Pensieri per l’estate
Piccole perle settimanali tratte dalla lettura dei giornali
19 agosto
Quando l’Italia cantava
Il 23 agosto, faranno quarant’anni esatti che Mina s’è nascosta, ha smesso di fare concerti. L’ultimo fu a Bussoladomani, nel 1978, e oggi sappiamo che non fu una scelta di zucca o di coscienza, tipo l’eremitaggio di Greta Garbo, ma fu una broncopolmonite. Una cosa più banale, diremmo noi ma mica siamo cantanti, però inguaribile come un’incrinatura: non nella voce ma nel cristallo dei pensieri, per un’artista così. Mina continua a cantare, e la sparizione di un senso, la vista, in fin dei conti è soltanto un surplus di magia, per le orecchie. Ma il messaggio dell’anniversario, per noi italiani, è però forse questo, portato su un’altra nota. La Versilia, gli scampoli degli anni Settanta, l’addio senza preavviso di Mina raccontano la cesura di un’Italia, se non spensierata, che però cantava, quando poteva se la spassava, ma soprattutto credeva, o sperava, che prima o poi se la sarebbe spassata. Era quell’Italia là. Poi, siamo arrivati noi.
Maurizio Crippa
Il Foglio
5 agosto
Il manifesto anti selfie di Will Storr
E’ uno dei libri del momento, Selfie: How We Became So Self-Obsessed and What it’s Doing to Us, recensito dai media che contano, dal New Yorker al Financial Times passando per il New York Times. Avvertenza iniziale. Il selfie del titolo non è quello degli attori scattato la notte degli Oscar del 2014. Il libro di Will Storr, giornalista e scrittore inglese, si apre non sulla frivolezza un po’ cretina degli autoscatti, ma sul numero drammatico di suicidi in crescita in occidente. “Il narcisismo oggi è una epidemia, come l’obesità”, scrive Storr. Ma se l’obesità colpisce il fisico, il narcisismo è una pandemia collettiva interiore.
Si è tentati di incolpare strumenti come i social media e gli smartphone per questa epidemia. Will Storr non è di questa tesi e nel suo libro spiega che la tecnologia amplifica soltanto i guasti di una cultura occidentale già molto, troppo volatile. E’ questa idea, ormai dominante nella cultura contemporanea, che le persone hanno bisogno di essere “autentiche” e che dobbiamo entrare in contatto con i “nostri veri sé interiori”.
Storr tratteggia l’avvento di questo “cittadino globale, estroverso, magro, bello, individualista, ottimista, laborioso, socialmente consapevole e altamente stimato con uno slancio imprenditoriale e una fotocamera per i selfie”. E che finisce con l’onanismo, l’autocompiacimento. Il vizio del secolo.
29 luglio
Se la scomparsa di Sergio Marchionne ha colpito a fondo la sensibilità dell’Italia — nazione che di questi tempi ama mostrarsi insensibile, mentendo a se stessa — il motivo è un altro. Forse più semplice, più profondo e più difficile da confessare. Un uomo di successo, ricco e invidiato, se n’è andato di colpo, lasciandosi tutto alle spalle. Ori e stracci: la ricchezza, il successo, l’invidia e l’adulazione. Istintivamente, ci siamo posti una domanda: se tutto è così veloce e drastico, stiamo usando bene la nostra vita? (…) Perché è toccato a Sergio Marchionne ricordarci tutto questo? Perché, secondo gli standard del mondo, aveva moltissimo — potere, notorietà, denaro, ammirazione, il dinamismo della nuova lunga età di mezzo — e a moltissimo ha dovuto rinunciare, improvvisamente. Ci sono casi in cui — per consolare, per consolarci — diciamo che la morte appare come una liberazione. In questo caso, invece, è apparsa come una sottrazione clamorosa. Che ha reso tutti più umili, in un’epoca orgogliosa della sua arroganza. «La fortuna di vivere adesso questo tempo sbandato», cantava Ivano Fossati. Da qualche giorno ne siamo tutti leggermente più consapevoli. E di questo dobbiamo ringraziare quell’anziano ragazzo, col suo eterno pullover.
Beppe Severgnini
Corriere della sera
27 luglio 2018
22 luglio
15 luglio
«Internet è così utile per fornire informazioni, ma questo non basta per pensare. Ed è questo che mi preoccupa, quando non facciamo pensare la gente. E poi c’è il problema della realtà virtuale. Un mio professore di filosofia prima di insegnare i concetti ci faceva passare di mano in mano un sasso. È quello che cerco di fare anche io. È come se volessi dire ai miei studenti: sentite il sole o il vento sulla faccia, e ditemi cosa vedete. Perché non vedono. Non usano i cinque sensi. È un problema serio. E richiede grandi docenti che aiutino a percepire quanto sia bella la realtà, con tutte le sue imperfezioni».
Azar Nafisi
scrittrice iraniana, nata nel 1955, oggi vive negli Stati Uniti
Ha scritto «La repubblica dell’immaginazione» (Adelphi)