancora oggi convivono fedi diverse. È un segno che non è inevitabile arrendersi alla guerra e all’odio. È un paese che documenta concretamente che ci sono le condizioni, sia pur tra mille difficoltà, per affermare la pace.

Cerca

Categorie

  • Fissiamo il Pensiero
  • I nostri incontri
    • I nostri incontri – 2015
    • I nostri incontri – 2016
    • I nostri incontri – 2017
    • I nostri incontri – 2018
    • I nostri incontri – 2019
    • I nostri incontri – 2021
    • I nostri incontri – 2022
    • I nostri incontri – 2023
    • I nostri incontri – 2024
    • I nostri incontri – 2025
  • Mese Letterario
    • 2010 – I Edizione
    • 2011 – II Edizione
    • 2012 – III Edizione
    • 2013 – IV Edizione
    • 2014 – V Edizione
    • 2015 – VI Edizione
    • 2016 – VII Edizione
    • 2017 – VIII Edizione
    • 2018 – IX Edizione
    • 2019 – X Edizione
    • 2021 – XI Edizione
    • 2023 – XIII Edizione
    • 2024 – XIV Edizione
    • 2025 – XV Edizione
  • Scuola San Benedetto – edizioni passate
  • Tutti gli articoli

Education WordPress Theme by ThimPress. Powered by WordPress.

VUOI SOSTENERCI?

Siamo una fondazione che ha scelto di finanziarsi con il libero contributo di chi ne apprezza l’attività

Voglio fare una donazione
Borgo Wührer, 119 - 25123 Brescia
info@fondazionesanbenedetto.it

Resta sempre aggiornato

Iscriviti subito alla nostra newsletter per non perderti le attività e gli eventi organizzati dalla Fondazione San Benedetto.

Iscriviti

Sito Web sviluppato da Nida's - Nati con la crisi.

Copyright © Fondazione San Benedetto Educazione e Sviluppo

Mappa del sito | Privacy Policy | Cookie Policy

Sito Web sviluppato da Nida's - Nati con la crisi.

Privacy Policy | Cookie Policy