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Le vite spezzate e la Storia

  • Data 9 Maggio 2021

di Silvia Avallone

dal Corriere della Sera – 5 maggio 2021

Il lavoro è la scelta di una vita onesta. La mattina ti svegli presto, esci di casa e compi lo stesso tragitto, prendi obbediente il tuo posto e lo occupi fino alla fine del turno. Se lavori in fabbrica, il tuo lavoro è domare un mostro. Un altoforno, una pressa, un telaio, un rullo, un orditoio: qualunque cosa sia, il tuo corpo al suo cospetto è sempre troppo fragile e troppo vivo. Ma tu hai scelto di guadagnarti da vivere in modo giusto, di non pesare sugli altri, di non dipendere da nessuno. Anche se sognavi altro e lo stipendio non è stellare, anche se il tempo durante certi turni sembra fermarsi e la fatica di farti ingranaggio è tanta. Specialmente se sei una ragazza di vent’anni, come Luana D’Orazio, e scalpiti di desideri. Il lavoro in fabbrica se ne frega, dei desideri: esige gesti ripetuti e precisi, la mente inchiodata al presente, al rocchetto, ai fili, nel rumore abissale che si alza e sovrasta. Qui non è come in ufficio, dove al massimo ti cade una penna dalla scrivania o si perde un documento. Qui è dove nascono le cose, dove prende forma la materia di cui è fatto il mondo. Occorre resistere e prestare massima attenzione, non c’è spazio per le distrazioni, per la stanchezza. Perché in fabbrica, nel 2021 come nel 1800, si entra per vivere e spesso invece si muore. (…)

Continua a leggere https://27esimaora.corriere.it/21_maggio_05/luanala-vita-operaia-sogni-20-anni-8f65b376-ad2d-11eb-b89d-9c2f0a2ddccd.shtml

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«È innegabile che al fondo di tutto il nostro disagio, di tutta la nostra solitudine, di tutto il nostro malessere, al fondo di tutto questo, sta un ultimo desiderio di bene. Se così non fosse, se non fossimo fatti per questo bene, non proveremmo orrore e disgusto per il male. Ma allora è proprio questo infinito desiderio di bene che ci sfida e in qualunque situazione può riaprire la partita. Perché se gli diamo credito ci costringe ad alzare la testa e a cercare». Lo scrive Emilia Guarnieri, insegnante e per molti anni presidente del Meeting di Rimini, nell’articolo che vi invitiamo a leggere questa settimana, pubblicato pochi giorni fa sul quotidiano online il sussidiario.

Lo scenario in cui si gioca questa sfida è quello di oggi segnato da un’esplosione di violenza insensata che, dalle guerre alle pareti domestiche, sembra non conoscere limiti. Insieme ci sono la crisi delle nostre democrazie liberali e il clima di sfiducia che pervade la società e avvelena le relazioni. In questa situazione pensare che la soluzione sia «staccare la spina» e rifugiarsi in una comfort zone è solo una misera illusione. È una forma di alienazione che stacca la spina prima di tutto da se stessi. L’invito è invece a ripartire dal desiderio di bene che resiste nel cuore di ciascuno, a fargli spazio dentro tutte le contraddizioni e le difficoltà in cui ci troviamo. Questo è anche ciò che ci interessa più di ogni altra cosa nelle proposte che facciamo come Fondazione San Benedetto.

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