Transizione ecologica, riduzione delle emissioni, politiche ambientali, passaggio all’auto elettrica, Green Deal europeo. Su questi temi c’è il rischio di una contrapposizione di generazioni e ceti in una «guerra culturale» tra i pasdaran di un ambientalismo ideologico e i cosiddetti conservatori. Lo scrive in un editoriale sul Corriere della Sera Antonio Polito dopo l’approvazione della nuova legge sul ripristino della natura da parte del Parlamento europeo. Per Polito, che alcuni anni fa è stato ospite a Brescia della Fondazione San Benedetto e che ci ripromettiamo di invitare ancora, i governi sono chiamati a «fare in modo che l’indispensabile transizione ecologica non fallisca, trasformandosi in un aspro e inconcludente conflitto tra Stati, tra popoli, tra cittadini». Un obiettivo che vede in primo piano il ruolo e il futuro dell’Europa. E proprio all’Europa nel prossimo autunno dedicheremo come fondazione un ciclo di incontri di formazione con l’intervento di esperti delle istituzioni europee.
Ha 90 anni e ha visto il mare per la prima volta solo pochi giorni fa. Lo scrittore Ferdinando Camon in un articolo su Avvenire commenta la singolare esperienza di una donna, ospite di una casa di riposo in provincia di Vicenza. In un mondo in cui si viaggia e ci si sposta con estrema facilità vedere il mare sembra una cosa scontata, a cui in fondo si è abituati come ci si abitua a tutto. Per questa anziana diventa invece un’esperienza che «scombussola tutto quello che sai, o meglio che credevi di sapere. Tu sbocchi sull’infinito». E se è così «si può smettere di voler morire». Per desiderare di vivere occorre lo stupore.
I recenti sviluppi della guerra in Ucraina, in particolare sul versante russo, hanno portato alla luce un clamoroso scontro di potere, per ora solo in parte disinnescato. Partendo da queste vicende segnaliamo l’articolo di Antonio Socci su Libero del 26 giugno nel quale si riflette sulla «natura illusoria del potere». Una questione che non coinvolge solo Putin o qualunque altro potente, ma che ultimamente, in diversa misura, può riguardare tutti. Anche ognuno di noi. «Certo – scrive Socci – il potere inebria e può dare un’illusione di forza, perfino di onnipotenza, ma è un delirio a cui non dare credito». Nell’articolo ci sono tre fulminanti citazioni di Leopardi, di Pascal sul destino di Oliver Cromwell e di Benedetto XVI che da sole meritano la lettura.
Il 19 giugno ricorrevano i 400 anni dalla nascita di Blaise Pascal, filosofo e scienziato che, pur essendo vissuto solo 39 anni, ha lasciato un segno indelebile nella storia del pensiero come descrive il profilo che ne ha tracciato il cardinal Gianfranco Ravasi sul Sole 24Ore. Anche Papa Francesco ha voluto ricordare Pascal con una lettera apostolica. Nei suoi “Pensieri”, la sua opera più nota, spicca soprattutto un’idea di ragione che non si chiude su sé stessa, nella propria presunta autosufficienza, ma che si esprime come “stupita apertura alla realtà”. Un’apertura che guarda al sapere e alla conoscenza come a un insieme unitario. Un approccio molto attuale in un’epoca come la nostra nella quale, come sottolinea Edgar Morin, un altro grande del pensiero, c’è invece il rischio di “parcellizzare” la persona, inseguendo il mito di un’iperspecializzazione che “sa solo separare, spezzare il complesso del mondo in frammenti disgiunti”.
Questa settimana è stata segnata da due lutti che hanno coinvolto rappresentanti della vita pubblica del nostro paese: quello per la morte di Silvio Berlusconi e quello per la scomparsa della moglie di Romano Prodi, Flavia Franzoni. Nel primo caso abbiamo apprezzato l’omelia pronunciata al funerale dall’arcivescovo di Milano Mario Delpini. Un testo «poetico», come l’ha definito monsignor Camisasca durante la diretta Rai, fatto di poche frasi nelle quali ogni parola esprime una densità umana che colpisce per la sua verità. Su questo segnaliamo il commento di Giuliano Ferrara apparso sul Foglio. Nel secondo caso, sempre dal Foglio, proponiamo la lettura della lettera di Franco Prodi, fratello di Romano, in ricordo della cognata. Una testimonianza di una vita vissuta in coppia per 54 anni, portando sempre dentro «la freschezza di quegli anni nei quali Flavia e Romano si sono incontrati». Una bellissima storia d’amore che esprime un eroismo della vita quotidiana che oggi viene ritenuto impossibile.
In queste settimane sono state numerose le occasioni per ricordare don Lorenzo Milani nel centenario della sua nascita. Le rappresentazioni banali e scontate, frutto di superficialità e pigrizia mentale, funzionali al conformismo progressista, fanno solo torto alla figura del priore di Barbiana. «Spesso don Milani dovette difendersi da coloro – in genere laici e di sinistra – che volevano mettergli la loro casacca, tirarlo dalla propria parte e magari strumentalizzarlo contro la Chiesa», scrive Antonio Socci in un articolo su Libero raccontando chi era veramente e la sua profonda fede cattolica con testimonianze poco conosciute.
