• Chi siamo
  • Attività
  • Video
  • Archivio
  • Sostienici
  • Statuto
  • Organi
  • Contatti
Email:
info@fondazionesanbenedetto.it
Fondazione San BenedettoFondazione San Benedetto
  • Chi siamo
  • Attività
  • Video
  • Archivio
  • Sostienici
  • Statuto
  • Organi
  • Contatti

Fissiamo il Pensiero

  • Home
  • Fissiamo il Pensiero
  • Solo una società colta riconosce il valore del capitale umano

Solo una società colta riconosce il valore del capitale umano

  • Data 18 Ottobre 2020

Sulla centralità del tema dell’educazione segnaliamo l’intervento del rettore dell’Università Cattolica Franco Anelli pubblicato il 14 ottobre sul Corriere della Sera:

«Società della conoscenza» e «capitale umano»: formule ripetute da tempo e così di frequente da farle apparire ormai stanche e sfibrate, da far dubitare che le promesse, che implicitamente trasmettevano, di miglioramento della qualità dei rapporti sociali ed economici grazie alla valorizzazione del sapere non potranno essere mantenute; anzi siano già state tradite. Prevale infatti un atteggiamento di diffidente svalutazione della conoscenza, fondato su una sorta di rivendicazione dell’ignoranza arbitrariamente rappresentata come garanzia di impermeabilità ai «poteri forti».

L’emergenza sanitaria ha in parte ridato respiro a un’idea della conoscenza intesa non solo come qualità individuale, ma come bene sociale primario e indispensabile: davanti a un rischio incombente e ignoto la collettività ha rivolto lo sguardo a coloro che apparivano depositari di competenze che potessero offrire indicazioni avvedute per affrontare la crisi nella sua fase più acuta, e ancor più ha riposto speranza nella ricerca scientifica, confidando che dal lavoro degli studiosi arriverà la soluzione, e con essa la salvezza.

Tuttavia la porzione di campo riguadagnata è ristretta, confinata ai casi in cui la dimensione intrinsecamente «scientifica» di un problema imponga di consultare un esperto di un ben individuato settore. Il che significa apprezzare soltanto la competenza specialistica. Rimane però prevalente la tendenza a negare alla conoscenza una funzione trainante all’interno di una comunità, quale attributo, o addirittura presupposto, della leadership, perché la communis opinio è la sola legittima, è espressione della sovranità.

Il tema sottende questioni, discusse da secoli, che toccano le travi portanti dell’organizzazione sociale: se e in quale misura sia giusto, in una democrazia, affidare l’interesse collettivo e l’assunzione di decisioni vincolanti per tutti i cittadini a persone scelte in ragione delle loro competenze.

Nell’eterna tensione tra principio di uguaglianza e valorizzazione distintiva della conoscenza, degli sforzi necessari per acquisirla, dei progressi che può promuovere, il punto di equilibrio si può trovare attraverso un processo che porti non a vagheggiare utopistiche repubbliche dei sapienti o a esaltare quell’ideologia del merito che, invece di diminuire, accentua le disuguaglianze, bensì a ripristinare la conoscenza come riconosciuto valore sociale.

La via per conferire al sapere una funzione costitutiva e conformativa della struttura sociale consiste nel diffondere la conoscenza, perché solo chi conosce è, per un verso, avvertito dei propri limiti, e per l’altro pronto a rispettare e a dare valore alle capacità altrui.

La stessa idea di «società della conoscenza» merita di essere ripresa e aggiornata, o arricchita, per allontanarla da una visione limitante e tecnocratica, nella quale la preparazione individuale si apprezza essenzialmente come leva competitiva e motore di innovazione tecnologica.

All’opposto, per ricostituire relazioni fondate sul mutuo riconoscimento e rispetto dei saperi, che in altre parole significa rinsaldare i nodi di quei legami di considerazione sociale il cui allentarsi è all’origine del processo di «liquefazione» della società da tempo segnalato, occorre disseminare la cultura come condizione personale diffusa, non come privilegio. In questa prospettiva diviene decisiva l’azione educativa.

Entra così in gioco la funzione sociale dell’università, che può dare un contributo importante predisponendosi a riscoprire la sua vocazione politica, che è proprio quella di educare persone capaci di riconoscere il valore della conoscenza: della propria, quale traguardo di un percorso formativo, e di quella altrui.

