• Chi siamo
  • Attività
  • Video
  • Archivio
  • Sostienici
  • Statuto
  • Organi
  • Contatti
Email:
[email protected]
Fondazione San BenedettoFondazione San Benedetto
  • Chi siamo
  • Attività
  • Video
  • Archivio
  • Sostienici
  • Statuto
  • Organi
  • Contatti

Fissiamo il Pensiero

  • Home
  • Fissiamo il Pensiero
  • Vita, morte, corpi, anime e aldilà, dialogo con Ruini

Vita, morte, corpi, anime e aldilà, dialogo con Ruini

  • Data 5 Luglio 2024

Il pensiero della morte e cosa c’è dopo, l’anima e la resurrezione dei corpi, il Paradiso e l’Inferno, la presenza del male e la speranza. Argomenti di cui normalmente si evita accuratamente di parlare. Sono i temi affrontati invece in un’ampia conversazione a tutto campo tra il vicedirettore del Corriere Antonio Polito e il cardinale Camillo Ruini, recentemente pubblicata sul settimanale Sette.

Il cardinale Camillo Ruini, 93 anni

Invitandovi a leggerla con attenzione, vi anticipiamo questa risposta di Ruini al giornalista che gli chiede come spiegare, se la promessa di una vita eterna rende certamente migliore anche la vita terrena, il declino della fede cattolica in Occidente: «Sa, la speranza è un bene se qualcuno ci crede… Per la cultura europea, Feuerbach, Nietzsche, Marx, è invece un’illusione. Per loro l’umanesimo è ciò che l’uomo può realizzare con le sue forze limitate. Eppure noi siamo animati da un desiderio illimitato di infinitezza e di conoscenza. È un desiderio naturale e se un desiderio è naturale non può essere vano. Quello che sta accadendo in Europa – continua Ruini – è il declino della speranza. Così si torna al paganesimo, a una società meno fiduciosa in sé stessa, e dunque meno capace di grandi imprese. E che ha ripreso a credere negli idoli: quanti ne vediamo di nuovo in giro di questi tempi!»


«La morte mi fa un po’ paura, ma prevale la fiducia»

di Antonio Polito

da Sette – 22 giugno 2024

«Sì, certo che ci penso. Ci penso sempre più spesso. Ho 93 anni, e sono un tipo realista: vuole che non pensi alla morte? Diciamo che quel pensiero si è fatto per me “esistenzialmente rilevante”». Il cardinale Camillo Ruini accetta di parlare di uno dei suoi argomenti preferiti. Anche dal punto di vista teologico, visto che gli ha dedicato un libro, intitolato C’è un dopo?. Dove il punto interrogativo è un po’ la summa dell’approccio razionale di questo sacerdote, per sedici anni a capo dei vescovi italiani: tanto fermo nella sua fede, quanto aperto al dubbio altrui.

Gli chiedo che cosa pensa che succeda, esattamente, quando si muore. «Al momento della morte (che oggi, secondo le convenzioni mediche, è fissato nella fine irreversibile dell’attività cerebrale) accade la separazione dell’anima dal corpo». Per la fede cristiana, mi spiega, questo è un fatto reale, concreto. «Cambia tutto per l’essere umano. L’anima infatti non esaurisce l’uomo. L’uomo e la donna sono un insieme di anima e corpo. Senza corpo, l’anima entra dunque in un’altra esistenza».

E che cosa vede, quest’anima, nel momento in cui chiudiamo gli occhi?

