Uno sguardo sul mondo che ci riguarda molto da vicino
Questa settimana vogliamo richiamare l’attenzione su quanto sta avvenendo nel mondo attorno a noi perché ci riguarda molto più di quanto a prima vista potrebbe sembrare. Vogliamo offrire soprattutto occasioni e strumenti per conoscere, cercare di comprendere ed essere consapevoli di ciò che accade. Venerdì a Brescia si è tenuto l’incontro sulle elezioni americane del prossimo novembre promosso dalla Fondazione San Benedetto. La sala del Centro Paolo VI era gremita di pubblico che ha seguito con grande partecipazione gli interventi di Marco Bardazzi e Lorenzo Pregliasco. Nei prossimi giorni sarà disponibile online sul nostro sito il video dell’incontro. Il risultato che uscirà dal voto del prossimo 5 novembre si rifletterà inevitabilmente sui rapporti degli Stati Uniti con l’Europa. A seconda che vinca Donald Trump o Kamala Harris le scelte – hanno spiegato i due relatori – potranno essere diverse per esempio per quanto riguarda la guerra in Ucraina o la politica sui dazi, ma è certo che entrambi i candidati guardano sempre di più al Pacifico e alla competizione con la Cina, che a un’Europa avviata verso un progressivo declino. Al momento i sondaggi fotografano una situazione di sostanziale parità, con un leggerissimo vantaggio della Harris, ma il confronto elettorale lascia sempre più pensare – ha sottolineato Pregliasco – a una sfida all’ultimo voto, soprattutto nei cosiddetti «Swing States», i sette Stati (Wisconsin, Michigan, Pennsylvania, Georgia, North Carolina, Nevada, Arizona) ancora incerti che decideranno da che parte penderà la bilancia. Con il rischio anche di un risultato non chiaramente definito – ha detto Bardazzi -, uno scenario da scongiurare in un paese non solo estremamente polarizzato, ma sempre più spaccato. Tanti sono stati comunque i temi della campagna elettorale americana toccati nel corso del dibattito, in modo molto dettagliato e approfondito, per i quali vi rimandiamo al video.
Oltre agli Usa, in questi giorni in Medio Oriente stanno facendosi sentire in modo ancora più preoccupante i venti di guerra con l’allargamento del conflitto al Libano. Una situazione drammatica in cui appare sempre più evidente che la guerra porta solo morte, distruzione e miseria e non può mai essere la soluzione alle controversie. In questo senso è significativa l’esperienza avviata dalla Fondazione Oasis per favorire l’incontro e la conoscenza fra civiltà e culture diverse, in particolare fra cristiani e musulmani. Nel ventennale della sua presenza Oasis giovedì ha promosso a Milano una conferenza internazionale di grande interesse sul tema «Guerra e migrazioni. Ripensare i rapporti tra Occidente e mondo musulmano». È possibile rivederla a questo link. Tra i diversi interventi segnaliamo quello molto interessante del filosofo Massimo Cacciari (nel video a partire da 2 ore 08). In occasione della conferenza il cardinale Angelo Scola (che nel 2004 da patriarca di Venezia aveva promosso la nascita di Oasis) ha pubblicato un articolo sul Corriere della Sera di cui vi proponiamo la lettura. Siamo di fronte a un «mescolamento di popoli, culture e fatti spirituali» e le categorie di «tolleranza» e «integrazione» sono del tutto insufficienti per affrontare la nuova situazione, sottolinea Scola. Intanto il 7 ottobre sarà un anno da quando con l’attacco di Hamas a Israele è iniziata una fase di violenza e di guerra in Terra Santa con tutto quello che ne è seguito, dai bombardamenti su Gaza alla sorte degli ostaggi, fino all’estensione del conflitto al Libano con oltre centomila sfollati. Facciamo perciò nostro l’appello lanciato dal patriarca di Gerusalemme cardinale Pizzaballa perché il 7 ottobre sia una giornata di preghiera, digiuno e penitenza per implorare da Dio la pace e la riconciliazione in tutta la Terra Santa. Insieme sosteniamo e invitiamo a sostenere generosamente la raccolta di aiuti per gli sfollati in Libano promossa dal network Pro Terra Sancta. A questo link trovate tutte le informazioni ed è possibile fare direttamente le donazioni. Come Fondazione San Benedetto continua il nostro impegno a favore delle popolazioni colpite dalla guerra in Medio Oriente che negli ultimi anni ha visto la ricostruzione di una palazzina distrutta dai bombardamenti ad Aleppo in Siria e la realizzazione di un centro per l’accoglienza dei profughi in Libano.