Assolvere quel compito richiede, preliminarmente, la definizione di un chiaro obiettivo educativo, in termini di qualità della persona che si vuole formare, nella quale occorre promuovere un sapere che all’abilità tecnica unisca la consapevolezza che le capacità acquisite non costituiscono soltanto un’utilità personale, da scambiare sul mercato, ma una ricchezza per la società (che del resto ha contribuito a produrla, sostenendo il sistema educativo). Questa missione «politica» non si aggiunge alle altre tre che vengono ascritte alle università, ma ne è l’essenza, la funzione fondamentale di un’università che non voglia ridursi a scuola di apprendistato.

In questa prospettiva si apre a nuove dimensioni anche l’altra figura richiamata all’inizio del discorso, quella di «capitale umano». In origine evocativa di una nobile contrapposizione a un’idea di capitale come accumulo di risorse materiali, si è nella ripetizione dell’uso, in certo modo isterilita, e l’enfasi e caduta sempre più fortemente sul sostantivo più che sull’aggettivo.

Anche l’azione degli atenei è nel tempo scivolata verso la tendenza a somministrare formazione, a trasferire abilità e competenze idonee a consentire un pronto impiego del prodotto-laureato.

Questo non è più sufficiente, neppure in una prospettiva utilitaristica, perché un simile approccio si risolve in una rinuncia alla missione educativa, ed è perciò destinato a fallire anche il più modesto obiettivo di preparare persone utili al processo produttivo, perché, se una cosa è certa quanto al futuro che ci attende, è che la società del domani richiederà originalità di pensiero e capacità di comprensione del nuovo, sapienza, più che competenza. La società contemporanea non deve solo fronteggiare le novità tecnologiche, deve rinsaldare i propri legami costitutivi, attorno a valori condivisi; a questo scopo è necessario un capitale umano «diffuso», che non sia un asset aziendale, ma un consapevole e partecipe membro della polis, in quanto portatore non solo di competenze, ma di cultura.

In un discorso del 7 febbraio scorso, Papa Francesco ha affermato che «un’educazione non è efficace se non sa creare poeti» .

Le università devono rivendicare la natura di luogo in cui le persone sono spinte a promuovere e sviluppare la loro personalità e cultura, e in tal senso educate. Come sottolineava Martin Buber, la qualità del processo educativo non può prescindere, per l’edificazione della persona, che è anche «l’edificazione della comunità, che deriva dalle persone e dalle loro relazioni», dal riferirsi a una visione della realtà . Una società che non completa la formazione dei giovani con un’educazione che tenda a produrre sapienza abdica alla propria funzione politica e culturale, e ultimamente disperde capitale umano. La decisione di tanti giovani di iscriversi alle università anche in questi tempi difficili è un segno importante, è un’opportunità che questa generazione offre alla società e agli adulti di oggi di costruire il futuro; ed è un’opportunità preziosa, da sfruttare con cura, perché non possiamo sapere quante altre volte i giovani ci daranno fiducia.

