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Fissiamo il Pensiero

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Dentro il dramma un bene inaspettato

  • Data 30 Maggio 2021

1) Il piccolo Eitan, nascere di nuovo e scoprire un Padre più grande

Laura D’Incalci

da ilsussidiario.net

Migliorano le condizioni del piccolo Eitan, il bimbo di 5 anni unico sopravvissuto alla sciagura del Mottarone. Un colpo di tosse, qualche movimento, gli occhi dischiusi di un primo risveglio… tutti segnali di un ritorno alla vita che i medici guardano con ottimismo, pur procedendo con massima cautela. Il mondo intero segue in queste ore ogni palpito, ogni fremito del piccolo che pare si sia dimenato in preda allo smarrimento: “Lasciatemi stare, ho paura”. Un lamento istintivo, ancora inconscio di tutta la tragedia vissuta, di quegli istanti eterni nel precipizio senza scampo verso un destino che avrebbe improvvisamente spezzato la vita, tante vite.

Ma per Eitan il respiro riprende e il chiarore di un giorno nuovo ridarà nuovi contorni alle cose che imparerà a riconoscere con occhi diversi, riscoprendone i colori in una lenta fuoriuscita dal buio, come in una nuova nascita. A riprenderlo fra le braccia si è detta disponibile la zia paterna, Aya, in Italia con il marito Nirco da 17 anni e pronta a fargli da mamma. Anche per lei si apre un cammino nuovo, una sorta di totale conversione dello sguardo verso un orizzonte diverso e inimmaginabile, come ha suggerito: “La vita è troppo breve. Voglio cambiare tutto, non so ancora come”. Il nuovo inizio mette a fuoco la brevità dell’esistenza, la vera “tragedia” della vita, così preziosa da lasciare un vuoto incolmabile quando finisce, ma fragile nella sua speranza connaturata che tuttavia si assottiglia fino all’inconsistenza sotto i colpi di un dolore atroce.
leggi tutto l’articolo https://www.ilsussidiario.net/news/funivia-mottarone-il-piccolo-eitan-nascere-di-nuovo-e-scoprire-un-padre-piu-grande/2175958/

2) Risveglio, la morte non è l’ultima parola

La testimonianza di una figlia per la morte di sua madre 

In questi giorni ho pensato molto alle parole che avrei voluto condividere con voi. Sono stati giorni intensi e difficili, densi di emozioni, vissuti tra inquietudini e speranze e per certi versi anche strani … perché misurarsi  con un verdetto che non lascia speranza è sempre difficile. La parola “morte” è la grande protagonista assente …  i medici glissano, utilizzano parole delicate come “la situazione è grave”, “la mamma è fortemente compromessa”. Parlare di morte fa paura. La morte sembra essere la distruzione definitiva della personalità, confine estremo, punto di non ritorno, fine di ogni speranza, ultimo respiro, ultimo battito cardiaco. Dietro la morte c’è il vero ignoto ed è proprio su questa incertezza che si fonda la profonda angoscia del morire. E così, quando la morte ho cominciato ad intravederla quattro anni fa, quando a mia madre fu diagnosticato un tumore molto aggressivo, un sarcoma di alto grado alla coscia, ho capito che avrei dovuto affrontare l’argomento seriamente, perché quando sarebbe arrivato il momento, nessuno si sarebbe presentato con il libretto delle istruzioni.

In questi ultimi anni, mi sono impegnata a riconoscerla nelle mie giornate e ad osservarla, non più come un avversario, non più come una sconfitta , non più come una fonte di dolore, ma come una fonte di trasformazione, come un profondo mistero che continuamente fa parte di tutte le cose. Morire non si improvvisa! È un’assoluta certezza per tutti, ma se ci prepariamo ogni giorno, la possiamo vivere in modo più leggero. Se piano piano riusciremo a far cambiare il nostro rapporto con la morte, i nostri figli e le persone che ci sono vicine,  allora, inevitabilmente, cambierà anche il nostro rapporto con la vita, realizzando pienamente la sua preziosità.

“Ci sono frontiere, dove stiamo ancora imparando e brucia il nostro desiderio di sapere. Sono nelle profondità dello spazio, nelle origini del cosmo, nella natura del tempo, nel funzionamento del nostro stesso pensiero. Qui sul bordo di quello che sappiamo, a contatto con l’oceano di quanto non sappiamo, brillano il mistero e la bellezza del mondo ci lasciano senza fiato”. Caro padre, l’altro giorno, con la mamma tra le nostre braccia, ci siamo soffermati a parlare della morte. Impotente e piccola di fronte al tuo enorme dolore, davanti all’immagine della mamma che non ci sarà più. So che il tuo punto di vista può sembrarti saldo ed il mio solo consolatorio, ma se fossimo in grado di osservare per un istante la nostra profonda ignoranza a tutti i livelli, risvegliandoci, prenderemmo coraggiosamente le misure contro uno smarrimento così prolungato, radicando dentro di noi la certezza che la morte non è l’ultima parola sulla sorte umana, poiché l’uomo è destinato ad una vita senza limiti.

A te, desidero dedicare alcuni versi della meravigliosa poesia il Risveglio:

La morte è un luogo di libertà che spinge i viaggiatori all’esilio

mutevole e fiera figlia del silenzio, abbandono e visione

processo alchemico che tramuta l’ombra in luce

nel disordine apparente che concilia gli opposti.

Era qui al crepuscolo, come un nemico di sabbia addormentato

che custodisce sentieri d’ amore e di paura.

Né bene né male, la morte è racchiusa qui, nel cerchio della vita

tra il sogno e l’attesa

è il riflesso di un’ immagine senza tempo

venuta a mescolarsi col ritmo dell’universo.

