• Chi siamo
  • Attività
  • Video
  • Archivio
  • Sostienici
  • Statuto
  • Organi
  • Contatti
Email:
info@fondazionesanbenedetto.it
Fondazione San BenedettoFondazione San Benedetto
  • Chi siamo
  • Attività
  • Video
  • Archivio
  • Sostienici
  • Statuto
  • Organi
  • Contatti

Fissiamo il Pensiero

  • Home
  • Fissiamo il Pensiero
  • La giornata di Pasquale, avanti e indietro in treno

La giornata di Pasquale, avanti e indietro in treno

  • Data 21 Novembre 2021

C’è da combattere tanto in questo tempo difficile, per ottenere almeno un piccolo posto dove resistere, uno stipendiuccio che permetta di tirare avanti, e poi si vedrà, poi forse le cose andranno meglio, chi può saperlo. Certo quando vedo quanto si sbattono i miei giovani colleghi, quanto faticano per accumulare punteggi, per avere incarichi di un anno o tre mesi, quanto sono disposti a soffrire, stringere i denti e dare il meglio di sé, senza cedere mai, senza farsi prendere dallo scoraggiamento, quando li vedo così determinati nonostante le mille difficoltà, penso che io forse non ce l’avrei fatta, che sono stato fortunato a laurearmi in un’epoca in cui il lavoro ancora si trovava abbastanza facilmente. Ora vedo professori che a quarantacinque, cinquant’anni sono ancora precari, girano da una scuola all’altra sperando finalmente di avere un incarico definitivo, e non si lamentano mai perché hanno capito in fretta che lamentarsi non serve a niente.

Ogni mattina scambio un saluto e due chiacchiere volanti con Pasquale. Lui è un Ata, cioè un collaboratore scolastico, come si dice oggi, cioè un bidello, ma guai a usare questo termine, è come cieco o spazzino, parole che ormai vengono considerate scorrette, quasi offensive. Pasquale fa colazione a Marcianise, il paese dove abita in provincia di Caserta, alle tre e un quarto della mattina. Caffellatte e due biscotti mentre fuori la notte è tutta nera. In un portavivande sistema il pranzo, un po’ di pasta, qualche polpetta, la verdura. Si lava i denti, si pettina ed è pronto per il suo viaggio quotidiano. Il treno parte alle 3.58 dalla stazione di Marcianise e arriva alle 4.20 alla stazione di Villa Literno. Pasquale scende nel buio. Sulla banchina c’è già tanta gente, tutti in attesa del treno delle 4.32. Nessuno parla, del resto non c’è molto da dire, bisogna solo aspettare. E più o meno puntuale arriva al binario uno il treno per Napoli Centrale e Roma Tiburtina. La gente sale in silenzio, ognuno si sistema come può cercando di guadagnarsi ancora un po’ di sonno. Pasquale ha un collarino che lo aiuta a sistemare meglio la testa contro il sedile, e una specie di benda per coprirsi gli occhi. Alle 5.55 il treno si ferma a Campoleone, e salgono altri pendolari. Quasi tutti hanno un lavoro a Roma nella scuola, hanno zaini pesanti, borse, computer, e il treno del sonno riparte. Alle 6.20 arriva finalmente alla stazione Tiburtina. Alle 6.28 Pasquale prende l’autobus che porta alla stazione della metro Malatesta. Se lo perde, c’è sempre quello delle 6.32, comunque deve affrettarsi, correre. A Malatesta sale sulla metro C. Sette o otto fermate e arriva a Torre Maura, sono le 7.02, o appena più tardi. C’è ancora un chilometro da fare a piedi per raggiungere la scuola, dove deve essere presente alle 7.15, massimo 7.20, perché i collaboratori scolastici devono arrivare prima degli insegnanti e degli studenti, per aprire e controllare che tutto sia pronto, tutto sia a posto. Insomma, comincia la giornata di lavoro, e Pasquale è sempre gentile, sorridente, disponibile. Si dà da fare per risolvere ogni problema. E’ gio – vane e pieno di fiducia. Le lezioni terminano alle 14.20, lui resta ancora mezz’ora per sistemare le ultime cose. Alle 14.57 inizia il viaggio di ritorno, Torre Maura, San Giovanni, Termini, attesa di un’ora e poi il treno per Caserta, e da lì un altro treno per Marcianise. Apre la porta di casa alle 18.40. Sua moglie, che fa l’insegnante, anche lei a Roma, è arrivata prima di lui, ha degli orari leggermente più comodi. “Ma a che ora vai a dormire, Pasquale?”, gli domando, “verso le dieci, le undici?” Macché. “Alle nove mi butto a letto, sono stanco morto, devo recuperare, altrimenti il giorno dopo rischio di non svegliarmi in tempo…”.