«La verità è che non lo sappiamo. Abbiamo testimonianze di persone, oggetto di studi scientifici, che hanno conosciuto esperienze di morte imminente o di grande vicinanza alla morte per poi sopravvivere, e convergono verso un certo tipo di racconto che ho riassunto nel mio libro: l’ammalato può udire il medico che lo dichiara morto, poi ha la sensazione di entrare in un tunnel lungo e oscuro; quindi improvvisamente si ritrova fuori dal proprio corpo, che ora può vedere dall’esterno e dall’alto, insieme ai medici e infermieri che lavorano su di esso. Scopre così di possedere un altro corpo, molto diverso da quello fisico che ha abbandonato, e dotato di facoltà nuove. Gli si fanno incontro altri defunti, in particolare parenti e amici che lo aiutano, e soprattutto gli appare un essere di luce, uno spirito d’amore che gli fa rivivere gli avvenimenti più importanti della sua esistenza. A un tratto si trova vicino a un confine che sembra essere quello tra la vita terrena e l’altra vita. Sente di dover tornare sulla terra perché non è ancora arrivato per lui il momento della morte, tenta di opporsi perché è ormai affascinato dall’altra vita, ma si riunisce in qualche modo al proprio corpo fisico e torna in questo mondo. Sono racconti che hanno somiglianze con quelli di grandi mistiche come Caterina da Siena e anche con quello di Er, l’uomo che Platone diceva fosse risuscitato e avesse narrato ciò che la sua anima aveva visto. Ma ogni descrizione non può essere che una fantasia, nel senso che non è sostenibile dal punto di vista della ragione. Non si possono fare reportage sul “dopo”. Un celebre filosofo, Ludwig Wittgenstein, ha scritto che la morte non è un evento della vita, la morte non si vive».

Allora le chiedo quale sia la sua personale “fantasia”: che cosa si aspetta di vedere quando chiuderà gli occhi?

«Un incontro con Dio. Quando l’anima si separerà dal corpo mi troverò in presenza di Dio, che è insieme giustizia e grazia».

La predicazione della Chiesa, che in un passato non lontano aveva nella morte e nel dopo il suo cavallo di battaglia, da qualche decennio tende a parlarne solo marginalmente, di solito ai funerali, e non sempre trovando le parole giuste per indagarne il senso. Sembra quasi che anch’essa partecipi a quell’opera di “decostruzione”, di “rimozione” della morte di cui parla Ruini nel suo libro. Quasi fosse diventata un tabù anche per la fede, così come lo è ormai nel discorso laico. La morte è diventata pornografica: se nella società vittoriana l’osceno era la sessualità, il nostro tempo ha capovolto i termini, ora si può parlare tranquillamente di sesso ma si preferisce tacere della morte. Tanto più, perciò, vale la pena conversarne con un sacerdote che invece non ne ha paura.

«Oddio, un po’ di paura ce l’ho. Chiunque ce l’ha. Ma in me prevale un sentimento di fiducia nella misericordia di Dio. Insomma, è Lui che ci ha amati per primo, c’è da fidarsi. Più che paura, provo pentimento. Non solo per i peccati commessi, ma perché so di non avere completamente donato me stesso e la mia vita agli altri. Ho condiviso un difetto tipico degli intellettuali, quello di volermi tenere un po’ di spazio per me, per le idee, per i libri. Ho finito per occuparmi forse più della comunità che delle persone. Anche se mi rincuora l’affetto di tanti (ex) ragazzi che ho conosciuto da prete e che hanno abbracciato la fede cristiana. Dunque, prego. Ora e nell’ora della nostra morte».

Torniamo un attimo all’anima: l’abbiamo lasciata sola, privata del corpo, alla presenza di Dio. Per la Chiesa l’anima è immortale: allora che bisogno c’è della resurrezione del corpo?

«Buona domanda. Sono i due cardini dell’aldilà cristiano, l’immortalità dell’anima e la resurrezione dei corpi. Anche se il secondo è andato perdendo rilievo a causa del prolungarsi del tempo: i primi cristiani credevano che la fine della storia, il ritorno di Cristo e il giudizio universale sarebbero arrivati presto, forse nel corso della loro stessa vita. Si trattò comunque della più grande rivoluzione introdotta nel mondo antico dal cristianesimo: la speranza in una vita eterna. Il concetto di immortalità dell’anima era sì presente nella cultura del tempo. Ma fino a Platone, che nel dialogo Il Fedone ci presenta un’anima vitale, eterna, per i greci essa era povera cosa. L’Ade era un buco nella terra dove l’anima conduceva una grigia esistenza larvale, non molto diversamente da ciò che si immaginava avvenisse nello “sheol” degli ebrei. Una esistenza-non esistenza. Il mondo pagano era insomma caratterizzato da una forte mancanza di speranza. Ma il cristianesimo aggiunge all’immortalità dell’anima la certezza della sua ricongiunzione con il corpo, e dunque la speranza di restaurare così quella profonda integrazione che sola può realizzare pienamente gli esseri umani. La nostra stessa intelligenza ha bisogno di procedere per immagini fisiche anche quando compie la più intellettuale delle astrazioni. Fino alla resurrezione, perciò, l’anima si trova in una condizione innaturale. Come un pinguino all’Equatore».