Franco Anelli

Rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore

Corriere della Sera – 14 ottobre 2020

  • Condividi
piergiorgio

Articolo precedente

Il miracolo della natalità
18 Ottobre 2020

Prossimo articolo

Voto incerto negli Usa divisi
25 Ottobre 2020

Ti potrebbe interessare anche

I mattoni nuovi del Meeting, una storia che continua
6 Settembre, 2025

Riprende da oggi l’appuntamento con la nostra newsletter domenicale «Fissiamo il pensiero» e, all’inizio di un nuovo tratto di cammino, vogliamo ripartire dal Meeting di Rimini che si è chiuso da pochi giorni. La passione ideale che è il vero motore di un evento come il Meeting unico per il suo carattere e la sua rilevanza in Italia, e probabilmente anche in Europa, pur con modalità e dimensioni diverse, è la stessa che ci muove come Fondazione San Benedetto. Del Meeting si sono occupati anche i media, dando spazio però, come avviene da anni, in modo prevalente agli incontri di tipo politico. Tutti appuntamenti interessanti e di livello, ma il Meeting è molto di più. Perciò abbiamo sempre invitato tutti a trascorrere almeno un giorno in fiera a Rimini, unico modo per evitare giudizi affrettati e parziali. Quest’anno attorno alla frase di T.S. Eliot «Nei luoghi deserti costruiremo con mattoni nuovi» (titolo dell’edizione 2025) in sei giorni si è sviluppato un programma di incontri, mostre e spettacoli davvero ricco. Solo a titolo di esempio ricordiamo gli incontri col Patriarca ortodosso di Costantinopoli Bartolomeo a 1700 anni dal Concilio di Nicea, con due madri, una israeliana e l’altra palestinese, che hanno perso un figlio, testimoni di una riconciliazione possibile, con lo scrittore spagnolo Javier Cercas. E poi le mostre da quella sui martiri di Algeria a quella su Vasilij Grossman, da quella su Carlo Acutis a quella sulle voci dall’Ucraina. Nell’ultimo giorno del Meeting è stato annunciato il titolo dell’edizione del prossimo anno che riprende il verso finale della Divina Commedia: «L’amor che move il sole e l’altre stelle». Su questo vi invitiamo a leggere l’articolo, tratto dal quotidiano online ilsussidiario.net, di Giuseppe Frangi, fondatore e vicepresidente di Casa Testori e amico della San Benedetto. Con lui stiamo già collaborando e altre iniziative sono in cantiere. Ricordiamo la serata dello scorso luglio a Brescia con la lettura nella chiesa di San Giovanni del dialogo sul Romanino fra Pasolini e Testori (a questo link lo potete rileggere).
Tornando al titolo del Meeting, questo sta a indicare ogni anno il passo di una storia che continua e che non si ferma a guardare indietro, bloccata su se stessa. È l’espressione di un ideale che si fa vita. Ben altro che un contenitore di eventi o, peggio, di intrattenimento. Si spiega così che dopo 46 anni il Meeting ci sia ancora e sia un luogo sempre interessante e sorprendente. Un percorso analogo lo stiamo facendo come San Benedetto. Abbiamo già in preparazione alcuni incontri sui temi dell’Europa e dell’intelligenza artificiale, e tanto altro, non mancheremo di tenervi aggiornati. Al di là delle singole iniziative la fondazione è prima di tutto un luogo di incontro e di amicizia aperto a tutti. Intanto siamo già in grado di confermarvi che da giovedì 25 settembre alle 18.30 nella nostra sede di Borgo Wührer 119 a Brescia, ci ritroveremo per la Scuola di comunità. Partendo dalla lettura di alcuni testi di don Luigi Giussani è un’occasione per mettere a confronto domande ed esperienze che riguardano la nostra vita e il suo significato. Gli incontri, della durata di un’ora, si terranno con cadenza quindicinale sempre alle 18.30. La proposta è libera, gratuita e aperta a tutti. Chiediamo solo la continuità della partecipazione come segno di serietà nel percorso che ci apprestiamo a cominciare. Il giorno 25 verranno date indicazioni su come si svolgeranno gli incontri con il calendario fino a dicembre e sul testo di riferimento.

Qualcosa di più forte e profondo della distruzione
26 Luglio, 2025

La newsletter di oggi è l’ultima prima della pausa estiva. Anche in queste settimane per molti dedicate al riposo e alle vacanze, mentre il mondo è in fiamme e gli orrori della guerra si moltiplicano, crediamo che non si possa far finta di nulla, aprire una parentesi o staccare la spina come si usa dire. Non si può andare in vacanza senza portarsi dietro queste ferite. Portarsele con sé rende più bello e più vero il tempo del riposo. Per questo oggi vogliamo proporvi la lettura di due testimonianze da due dei principali teatri di guerra: l’Ucraina e Gaza. Già scorse settimane avevamo ricordato il caso di Vasilij Grossman, lo scrittore ucraino che dentro lo scenario di morte prodotto dalle ideologie del ’900, non aveva mai smesso di cercare «l’umano nell’uomo» come inizio di una possibilità di speranza. Le testimonianze di oggi ci dicono che anche nelle situazioni più difficili, la violenza, la distruzione e la morte possono non essere l’ultima parola. 

La prima, pubblicata sul sito «La Nuova Europa», è di Adriano Dell’Asta, professore di lingua e letteratura russa all’Università Cattolica e vicepresidente della Fondazione Russia Cristiana. Racconta la storia di Alina, giovane donna ucraina, malata di cancro in fase terminale, che nei suoi ultimi giorni di vita ha trovato accoglienza in un hospice a Charkiv, mantenuto aperto anche sotto le bombe. Tutto sembra perduto, senza speranza, in guerre ogni giorno sempre più distruttive e spregiatrici di giustizia e umanità… eppure c’è chi lotta e resiste per accompagnare sin nella morte chi è senza speranza e riaffermare una dignità e una pace che nessun malvagio può cancellare. È l’infinita sorpresa di un miracolo reale che non sapremmo neppure immaginare.