La vita di Pasquale e di migliaia di lavoratori della scuola ormai è questa. Avanti e indietro su un treno, dalla notte alla notte. Il suo stipendio non arriva a 1.200 euro, e di questi soldi almeno 250 se ne vanno per i biglietti dei treni, degli autobus, della metro. “Con il Frecciarossa farei molto prima, ma costa troppo”. Viaggia, lavora e non protesta, Pasquale, anzi è contento perché la nostra scuola gli piace, c’è un ambiente sereno. Prima ha lavorato per tre anni in un liceo a Modena, mi racconta che lì era più dura, non si era trovato bene. In tanti fanno la vita di Pasquale, molti insegnanti di sostegno della mia scuola partono insieme a lui. Sono giovani e forti, hanno energia e coraggio, resistono. E di nuovo penso che io forse non ce l’avrei fatta, che mi sarei perso tra i binari, la fine della notte e le prime luci dell’alba. Guardo Pasquale, lo ammiro, da lui imparo tante cose, anche se non saprei dire di preciso cosa. Forse che la vita non è quella che ci raccontano in televisione, è molto peggio, è molto meglio.

Marco Lodoli

Il Foglio 10 novembre 2021 https://www.ilfoglio.it/scuola/2021/11/10/news/avanti-e-indietro-in-treno-dalla-notte-alla-notte-la-giornata-di-pasquale-che-lavora-nella-scuola-3348164/

  • Condividi
piergiorgio

Articolo precedente

Il fallimento della scuola dei diritti
21 Novembre 2021

Prossimo articolo

Il peso crescente dello Stato ci fa davvero bene?
28 Novembre 2021

Ti potrebbe interessare anche

È la letteratura la vera educazione affettiva
15 Novembre, 2025

In queste settimane la discussione sulla cosiddetta educazione affettiva o affettivo-sessuale nelle scuole è subito degenerata in uno scontro nel quale più si alza il volume delle polemiche pretestuose più diventa difficile comprendere veramente i termini della questione. Da molti anni sulla scuola è stato scaricato qualunque tipo di «emergenza sociale» che avesse a che fare con le generazioni più giovani cercando di approntare risposte con tanto di istruzioni per l’uso e ricette alla bisogna attraverso l’intervento degli immancabili esperti, di sportelli psicologici, etc. L’ora di educazione affettiva è solo l’ultimo anello di una lunga catena. Un vero disastro.

Due settimane fa su Repubblica lo psicoanalista Massimo Recalcati aveva chiaramente sottolineato che l’educazione affettiva «non può essere considerata una materia di scuola tra le altre, non può ridursi a un sapere tecnico perché tocca ciò che di più intimo, inafferrabile e bizzarro c’è nella soggettività umana. L’idea che il desiderio possa essere oggetto di un sapere specialistico rivela un equivoco profondo: la sessualità non si insegna come si insegna la grammatica o la matematica. E poi chi dovrebbe insegnarla? Un biologo? Uno psicologo? Un insegnante di scienze naturali? Un tecnico appositamente formato? La sessualità non è un sapere universale da trasmettere, ma un’esperienza del tutto singolare e incomparabile che deve essere piuttosto custodita». 