Mi scusi eminenza, ma allora pure le anime che vanno in Paradiso non sono pienamente felici senza un corpo?

«Sono enormemente felici, perché vedono Dio; ma anche per loro la resurrezione comporta un progresso, ritrovano la loro pienezza».

Accettare l’idea dell’immortalità dell’anima è facile per un credente; pensare che con la morte finisca tutto è intollerabile anche per molti atei. Ma ammetterà che la resurrezione dei corpi è davvero difficile da credere…

«Io sono anche più pessimista di lei: temo che molti cattolici non credano affatto nell’aldilà. La resurrezione è rimasta più nella liturgia che nella vita reale dei cristiani. Su questo anche il mondo giudaico all’epoca di Cristo era spaccato: i Sadducei non ci credevano, rimanevano fermi al Pentateuco, i primi cinque libri della Bibbia. I Farisei invece ci credevano. È stato Gesù a dare una svolta attribuendo, secondo il racconto dei Vangeli, un peso enorme all’aldilà. Scrive Paolo: “Se noi speriamo in Cristo solo in questa vita, siamo i più miserabili di tutti gli uomini”».

E fu un’idea di indiscutibile successo: nel giro di pochi secoli trasformò una piccola setta ebraica nella più diffusa religione dell’Impero. Ma l’Inferno? Lei crede davvero che ci sia qualcuno laggiù?

«Sì, ci credo, e oggi molto più di un tempo. Per due ragioni: la prima è l’insistenza di Gesù. Anche se il Vangelo è la “buona notizia” della salvezza, più volte vi si prospetta la punizione eterna per chi segue il male. La seconda ragione è un episodio che riguarda la vita di Giovanni Paolo II. Un giorno il pontefice usò una frase che sembrava accettare la teoria del teologo von Balthasar, il quale aveva detto di augurarsi che l’Inferno fosse vuoto. Più tardi, però, il cardinal Re mi riferì che Wojtyla non si riconosceva in quell’ambiguità e aveva chiesto alla Curia di non citare mai quella sua espressione perché in realtà l’Inferno esiste ed è popolato».

E che succede all’Inferno?

«In Matteo è scritto “fuoco, pianto e stridor di denti”. Un dolore concreto, insomma, non figurato. Gesù dice: “Andate via da me maledetti, nel fuoco eterno…”. Un linguaggio così forte che non lascia spazio a dubbi: oggi nessun prete direbbe “maledetti” a chicchessia, l’ultimo che ho sentito esprimersi con tale energia fu Padre Pio. In termini meno crudi potremmo dire che la punizione per chi va all’Inferno è perdere per sempre la visione di Dio, e dunque il senso stesso della vita, che diventa così disperata, senza speranza».

E i poveri bambini non battezzati?

«Qui c’è stato un grande cambiamento nell’insegnamento della Chiesa. Sant’Agostino metteva nella “massa dannata” anche i bimbi non liberati col battesimo dal peccato originale, pur prevedendo per loro una pena mitissima. Nel Medioevo si è poi diffusa l’idea del limbo, un luogo in cui non si soffre. Anzi, due limbi: uno “puerorum” per i bambini, e uno “patrum” per i patriarchi, i profeti, i giusti dell’Antica Alleanza, vissuti prima della nascita di Cristo e dunque privi della Via per la salvezza. Ma oggi la Commissione teologica internazionale, presieduta dal Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, sostiene che è ragionevole ritenere, per analogia, che, come Dio ama e salva i peccatori, ancor più si possa sperare che anche i bambini, personalmente innocenti, possano salvarsi».