La seconda testimonianza ci è offerta dalla dichiarazione fatta dal patriarca di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa al suo rientro dalla visita a Gaza insieme al patriarca ortodosso Teofilo III. «Siamo entrati – ha detto aprendo la conferenza stampa – in un luogo devastato, ma anche pieno di meravigliosa umanità. Abbiamo camminato tra le polveri delle rovine, tra edifici crollati e tende ovunque: nei cortili, nei vicoli, per le strade e sulla spiaggia – tende che sono diventate la casa di chi ha perso tutto. Ci siamo trovati tra famiglie che hanno perso il conto dei giorni di esilio perché non vedono alcuna prospettiva di ritorno. I bambini parlavano e giocavano senza battere ciglio: erano già abituati al rumore dei bombardamenti. Eppure, in mezzo a tutto questo, abbiamo incontrato qualcosa di più profondo della distruzione: la dignità dello spirito umano che rifiuta di spegnersi».

L’appuntamento con la newsletter «Fissiamo il pensiero» tornerà domenica 7 settembre. Buone vacanze!

Non ci arrendiamo alla perdita del senso della vita
19 Luglio, 2025

Ci possiamo rassegnare passivamente al fatto che la nostra vita non abbia un senso? Nei giorni scorsi Repubblica ha pubblicato l’intervento fatto durante un incontro a Orzinuovi dal filosofo Umberto Galimberti. La sua conclusione è che di fronte al potere sempre più pervasivo del «mondo della tecnica», nel quale l’uomo non è più chiamato a «esistere» ma semplicemente a «funzionare», reperire un senso per la propria esistenza è «praticamente impossibile». Davanti a un’affermazione così tranchant non potevamo restare indifferenti. Come Fondazione San Benedetto abbiamo voluto replicare a Galimberti con una lettera pubblicata sul Giornale di Brescia che vi invitiamo a leggere sul nostro sito (se volete dirci cosa ne pensate potete scriverci a info@fondazionesanbenedetto.it). Il nostro unico e vero scopo, che sta all’origine di tutto quanto facciamo e proponiamo, è proprio quello di non arrendersi alla perdita del senso della vita, che vorrebbe dire smarrire se stessi. In questo don Giussani, a cui il nostro percorso si ispira, ci è stato maestro e testimone impareggiabile.

Cerca

Categorie

  • Fissiamo il Pensiero
  • I nostri incontri
    • I nostri incontri – 2015
    • I nostri incontri – 2016
    • I nostri incontri – 2017
    • I nostri incontri – 2018
    • I nostri incontri – 2019
    • I nostri incontri – 2021
    • I nostri incontri – 2022
    • I nostri incontri – 2023
    • I nostri incontri – 2024
    • I nostri incontri – 2025
  • Mese Letterario
    • 2010 – I Edizione
    • 2011 – II Edizione
    • 2012 – III Edizione
    • 2013 – IV Edizione
    • 2014 – V Edizione
    • 2015 – VI Edizione
    • 2016 – VII Edizione
    • 2017 – VIII Edizione
    • 2018 – IX Edizione
    • 2019 – X Edizione
    • 2021 – XI Edizione
    • 2023 – XIII Edizione
    • 2024 – XIV Edizione
    • 2025 – XV Edizione
  • Scuola San Benedetto – edizioni passate
  • Tutti gli articoli

Education WordPress Theme by ThimPress. Powered by WordPress.

VUOI SOSTENERCI?

Siamo una fondazione che ha scelto di finanziarsi con il libero contributo di chi ne apprezza l’attività

Voglio fare una donazione
Borgo Wührer, 119 - 25123 Brescia
info@fondazionesanbenedetto.it

Resta sempre aggiornato

Iscriviti subito alla nostra newsletter per non perderti le attività e gli eventi organizzati dalla Fondazione San Benedetto.

Iscriviti

Sito Web sviluppato da Nida's - Nati con la crisi.

Copyright © Fondazione San Benedetto Educazione e Sviluppo

Mappa del sito | Privacy Policy | Cookie Policy

Sito Web sviluppato da Nida's - Nati con la crisi.

Privacy Policy | Cookie Policy