• Statuto
  • Organi
  • Le nostre attività
  • Sostienici
  • Archivio
  • Contatti
Email:
info@fondazionesanbenedetto.it
Fondazione San BenedettoFondazione San Benedetto
  • Statuto
  • Organi
  • Le nostre attività
  • Sostienici
  • Archivio
  • Contatti

Fissiamo il Pensiero

  • Home
  • Fissiamo il Pensiero
  • «Io ferito da Dostoevskij»

«Io ferito da Dostoevskij»

  • Data 5 Settembre 2021

Per amore della letteratura russa ho lasciato il mio vecchio lavoro 

Intervista a Paolo Nori

Che senso ha nel 2021 leggere Dostoevskij? Parte subito ingranando la marcia, Paolo Nori nel suo «Sanguina ancora. L’incredibile vita di Fedor M. Dostoevskij» (Mondadori, 2021) selezionato nella cinquina finalista del Premio Campiello.
Con una domanda, e ne seguono tante altre, cui risponde: «Non lo so». Non lo sa, l’autore folgorato a 15 anni dallo scrittore russo, quando nella casa di campagna dei nonni da uno scaffale sceglie, tra tanti, un vecchio libro, senza copertina.
È «Delitto e castigo» e segnerà la sua vita e la sua strada per sempre. Come una ferita che sanguina ancora.
Ricorda tutto di quel giorno, Nori, di quel momento in cui, tra quelle pagine, sente la consapevolezza di stare al mondo, di essere vivo.
Perché leggere Dostoevskij allora? Il senso è nascosto tra domande e risposte aperte, aneddoti e dettagli sulla vita incredibile dell’autore russo, narrati per brevi sprazzi a capitoletti e giochi linguistici da una penna puntigliosa e ironica.
Nori salta dall’Ottocento a oggi, dalle strade di San Pietroburgo del 1849 ai ricordi personali attuali e del suo passato, per tornare sempre laggiù nel mondo e nel tempo in cui Dostoevskij ci ha detto «come siamo fatti prima ancora che venissimo al mondo».

Nori, ricordando la prima lettura di Dostoevskij, lei parla di una ferita aperta che sanguina ancora e fa male. Perché?
Delitto e castigo è stato il primo libro russo che ho letto, avevo 15 anni e quando ho capito quel che si chiedeva il protagonista, Raskol’nikov «Ma io, sono come un insetto o sono come Napoleone?», mi sono chiesto «E io? Sono come un insetto o sono come Napoleone?» e ho avuto l’impressione che quel libro, scritto 112 anni prima a 3000 chilometri di distanza avesse aperto dentro di me una ferita che non avrebbe smesso tanto presto di sanguinare. E mi sembra che avessi ragione, sanguina ancora.

E perché poi ha seguito questo solco al punto da farne l’orientamento della sua vita: la laurea in russo, il lavoro come traduttore…
Io sono un appassionato di letteratura e, dopo l’incontro, per così dire, con Dostoevskij, mi è successo che mi son laureato in letteratura russa, che la maggior parte dei romanzi che ho letto sono romanzi russi, che ho pubblicato diversi romanzi, che ho tradotto diversi romanzi dal russo, che adesso insegno traduzione dal russo alla IULM di Milano; un anno importante, per me, è stato il 1996: avevo 33, un lavoro ben remunerato, in Francia, ma che non mi piaceva, facevo il responsabile amministrativo, ho trovato il coraggio di dare le dimissioni e di provare a fare della mia passione, la letteratura, un mestiere. Ho fatto proprio bene.

Le ferite ci fanno sentire vivi. Mentre legge Delitto e castigo si sente la vita fluire, rispetto alle giornate normali che scorrono uguali alle altre. È un po’ come quando nel dolore sentiamo di essere vivi. Allora la lettura è dolore?
Viktor Šklovskij dice che noi siamo così occupati dalla vita che ci dimentichiamo di viverla. Diciamo sempre “Domani, domani”. E questa è la vera morte, secondo Šklovskij. Il grande successo dell’arte, dice Šklovksij è metterci in contatto con la vita, con una vita che si può vedere, sentire, vivere in modo palpabile.

A 15 anni, dice, ha capito cosa muove Raskol’nikov. E che risposta si è dato alla domanda? Il quindicenne si è sentito insetto o Napoleone?
Una risposta definitiva non c’è, e non credo sia un male. Se mi sentissi sempre Napoleone, credo che non sarei tanto simpatico, se mi sentissi sempre un insetto neppure.

Degli autori russi si sottolinea sempre la capacità di costruire personaggi straordinari, nel bene e nel male. A quali è più legato?
L’uomo del sottosuolo, un personaggio confuso, contraddittorio, disperato, ridicolo, lo trovo molto simile a me.

Tra i libri di Dostoevski «Delitto e castigo» è rimasta la sua pietra miliare o è stata scalzata da altri romanzi?
Mi piacciono molto anche Memorie del sottosuolo, Il giocatore, Il villaggio di Stepàncikovo e i suoi abitanti, L’idiota, I demòni e I fratelli Karamazov.

