Daremmo la vita per un «uomo inutile»?
Il 25 gennaio un uomo di 35 anni è morto investito da un treno alla periferia di Mosca. Un fatto di cronaca come tanti e che meriterebbe solo la nostra compassione se le circostanze di questa morte non fossero così imponenti oltre che tragiche. (Da La Nuova Europa di Safyan Artemii e Thiry Jean François)
Verso le 21 di quel giorno Georgij Velikanov, un laico molto attivo nella comunità della parrocchia del Salvatore Misericordioso alla periferia di Mosca, che sta anche preparandosi al diaconato, arrivando in stazione vede sulle rotaie un vagabondo visibilmente ubriaco, che barcolla pericolosamente senza rendersi conto di dove si trova. Tra qualche minuto è annunciato un treno ad alta velocità. La reazione di Georgij è immediata: scende anche lui sui binari e cerca di persuadere l’altro a risalire sul marciapiede. Inutilmente: l’uomo fa resistenza – più tardi, quando si presenterà volontariamente alla polizia, dirà che non era in sé e non capiva dove fosse e che cosa stesse succedendo. Il treno sopraggiunge. Georgij agita le braccia per segnalare al macchinista la loro presenza, nel disperato tentativo di fermare il treno. Ma è troppo tardi: anche azionando il freno di emergenza, questi non riesce ad arrestare il convoglio. Davanti all’ineluttabile Georgij spinge il barbone sotto la piattaforma, dove c’è una rientranza, e gli fa scudo con il proprio corpo.