La morte è là, dove si ravvisano i segni del divenire

e attecchisce il perdono.

Non distogliere lo sguardo dalla morte e dal suo inganno

seguilo senza farti domande, così come accetti il profumo di un fiore

o l’ albeggiare di un fertile mattino.

Per scoprire il segreto dell’ignoto occorre attraversarlo

arrendersi alla grazia disarmati.

Solo chi sottrae il suo cuore alla ferocia dell’ ego

e innalza templi all’eterno

sa che la morte non muore né mai nascerà.

E infine, a te mio dolce Angelo, in presenza di tutte le persone che ti hanno sempre amata, innalziamo una preghiera, perché possa il nostro calore arrivare fino a te, abbracciandoti e tenendoti al sicuro fino all’angolo più sperduto dell’Universo. La tua dolcezza è rimasta uguale fino al tuo ultimo respiro e tu che ti preoccupavi tanto del tuo aspetto, sappi che non potrai mai essere più bella di così. Ti aspettiamo a farci visita nei sogni, là dove i nostri mondi si incontrano, a ridere e scherzare come hai sempre fatto e dove potremo ancora tenerci per mano. Ti amiamo e ti ameremo sempre.

Ai miei amati genitori

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piergiorgio

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Tornando al titolo del Meeting, questo sta a indicare ogni anno il passo di una storia che continua e che non si ferma a guardare indietro, bloccata su se stessa. È l’espressione di un ideale che si fa vita. Ben altro che un contenitore di eventi o, peggio, di intrattenimento. Si spiega così che dopo 46 anni il Meeting ci sia ancora e sia un luogo sempre interessante e sorprendente. Un percorso analogo lo stiamo facendo come San Benedetto. Abbiamo già in preparazione alcuni incontri sui temi dell’Europa e dell’intelligenza artificiale, e tanto altro, non mancheremo di tenervi aggiornati. Al di là delle singole iniziative la fondazione è prima di tutto un luogo di incontro e di amicizia aperto a tutti. Intanto siamo già in grado di confermarvi che da giovedì 25 settembre alle 18.30 nella nostra sede di Borgo Wührer 119 a Brescia, ci ritroveremo per la Scuola di comunità. Partendo dalla lettura di alcuni testi di don Luigi Giussani è un’occasione per mettere a confronto domande ed esperienze che riguardano la nostra vita e il suo significato. Gli incontri, della durata di un’ora, si terranno con cadenza quindicinale sempre alle 18.30. La proposta è libera, gratuita e aperta a tutti. Chiediamo solo la continuità della partecipazione come segno di serietà nel percorso che ci apprestiamo a cominciare. Il giorno 25 verranno date indicazioni su come si svolgeranno gli incontri con il calendario fino a dicembre e sul testo di riferimento.

Qualcosa di più forte e profondo della distruzione
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La newsletter di oggi è l’ultima prima della pausa estiva. Anche in queste settimane per molti dedicate al riposo e alle vacanze, mentre il mondo è in fiamme e gli orrori della guerra si moltiplicano, crediamo che non si possa far finta di nulla, aprire una parentesi o staccare la spina come si usa dire. Non si può andare in vacanza senza portarsi dietro queste ferite. Portarsele con sé rende più bello e più vero il tempo del riposo. Per questo oggi vogliamo proporvi la lettura di due testimonianze da due dei principali teatri di guerra: l’Ucraina e Gaza. Già scorse settimane avevamo ricordato il caso di Vasilij Grossman, lo scrittore ucraino che dentro lo scenario di morte prodotto dalle ideologie del ’900, non aveva mai smesso di cercare «l’umano nell’uomo» come inizio di una possibilità di speranza. Le testimonianze di oggi ci dicono che anche nelle situazioni più difficili, la violenza, la distruzione e la morte possono non essere l’ultima parola. 

La prima, pubblicata sul sito «La Nuova Europa», è di Adriano Dell’Asta, professore di lingua e letteratura russa all’Università Cattolica e vicepresidente della Fondazione Russia Cristiana. Racconta la storia di Alina, giovane donna ucraina, malata di cancro in fase terminale, che nei suoi ultimi giorni di vita ha trovato accoglienza in un hospice a Charkiv, mantenuto aperto anche sotto le bombe. Tutto sembra perduto, senza speranza, in guerre ogni giorno sempre più distruttive e spregiatrici di giustizia e umanità… eppure c’è chi lotta e resiste per accompagnare sin nella morte chi è senza speranza e riaffermare una dignità e una pace che nessun malvagio può cancellare. È l’infinita sorpresa di un miracolo reale che non sapremmo neppure immaginare.

La seconda testimonianza ci è offerta dalla dichiarazione fatta dal patriarca di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa al suo rientro dalla visita a Gaza insieme al patriarca ortodosso Teofilo III. «Siamo entrati – ha detto aprendo la conferenza stampa – in un luogo devastato, ma anche pieno di meravigliosa umanità. Abbiamo camminato tra le polveri delle rovine, tra edifici crollati e tende ovunque: nei cortili, nei vicoli, per le strade e sulla spiaggia – tende che sono diventate la casa di chi ha perso tutto. Ci siamo trovati tra famiglie che hanno perso il conto dei giorni di esilio perché non vedono alcuna prospettiva di ritorno. I bambini parlavano e giocavano senza battere ciglio: erano già abituati al rumore dei bombardamenti. Eppure, in mezzo a tutto questo, abbiamo incontrato qualcosa di più profondo della distruzione: la dignità dello spirito umano che rifiuta di spegnersi».

L’appuntamento con la newsletter «Fissiamo il pensiero» tornerà domenica 7 settembre. Buone vacanze!

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