Il delitto di Senago dove il barman Alessandro Impagnatiello ha ucciso la fidanzata Giulia Tramontano insieme al bimbo di sette mesi che portava in grembo, lascia senza fiato. «Adesso finalmente sono libero» ha scritto l’assassino dopo l’omicidio in un messaggio alla sua amante. In un articolo su Libero Renato Farina osserva: «Non che i ragazzi siano più cattivi adesso, l’umanità è sempre stata quella che è, lussuria-avidità-potere, ma questa vicenda spaventevole fotografa il cortocircuito della civiltà post-cristiana. Non resiste neanche un residuo di memoria. E adulti – padri, madri, maestri – che trasmettano il fascino di una vita buona, insegnando a guardare le stelle in cielo invece che il proprio ombelico danzante, dove sono? Anzi, dove siamo?». Sembra non ci sia più «una roccia di ideali e affetti cui attaccarsi – conclude Farina -. Bisogna emergere, conto solo io, liberarmi da qualsiasi gioco, tenendo i piedi piantati nel mio io».
Il 22 maggio sono stati ricordati i 150 anni dalla morte di Alessandro Manzoni. L’anniversario è stato celebrato con una cerimonia ufficiale nella casa milanese dello scrittore, che ha visto gli interventi del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e del presidente emerito del Centro Studi Manzoniani Giovanni Bazoli, discorsi a cui la stampa ha dedicato ampio spazio e a cui rimandiamo per la lettura. Nella nostra newsletter di oggi vogliamo invece segnalare l’articolo di Valerio Capasa pubblicato su ilsussidiario.net. Relatore sempre molto apprezzato del Mese letterario, Capasa cala l’opera di Manzoni dentro la realtà della scuola e della società di oggi alle prese con il grande compito dell’educazione e si sofferma su donna Prassede, personaggio apparentemente secondario dei Promessi Sposi. Una figura «molto inclinata a far del bene» che incarna un atteggiamento molto diffuso dal quale stare in guardia.
Dopo la newsletter di domenica scorsa sul rapporto tra cattolici e politica, oggi vogliamo allargare la discussione su quale sia più in generale il compito dei cristiani. Lo facciamo con la proposta di due letture. La prima è l’intervista pubblicata su La Lettura a Jean de Saint-Cheron, un giovane francese autore del libro «Chi crede non è un borghese» (Libreria Vaticana). «Se torniamo all’essenza del cristianesimo – spiega – è una evidenza assoluta che ciò che si propone ai cristiani è il combattimento per la santità, per la fede. Oggi invece prevale l’opposto. Ci si sistema, ci si accomoda nel comfort». La seconda lettura è la recensione del libro su Giuseppe Camadini, figura storica del cattolicesimo bresciano, apparsa su ilsussidiario.net. Oggi «che un mondo è finito – si legge nell’ articolo – è pensabile che ogni possibile idea ricostruttiva di una società in declino possa essere priva dell’apporto dei cattolici?»
Oggi e domani a Brescia si vota per eleggere sindaco e consiglio comunale. In tale occasione suggeriamo la lettura di un recente intervento di monsignor Massimo Camisasca, vescovo emerito di Reggio Emilia, a un gruppo di cattolici impegnati in politica a livelli diversi e pubblicato sulla rivista Tempi. La domanda è se per un cristiano non ci sia qualche cosa che viene prima di ogni preferenza partitica o scelta elettorale. È possibile quindi un lavoro comune tra coloro che hanno la stessa fede, anche se militano in schieramenti differenti, o l’appartenenza di partito è più importante? «Il fondamento della vostra vita non è la politica – sottolinea Camisasca -. Se la speranza fosse la politica voi sareste più miseri di tutti gli altri». Una strada forse impervia ma necessaria per non rendere irrilevante la fede. Altrimenti «quale senso avrebbe per un credente impegnarsi in politica?».
È stata pubblicata da Rizzoli la nuova edizione de «Il senso religioso» di don Luigi Giussani, il primo volume del PerCorso nel quale il fondatore di Comunione e Liberazione riassume il suo itinerario di pensiero e di esperienza. La prefazione è tratta dall’intervento dell’allora arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio, alla presentazione dell’edizione spagnola del volume nel 1998. In occasione di questa pubblicazione il 30 aprile Vittorio Feltri ha firmato su Libero un ritratto di don Giussani: «Lui – scrive – chiamava “senso religioso” i desideri profondi di bellezza, giustizia, verità, amore, felicità che cinicamente tendiamo a ridurre a faccende adolescenziali, e invece non andrebbero mai seppelliti se si vuole restare uomini vivi». Su questo libro la Fondazione San Benedetto promuove ogni due settimane un incontro aperto a tutti in cui confrontarsi sul percorso proposto da Giussani. Prossimo appuntamento giovedì 11 maggio alle 18.45 nella sede di Borgo Wührer 119 a Brescia.
L’economia italiana non è arretrata come vorrebbe «una vecchia vulgata che ormai ha decisamente stancato». A dirlo, numeri alla mano nel confronto con Francia e Germania, un osservatore autorevole come l’economista Marco Fortis in un articolo sul Sole 24 Ore. I dati dicono che siamo in presenza di un’economia «forte e moderna» che può diventare ancora «più dinamica». Una lettura della realtà italiana che non nega i problemi ma va oltre gli stereotipi negativi a cui siamo abituati, e che potrebbe essere applicata a molti altri ambiti della vita sociale. Esaurire tutto nella polemica politica da talk show nuoce gravemente al paese. Siamo convintamente europeisti, ma nel solco della sua storia e del suo spirito originario, l’Europa non può diventare un «sovranazionalismo astratto, dimentico della vita dei popoli», come ha denunciato Papa Francesco venerdì a Budapest. Per questo oggi diciamo che chi vuole bene all’Italia, vuol bene all’Europa.