Tragica, la dottrina del peccato originale: mette l’essere umano sotto una luce odiosa fin dalla nascita…

«È un dogma. Come diceva Pascal è il mistero più incomprensibile di tutti, grazie al quale però noi diventiamo comprensibili a noi stessi. Non le sembra molto aderente alla realtà l’idea che gli uomini abbiano una tendenza al peccato? Empiricamente, mi sembra davvero difficile da negare. La “concupiscenza”, intendendo con questo termine una generale inclinazione verso il male che è proprio il segno del peccato originale, è l’altra faccia del libero arbitrio dell’uomo».

Ma Dio avrebbe potuto impedire l’esistenza del male…

«Avrebbe potuto. Ma non si può dire che avrebbe dovuto, perché anche Dio è libero. Può, non deve. Sta a noi comprendere. E a me pare che con il progredire delle scienze stiamo sempre più scoprendo l’intelligibilità del Creato, l’alfabeto in cui è scritto. Benedetto XVI si chiedeva: questa intellegibilità è solo un epifenomeno della materia, o non è piuttosto qualcosa di originario, preesistente all’uomo? Molte cose ci sono chiare: per esempio, è incontestabile che nel feto ci sia vita. Poi ciascuno è libero di trarne le conclusioni morali che preferisce. Ma il fatto è innegabile».

Paolo invita i credenti a non affliggersi “come gli altri che non hanno speranza”. La promessa di una vita eterna rende certamente migliore anche la vita terrena, Ma allora come spiegare il declino della fede cattolica in Occidente?

«Sa, la speranza è un bene se qualcuno ci crede… Per la cultura europea, Feuerbach, Freud, Nietzsche, Marx, è invece un’illusione. Per loro l’umanesimo è ciò che l’uomo può realizzare con le sue forze limitate. Eppure noi siamo animati da un desiderio illimitato di infinitezza e di conoscenza. È un desiderio naturale e se un desiderio è naturale non può essere vano. Quello che sta accadendo in Europa è il declino della speranza. Così si torna al paganesimo, a una società meno fiduciosa in sé stessa, e dunque meno capace di grandi imprese. E che ha ripreso a credere negli idoli: quanti ne vediamo di nuovo in giro di questi tempi!».

Sta pensando all’Italia di oggi?

«Da questo punto di vista l’talia non è dissimile da molti altri Paesi europei. Colpa anche nostra, della Chiesa intendo. Non possiamo tirarci fuori: abbiamo un po’ subito la concorrenza, per così dire. Non abbiamo contrastato abbastanza i nostri avversari sul piano delle idee. Prima del Concilio, seppure tra debolezze e settarismi, c’era ancora uno sforzo per affermare la verità della fede. Con il Concilio si è cercato giustamente di ridurre il fossato con i non credenti, ma ci si è forse illusi che quel fossato fosse più piccolo di quanto non sia, e che dall’altra parte ci fosse la stessa intenzione di saltarlo. Abbiamo abbassato la guardia, ci siamo mostrati indifesi. Soprattutto quando nella teologia sono stati introiettati principi che erano incompatibili con la fede cristiana».

Mi fa un esempio?

«Per favorire il dialogo interreligioso abbiamo accettato l’idea che Cristo possa non essere l’unica via per la salvezza. Quando Giovanni Paolo II nel 2000 affermò l’unicità del Salvatore venne contestato, si scrisse che quelle erano idee di Ratzinger, non sue. Ma fu proprio il Papa a chiedere al cardinale, che sarebbe poi diventato il suo successore con il nome di Benedetto XVI, di scrivere per lui una formulazione chiara e senza equivoci: intendeva pronunciarla all’Angelus per porre fine a ogni dubbio. Dopo averla letta chiese a Ratzinger un’ultima volta: “Questo testo è abbastanza chiaro, metterà fine ai cavilli?”. E invece non appena lo pronunciò ripresero a cavillare».

Camillo Ruini è stato considerato, alla guida della Cei, anche un fine politico. Che giudizio dà della politica italiana di oggi?