Su questa lunghezza d’onda nella newsletter di oggi vogliamo proporvi la lettura dell’editoriale di Giuliano Ferrara pubblicato sul Foglio nei giorni scorsi. «Questa cosa – esordisce l’articolo – dell’educazione affettiva o affettivo-sessuale, col permesso dei genitori, mi sembra una castroneria». Ferrara suggerisce piuttosto la via dell’educazione sentimentale attraverso la letteratura, cominciando magari da Flaubert. L’ora di educazione affettiva fatta da insegnanti, specialisti, psicologi, in collaborazione scuola famiglia, è solo «un modo di abbrutire e diminuire la personalità degli alunni e delle alunne».  È un’ondata «di affettivismo psicologico priva di carisma e di fascino». «Si rivolgano – aggiunge Ferrara – alla letteratura, se c’è bisogno di apportare un bene patrimoniale sentimentale che integri il bagaglio delle giovani anime in cerca di una strada nella e nelle relazioni affettive e sentimentali». Parole sacrosante che sentiamo molto vere nella nostra esperienza. Non è stato infatti per un pallino culturale che come Fondazione San Benedetto quindici anni fa abbiamo lanciato a Brescia il Mese Letterario riconoscendo nella letteratura, e in particolare nelle opere di alcuni grandi scrittori o poeti, quel fuoco che è alimentato dal desiderio di bellezza e di verità che è nel cuore di ogni uomo e che molto c’entra con l’educazione dei nostri affetti. Per Ferrara quindi  affidare l’educazione dei sentimenti e dell’amore, questo «incunearsi nella spigolosità e nella rotondità delle anime», «a uno spirito cattedratico o a una expertise di tipo sociale», sarebbe «un errore che si potrebbe facilmente evitare con il ricorso a racconti e storie interessanti». Racconti e storie che la letteratura, attraverso la lettura, ci offre a piene mani. 

Pier Paolo Pasolini e Anna Laura Braghetti, due storie che ci parlano
8 Novembre, 2025

Pier Paolo Pasolini, di cui il 2 novembre sono stati ricordati i cinquant’anni della sua uccisione. Anna Laura Braghetti, brigatista rossa, morta giovedì a 72 anni, che fu carceriera di Aldo Moro e che nel 1980 sparò uccidendolo al vicepresidente del Csm Vittorio Bachelet. È di loro, di Pasolini e di Braghetti, che vogliamo occuparci in questa newsletter soprattutto per «fissare il pensiero» su alcuni spunti che la loro storia personale ci offre e che riteniamo significativi per noi oggi. Su Pasolini vi proponiamo un intervento del filosofo Massimo Borghesi, che lo definisce «un grande intellettuale, come pochi in Italia nel corso del Novecento» capace di interpretare con largo anticipo i cambiamenti che ora stiamo vivendo.
In particolare Borghesi si sofferma sulla posizione di Pasolini rispetto al ’68: «L’antifascismo inteso come progressismo, cioè come lotta alla reazione, per Pasolini non era più alternativa democratica, ma il modo con cui si realizzava un nuovo fascismo. Questa è l’intelligenza di Pasolini sul passaggio tra anni Sessanta e Settanta: vede nascere una nuova ideologia apparentemente progressista ma funzionale a un nuovo potere di destra». Per Borghesi Pasolini, a differenza di Marcuse, è disincantato, «capisce che il ’68 è rivolta della borghesia, non del proletariato: non trovi un operaio nella rivolta del ’68. È una rivolta degli studenti, dei figli della buona borghesia delle città. E qual è il messaggio del ’68? Un nuovo individualismo di massa. Serve ad abbandonare – contestare, distruggere – i vecchi valori cristiano-borghesi del dopoguerra, e così crea l’uomo a una dimensione: senza radici, senza legami, contro famiglia ed elementi comunitari. Favorisce un individualismo di massa egoistico e solipsistico, trionfo della società borghese allo stato puro».
Pasolini non aveva forse intravisto il mondo in cui oggi siamo immersi?  Per questo val la pena leggerlo e rileggerlo. E come Fondazione San Benedetto l’abbiamo messo più volte a tema negli incontri del Mese Letterario, già sin dalla prima edizione.
Sulla storia di Anna Laura Braghetti vi invitiamo invece a leggere l’articolo di Lucio Brunelli apparso sull’Osservatore Romano. Dopo aver ripercorso le sue tappe come terrorista, Brunelli sottolinea che poi in Braghetti maturò il pentimento: «Un pentimento graduale e autentico, quindi lancinante, consapevole del terribile male compiuto. E compiuto – questo il paradosso più drammatico di quella storia – in nome di un ideale di giustizia». Fino all’incontro in carcere con il fratello di Bachelet. «Da lui – raccontava Braghetti – ho avuto una grande energia per ricominciare, e un aiuto decisivo nel capire come e da dove potevo riprendere a vivere nel mondo e con gli altri. Ho capito di avere mancato, innanzitutto, verso la mia propria umanità, e di aver travolto per questo quella di altri. Non è stato un cammino facile».
A un convegno sul carcere organizzato dalla Caritas, qualche tempo dopo – ricorda Brunelli -, «la Braghetti incontrò il figlio di Bachelet, Giovanni. Si riconobbero e si salutarono. Giovanni le disse: “Bisogna saper riaccogliere chi ha sbagliato”. Anna Laura commentò: “Lui e i suoi familiari sono stati capaci di farlo addirittura con me. Li ho danneggiati in modo irreparabile e ne ho avuto in cambio solo del bene”». Questa la conclusione di Brunelli: «Forse sono ingenuo o forse è la vecchiaia ma ogni volta che leggo queste pagine mi commuovo nel profondo. E penso che solo un Dio, e un Dio vivo, può fare miracoli così».