Occidente e Islam, un’Oasis di confronto
di Angelo Scola*
dal Corriere della Sera – 26 settembre 2024
Quando l’avventura di Oasis iniziò a Venezia nel 2004, il nostro obiettivo era innanzitutto quello di favorire uno scambio teologico-culturale tra Chiese europee e Chiese del Medio Oriente, dell’africa e dell’asia. L’arricchimento reciproco che ne sarebbe venuto ci avrebbe aiutato a leggere la variegata realtà dell’islam, facendo soprattutto tesoro dell’esperienza dei cristiani che vivevano a stretto contatto con i fedeli musulmani. Oggi molte delle antiche comunità cristiane mediorientali, penso alla Siria o all’Iraq, sono ridotte al lumicino, mentre un Paese come il Libano, dove i cristiani hanno svolto un ruolo culturale e politico di primo piano, attraversa una crisi forse irreversibile. Ha ancora senso mettere l’accento su questa dimensione? A mio avviso sì, per almeno tre ragioni. In primo luogo, ci sono comunità la cui rilevanza non dipende dalla loro consistenza numerica. La testimonianza — contenuto essenziale della vita cristiana e metodo di ogni dialogo — non è un problema quantitativo. In questi mesi mi ha molto colpito la testimonianza di S.EM. il Card. Pizzaballa, che in mezzo all’immane tragedia del conflitto a Gaza sa trovare parole e gesti per alimentare la speranza della sua gente e non solo. In secondo luogo, non possiamo non interrogarci sul fenomeno delle nuove e vivaci comunità cristiane dei Paesi del Golfo che, per quanto silenziosamente e lentamente, stanno contribuendo a trasformare le società della penisola araba. Infine, anche dove fisicamente i cristiani stanno scomparendo, non bisogna disperdere la memoria di quello che la loro presenza ha significato e prodotto in termini sociali, culturali e artistici.
Insieme all’attenzione per i cristiani d’oriente, da cui è immediatamente scaturita una spinta a conoscere meglio la realtà dell’islam, l’altro fulcro del lavoro di Oasis è stata la riflessione su quello che da subito ho definito «il meticciato di civiltà e culture», inteso non come progetto, bensì come processo in atto di mescolamento di popoli, culture e fatti spirituali. Mi pare che l’urgenza di tale riflessione sia stata non soltanto confermata, ma addirittura acuita dall’attualità, come dimostrano l’imponente fenomeno delle migrazioni internazionali e, almeno in Italia, il ricorrente dibattito sulla riforma della legge sulla cittadinanza. Naturalmente, la categoria del meticciato richiede opportune chiarificazioni, soprattutto quando in gioco c’è l’incontro tra cristiani e musulmani. Come ho avuto occasione di affermare in vari contributi elaborati per Oasis, a interagire ed eventualmente a mescolarsi non sono i nuclei dogmatici di Cristianesimo e Islam, bensì le interpretazioni culturali delle fede che cristiani e musulmani hanno sviluppato e sviluppano nel corso del tempo e alla luce delle circostanze che si trovano a vivere. In questo senso, dicevo in un editoriale della rivista, il meticciato può essere inteso come «un’illuminazione reciproca», cioè «un’oggettiva rilevanza culturale che il Cristianesimo oggi assume per l’islam, e viceversa».
Un terzo aspetto, che ho già citato e mi preme richiamare è quello della testimonianza. Sin dall’inizio del nostro lavoro abbiamo avvertito l’insufficienza di categorie come «tolleranza» o «integrazione», non per quello che esprimono, ma per quel di più d’implicazione personale che non sanno trasmettere. In ogni processo d’incontro, a fare ultimamente la differenza sono infatti l’atteggiamento e il coinvolgimento dei soggetti e quindi la loro auto esposizione testimoniale. In altre parole, la loro libertà. Il profondo travaglio che attraversano oggi le nostre società può essere interpretato anche come una crisi della libertà. In alcuni casi questa è negata, ma in molti altri è distorta o ridotta a una libertà di scelta che non è minimamente all’altezza delle sfide che abbiamo di fronte.
Un’ultima notazione la ricavo dal nome stesso di Oasis. Esso fu adottato per due ragioni. Una è di natura linguistica. Si tratta infatti di un termine di origine egizia, che si ritrova nel copto wah, ed è passato sia nell’arabo al-wàha che nelle lingue indoeuropee, appunto come oasis. La nostra scelta voleva dunque esprimere la possibilità di una comprensione interculturale reciproca. Ma quella dell’oasi è anche l’immagine utilizzata da San Giovanni Paolo II nel suo storico discorso alla moschea omayyade di Damasco. In quell’occasione, il Papa disse che «sia i musulmani sia i cristiani hanno cari i loro luoghi di preghiera, come oasi in cui incontrano il Dio Misericordioso lungo il cammino per la vita eterna, e i loro fratelli e le loro sorelle nel vincolo della religione». Auguro alla Fondazione Oasis di continuare ad essere un luogo d’incontro fecondo, in cui la relazione con Dio diventi sorgente di cultura e principio di vita buona.