«Non può vivere solo della dialettica amico-nemico. Ci sono principi non negoziabili: l’amore del prossimo, la famiglia, la vita… C’è un comandamento chiaro che dice “non ammazzare”. Una parte della politica li difende ancora, ma la pressione culturale è enorme».

La nostra conversazione dura da un’ora. Il cardinale mi deve lasciare. Da un anno circa è costretto su una sedia a rotelle. Sta bene, la sua lucidità è impressionante in un uomo della sua età, cita a memoria non solo le Sacre Scritture ma anche i filosofi laici. Al momento sta rileggendo la Summa Theologiae di Tommaso, è arrivato alla “questione 75”, prima parte. Ma ha perso di recente l’autosufficienza, e per farmi un esempio mi dice che non può più prendere da solo un libro su uno scaffale. «Però lei non immagina con quanta rapidità ci si adatti alle privazioni», mi dice salutandomi. E lo prendo come un augurio.

Tag:Antonio Polito, Camillo Ruini

  • Condividi
piergiorgio

Articolo precedente

Thomas ucciso a 16 anni e l’orizzonte del niente
5 Luglio 2024

Prossimo articolo

Perché oggi abbiamo bisogno di San Benedetto
13 Luglio 2024

Ti potrebbe interessare anche

Europa, corpi intermedi e democrazia, una questione vitale
7 Giugno, 2025

Dopo l’incontro del 29 maggio in occasione dei vent’anni della San Benedetto in cui è stato rilanciato il tema dei corpi intermedi e del loro ruolo fondamentale per non svuotare la democrazia, questa settimana vogliamo continuare l’approfondimento proponendovi un intervento pubblicato pochi giorni fa sul Sole 24Ore del rettore dell’Università Cattolica Elena Beccalli. Nell’articolo si mette in evidenza come le formazioni sociali, i corpi intermedi, tutte quelle realtà che fanno della società non una somma di io isolati, anonimi e autosufficienti ma l’articolarsi di soggetti in continua relazione tra di loro, siano uno snodo fondamentale per riuscire a coniugare competitività e solidarietà. Questa è stata la forza (forse oggi un po’ appannata e confusa) del modello europeo anche a livello economico. In Italia questo modello di economia sociale, ricorda Beccalli, ha una storia importante fatta di «mutualismo, comunità, sussidiarietà» che oggi ha bisogno di un nuovo «slancio» creativo per continuare. E così in Europa. In un quadro mondiale sempre più «terremotato», come si può intuire, si tratta di una questione vitale. Su questi temi come fondazione intendiamo lavorare e proporre iniziative nei prossimi mesi.

Grazie per questi vent’anni, la strada continua
31 Maggio, 2025

Giovedì 29 maggio a Brescia, a Palazzo Loggia, si è tenuto l’incontro in occasione dei vent’anni della Fondazione San Benedetto. Il Salone Vanvitelliano gentilmente messo a disposizione dalla sindaca Laura Castelletti, era al completo con una platea attenta che ha seguito per oltre un’ora e mezza il dibattito: prima il discorso del professor Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, poi il racconto di tre giovani cresciuti nella San Benedetto (Laura Ferrari, Matteo Comini e Nicola Aggogeri) e gli interventi dei tre ex sindaci di Brescia Paolo Corsini, Adriano Paroli e Emilio Del Bono e infine le conclusioni di Graziano Tarantini. Tra il pubblico presenti diverse personalità e rappresentanti del territorio a cominciare dal vescovo di Brescia monsignor Tremolada. Nei prossimi giorni sarà online sul nostro sito il video integrale. Oggi, anziché riproporvi un riassunto di quanto è stato detto che, vista la ricchezza di contenuti, sarebbe inevitabilmente incompleto e parziale, vogliamo soffermarci, senza la pretesa di un discorso organico, solo su alcune parole che, nei diversi interventi che si sono succeduti, hanno fatto da filo conduttore dell’incontro e che in qualche modo descrivono anche il percorso compiuto fino a oggi e quello che intendiamo fare. Nulla di autoreferenziale o di celebrativo, ma la condivisione di un percorso aperto a tutti.

