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LACRIME E RISA

  • Data 18 Dicembre 2018

Spuntò un movimento di rinascita cattolico ben diverso i  cui principali rappresentanti furono Péguy e Bernanos in Francia e Chesterton in Inghilterra. Ciò che questi uomini odiavano nel mondo moderno non era la democrazia, ma la sua mancanza. Ciò a cui aspiravano era la libertà per il popolo e la ragione per le menti. In loro vi era un odio profondo per la società borghese, che sapevano essere essenzialmente antidemocratica e fondamentalmente corrotta. Ciò contro cui si battevano senza requie era l’insidiosa invasione della morale e dei valori borghesi in tutti gli stili di vita e in tutte le classi sociali. Non vi sono polemiche più devastanti, divertenti o meglio scritte contro quell’insieme di superstizioni moderne che vanno dalla scienza cristiana alla ginnastica come mezzo di salvezza, dal proibizionismo a Krishnamurti, di quelle contenute nei saggi di Chesterton. Erano consapevoli che una ricerca della felicità che elimini le lacrime è destinata a cancellare anche le risa. Il cristianesimo insegnava che non può esistere nulla di umano al di là delle lacrime e delle risa, fatta eccezione per il silenzio della disperazione. Per questo Chesterton, accettate senza remore le lacrime, poté fare spazio al riso (Hannah Arendt)

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Dopo la newsletter di domenica scorsa sul rapporto tra cattolici e politica, oggi vogliamo allargare la discussione su quale sia più in generale il compito dei cristiani. Lo facciamo con la proposta di due letture. La prima è l’intervista pubblicata su La Lettura a Jean de Saint-Cheron, un giovane francese autore del libro «Chi crede non è un borghese» (Libreria Vaticana). «Se torniamo all’essenza del cristianesimo – spiega – è una evidenza assoluta che ciò che si propone ai cristiani è il combattimento per la santità, per la fede. Oggi invece prevale l’opposto. Ci si sistema, ci si accomoda nel comfort». La seconda lettura è la recensione del libro su Giuseppe Camadini, figura storica del cattolicesimo bresciano, apparsa su ilsussidiario.net. Oggi «che un mondo è finito – si legge nell’ articolo – è pensabile che ogni possibile idea ricostruttiva di una società in declino possa essere priva dell’apporto dei cattolici?»

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