* arcivescovo emerito di Milano
Appello da Gerusalemme, la lettera del cardinale Pizzaballa
Carissimi,
il Signore vi dia pace!
Il mese di ottobre si avvicina, e con esso la consapevolezza che da un anno la Terra Santa, e non solo, è stata precipitata in un vortice di violenza e di odio mai visto e mai sperimentato prima. In questi dodici mesi abbiamo assistito a tragedie che per la loro intensità e per il loro impatto hanno lacerato in maniera profonda la nostra coscienza e il nostro senso di umanità.
La violenza, che ha causato e sta causando migliaia di vittime innocenti, ha trovato spazio anche nel linguaggio e nelle azioni politiche e sociali. Ha profondamente colpito il senso di comune appartenenza alla Terra Santa, alla coscienza di essere parte di un disegno della Provvidenza che ci ha voluti qui per costruire insieme il Suo Regno di pace e di giustizia, e non per farne un bacino di odio e di disprezzo, di rifiuto e annientamento reciproco.
In questi mesi ci siamo già espressi chiaramente su quanto sta avvenendo e abbiamo ribadito più volte la nostra condanna di questa guerra insensata e di ciò che l’ha generata, richiamando tutti a fermare questa deriva di violenza, e ad avere il coraggio di individuare altre vie di risoluzione del conflitto in corso, che tengano conto delle esigenze di giustizia, di dignità e di sicurezza per tutti.
Non possiamo che richiamare ancora una volta i governanti e quanti hanno la grave responsabilità delle decisioni in questo contesto, ad un impegno per la giustizia e per il rispetto del diritto di ciascuno alla libertà, alla dignità e alla pace.
Anche noi abbiamo però il dovere di impegnarci per la pace, innanzitutto preservando il nostro cuore da ogni sentimento di odio, e custodendo invece il desiderio di bene per ciascuno. E poi impegnandoci, ognuno nei propri contesti comunitari e nelle forme possibili, a sostenere chi è nel bisogno, aiutare chi si sta spendendo per alleviare le sofferenze di quanti sono colpiti da questa guerra, e promuovere ogni azione di pace, di riconciliazione e di incontro.
Ma abbiamo anche bisogno di pregare, di portare a Dio il nostro dolore e il nostro desiderio di pace. Abbiamo bisogno di convertirci, di fare penitenza, di implorare perdono.
Vi invito, perciò, ad una giornata di preghiera, digiuno e penitenza, per il giorno 7 ottobre prossimo, data diventata simbolica del dramma che stiamo vivendo. Il mese di ottobre è anche il mese mariano e il 7 ottobre celebriamo la memoria di Maria Regina del Rosario.
Ciascuno, con il rosario o nelle forme che riterrà opportune, personalmente ma meglio ancora in comunità, trovi un momento per fermarsi e pregare, e portare al “Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione” (2 Cor 1,3), il nostro desiderio di pace e riconciliazione.
In allegato alla presente troverete una proposta di preghiera, da usare liberamente. Invochiamo l’intercessione di Maria Regina del Rosario per questa Terra amata e i suoi abitanti.
Con l’augurio di ogni bene,
†Pierbattista Card. Pizzaballa
Patriarca di Gerusalemme dei Latini
Preghiera per la pace
Signore Dio nostro,
Padre del Signore Gesù Cristo
e Padre dell’umanità intera,
che nella croce del Tuo Figlio
e mediante il dono della sua stessa vita
a caro prezzo hai voluto distruggere
il muro dell’inimicizia e dell’ostilità
che separa i popoli e ci rende nemici:
manda nei nostri cuori
il dono dello Spirito Santo,
affinché ci purifichi da ogni sentimento
di violenza, di odio e di vendetta,
ci illumini per comprendere
la dignità insopprimibile
di ogni persona umana,
e ci infiammi fino a consumarci
per un mondo pacificato e riconciliato
nella verità e nella giustizia,
nell’amore e nella libertà.
Dio onnipotente ed eterno,
nelle Tue mani sono le speranze degli uomini
e i diritti di ogni popolo:
assisti con la Tua sapienza coloro che ci governano,
perché, con il Tuo aiuto,
diventino sensibili alle sofferenze dei poveri
e di quanti subiscono le conseguenze
della violenza e della guerra;
fa’ che promuovano nella nostra regione
e su tutta la terra
il bene comune e una pace duratura.
Vergine Maria, Madre della speranza,
ottieni il dono della pace
per la Santa Terra che ti ha generato
e per il mondo intero. Amen