Lei ha tradotto Gogol’, Puskin, Tolstoj, Turgenev e anche Dostoevskij. Quando li traduce “parla” mai con loro? Si chiede se sta traducendo proprio ciò che volevano dire? Com’è la vita del traduttore?
Quando mi chiedono che mestiere faccio, rispondo che scrivo dei libri, e il fatto di tradurre fa parte, per me, di questo mestiere, è come l’antimateria della scrittura, la scommessa di esser capaci di rifare, in italiano, le capriole che Puškin, Gogol’, Dostoevskij, Tolstoj, Chlebnikov, Charms hanno fatto in russo. Mi piace molto.

Poi la scelta di narrare Dostoevskij. In «Sanguina ancora» ripercorre la sua vita «incredibile». Perché raccontarla e farla conoscere?
Dostoevskij è uno che a 23 anni diventa il più celebre scrittore russo, che a 27 viene condannato a morte, che si fa 10 anni in Siberia, a 37 torna a Pietroburgo e comincia a frequentare i casino e perde al tavolo da gioco tutto quel che guadagna con i libri e, a 60 anni, poco prima di morire, torna a essere il più celebre scrittore russo vivente; è una vita che credo varrebbe la pena di raccontare anche se non fosse la vita di uno dei più grandi scrittori di tutti i tempi.

Lei è cresciuto con il mito degli autori russi, un mito che si è autocostruito, non è indotto. È maturato. Crede che gli autori contemporanei e la prosa attuale possano far sanguinare allo stesso modo?
Ho scritto un corso di letteratura russa, che si intitola I russi sono matti, sottotitolo «Corso sintetico di letteratura russa 1820-1991». La scansione temporale dipende dal fatto che io credo che la letteratura russa sia finita nel 1991.

Maria Vittoria Adami

da Bresciaoggi – 2 settembre 2021 

https://www.bresciaoggi.it/argomenti/cultura/paolo-nori-1.8872791

  • Condividi

Articolo precedente

Suggerimenti per le vacanze
5 Settembre 2021

Prossimo articolo

11 Settembre: "Io c'ero, ma la memoria di allora non basta più"
12 Settembre 2021

Ti potrebbe interessare anche

Quando Testori scriveva sulla prima pagina del Corriere
25 Marzo, 2023

Il prossimo 13 aprile si aprirà a Brescia la nuova edizione del Mese Letterario con una serata dedicata a Giovanni Testori che sarà raccontato dallo scrittore Luca Doninelli. Quest’anno ricorrono i cento anni dalla sua nascita e i trent’anni dalla sua morte. Riteniamo quindi sia un’occasione speciale per riscoprire la sua figura. Fra i maggiori scrittori italiani del dopoguerra, autore di famosi testi teatrali, critico d’arte e anche pittore, Testori fra il 1978 e il 1981 scrisse diversi articoli di commento sulla prima pagina del Corriere della Sera prendendo spunto dai fatti dell’attualità. In preparazione alla serata del 13 aprile, oggi e nelle prossime due domeniche vogliamo perciò riproporre tre di questi articoli alla vostra lettura.

032F36B7-EA1A-484A-99F1-4B2827EB772B
ChatGPT e il mistero della nostra anima immortale
19 Marzo, 2023
Il potere sovversivo della lettura
11 Marzo, 2023

Quando nel 2010 il Mese Letterario cominciava a muovere i primi passi avevamo scelto come emblema della nostra iniziativa una frase della scrittrice americana Flannery O’Connor: «Se la vita ci soddisfacesse, fare letteratura non avrebbe alcun senso». Una frase che ci ha accompagnato per diversi anni e che ancora oggi descrive bene qual è l’origine dell’esperienza della lettura e dell’incontro con le pagine di un autore. È la stessa esperienza nella «terra inesausta della letteratura» che racconta l’insegnante e scrittore Giuseppe Montesano in un’intervista pubblicata qualche mese fa su Robinson, il settimanale culturale di Repubblica. È «il potere sovversivo della lettura». «Leggere un grande romanzo – sottolinea nell’intervista – è una forma lucida di erotismo, una forma dell’amare, che è allo stesso tempo cosciente e inconscia. Un grande romanzo come un grande amore ti chiede tutto ciò che hai: ma ti dà sempre più di quanto gli darai».

Cerca

Categorie

  • Fissiamo il Pensiero
  • I nostri incontri
  • Mese Letterario – edizioni passate
  • Parlano di noi
  • Scuola di Lettura – edizioni passate
  • Scuola di Lettura e Scrittura Creativa
  • Scuola San Benedetto – edizioni passate
  • Tutti gli articoli

Education WordPress Theme by ThimPress. Powered by WordPress.

VUOI SOSTENERCI?

Siamo una fondazione che ha scelto di finanziarsi con il libero contributo di chi ne apprezza l’attività

Voglio fare una donazione
Borgo Wührer,
119 - 25123 Brescia
info@fondazionesanbenedetto.it

Resta sempre aggiornato

Iscriviti subito alla nostra newsletter per non perderti le attività e gli eventi organizzati dalla Fondazione San Benedetto.

Iscriviti

Sito Web sviluppato da Nida's - Nati con la crisi.

Privacy Policy | Cookie Policy

Sito Web sviluppato da Nida's - Nati con la crisi.

Privacy Policy | Cookie Policy