I nostri vent’anni di presenza e le sfide di oggi
24 Maggio, 2025

La Fondazione San Benedetto è un tentativo libero e creativo di espressione della dottrina sociale della Chiesa per rispondere ai problemi e alle sfide del presente; quella dottrina sociale che sembra essere stata riscoperta nelle ultime settimane, con l’elezione di Leone XIV. Giovedì 29 maggio alle 17.30, in occasione dei nostri primi vent’anni di presenza, a Palazzo Loggia a Brescia, abbiamo promosso un incontro (i posti, lo ricordiamo, sono esauriti, ma per chi non ha potuto iscriversi nelle prossime settimane sarà disponibile sul nostro sito il video dell’evento) che vuole richiamare l’attenzione sul ruolo dei corpi intermedi nella nostra società. Si tratta di quelle realtà, di quei centri di vita e di azione, che nascono dalla libera aggregazione delle persone come contributo alla costruzione del bene comune in un’ottica di sussidiarietà. Proprio ai corpi intermedi la dottrina sociale della Chiesa ha sempre riservato una particolare attenzione. Non è la riproposizione di principi astratti, ma è l’indicazione di un percorso possibile. In questi primi giorni del suo pontificato, Leone XIV è tornato più volte sulla dottrina sociale, tema che gli è particolarmente caro a cominciare dalla scelta di richiamarsi a Leone XIII, il papa della questione sociale. In un discorso alla Fondazione Centesimus Annus ha chiarito che la dottrina sociale è l’opposto dell’indottrinamento, definito «immorale», che «rifiuta il movimento, il cambiamento o l’evoluzione delle idee di fronte a nuovi problemi». Proprio su tale discorso vi invitiamo a leggere il commento di Giuseppe Frangi, pubblicato sul quotidiano online ilsussidiario.net. Questo è anche il solco in cui come fondazione intendiamo muoverci nel prossimo futuro, in particolare con due sottolineature. Da un lato, oltre che a Brescia, rafforzeremo la nostra presenza anche a Milano (le nostre radici sin dall’inizio sono sempre state bresciane e milanesi), dall’altro lato, concentreremo l’attenzione con iniziative dedicate su due tematiche che riteniamo centrali: il futuro dell’Europa e il rapporto con l’intelligenza artificiale.

Cerca

Categorie

  • Fissiamo il Pensiero
  • I nostri incontri
    • I nostri incontri – 2015
    • I nostri incontri – 2016
    • I nostri incontri – 2017
    • I nostri incontri – 2018
    • I nostri incontri – 2019
    • I nostri incontri – 2021
    • I nostri incontri – 2022
    • I nostri incontri – 2023
    • I nostri incontri – 2024
    • I nostri incontri – 2025
  • Mese Letterario
    • 2010 – I Edizione
    • 2011 – II Edizione
    • 2012 – III Edizione
    • 2013 – IV Edizione
    • 2014 – V Edizione
    • 2015 – VI Edizione
    • 2016 – VII Edizione
    • 2017 – VIII Edizione
    • 2018 – IX Edizione
    • 2019 – X Edizione
    • 2021 – XI Edizione
    • 2023 – XIII Edizione
    • 2024 – XIV Edizione
    • 2025 – XV Edizione
  • Scuola San Benedetto – edizioni passate
  • Tutti gli articoli

Education WordPress Theme by ThimPress. Powered by WordPress.

VUOI SOSTENERCI?

Siamo una fondazione che ha scelto di finanziarsi con il libero contributo di chi ne apprezza l’attività

Voglio fare una donazione
Borgo Wührer, 119 - 25123 Brescia
[email protected]

Resta sempre aggiornato

Iscriviti subito alla nostra newsletter per non perderti le attività e gli eventi organizzati dalla Fondazione San Benedetto.

Iscriviti

Sito Web sviluppato da Nida's - Nati con la crisi.

Copyright © Fondazione San Benedetto Educazione e Sviluppo

Mappa del sito | Privacy Policy | Cookie Policy

Sito Web sviluppato da Nida's - Nati con la crisi.

Privacy Policy | Cookie Policy