Il Cristo di Manoppello e Sgarbi trafitto dalla bellezza
1 Novembre, 2025

«Nei mesi attuali di oscurantismo, immersi nell’orrore di Gaza, nella guerra in Ucraina, nell’oppressione della cronaca, anche personale, mi convinco che vi sia molto più Illuminismo cioè quella tendenza a invadere il reale di razionale – nel pellegrinaggio al Cristo di Manoppello che non nella realtà di oggi, che sembra imporci comportamenti irrazionali». Lo scrive Vittorio Sgarbi in un articolo sul settimanale «Io Donna» a proposito del Volto Santo di Manoppello, il velo che porta impressa l’immagine del volto di Gesù, custodito nella chiesa di un piccolo paese in provincia di Pescara. Una reliquia di origine misteriosa di fronte alla quale passa in secondo piano se sia l’impronta di un volto o un’immagine dipinta. Per Sgarbi «quel volto è il volto di Cristo anche se non è l’impronta del suo volto, perché è ciò che la nostra mente sente essere vero, non la verità oggettiva di quella cosa». Si dice trafitto dalla «sua bellezza, che splende più della sua verità, cioè della sua vera o presunta corrispondenza al volto del vero Gesù, “veramente” risorto». Ecco oggi l’esperienza di cui più la nostra vita ha bisogno è proprio questo essere feriti dal desiderio della bellezza. Solo questa esperienza può mobilitare ragione, intelligenza e volontà a prendere sul serio la nostra sete di infinito, spingendo a non accontentarsi di false risposte tanto comode quanto illusorie. E si può solo essere grati che a ricordarcelo sia un inquieto e un irregolare come Sgarbi.

Cerca

Categorie

  • Fissiamo il Pensiero
  • I nostri incontri
    • I nostri incontri – 2015
    • I nostri incontri – 2016
    • I nostri incontri – 2017
    • I nostri incontri – 2018
    • I nostri incontri – 2019
    • I nostri incontri – 2021
    • I nostri incontri – 2022
    • I nostri incontri – 2023
    • I nostri incontri – 2024
    • I nostri incontri – 2025
  • Mese Letterario
    • 2010 – I Edizione
    • 2011 – II Edizione
    • 2012 – III Edizione
    • 2013 – IV Edizione
    • 2014 – V Edizione
    • 2015 – VI Edizione
    • 2016 – VII Edizione
    • 2017 – VIII Edizione
    • 2018 – IX Edizione
    • 2019 – X Edizione
    • 2021 – XI Edizione
    • 2023 – XIII Edizione
    • 2024 – XIV Edizione
    • 2025 – XV Edizione
  • Scuola San Benedetto – edizioni passate
  • Tutti gli articoli

Education WordPress Theme by ThimPress. Powered by WordPress.

VUOI SOSTENERCI?

Siamo una fondazione che ha scelto di finanziarsi con il libero contributo di chi ne apprezza l’attività

Voglio fare una donazione
Borgo Wührer, 119 - 25123 Brescia
info@fondazionesanbenedetto.it

Resta sempre aggiornato

Iscriviti subito alla nostra newsletter per non perderti le attività e gli eventi organizzati dalla Fondazione San Benedetto.

Iscriviti

Sito Web sviluppato da Nida's - Nati con la crisi.

Copyright © Fondazione San Benedetto Educazione e Sviluppo

Mappa del sito | Privacy Policy | Cookie Policy

Sito Web sviluppato da Nida's - Nati con la crisi.

Privacy Policy | Cookie Policy