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La guerra e il nostro vuoto

  • Data 13 Marzo 2022

di Rocco Buttiglione 

Davanti alla vicenda dell’Ucraina, come sempre, gli spiriti si dividono e dalle risposte che si danno si capisce il tipo di uomo che si è.
Ci sono quelli che prima di tutto non vogliono invischiarsi. Pensano agli affari loro e quello che succede in Ucraina non è un affare loro. Sono solo preoccupati che non aumenti il prezzo del gas.
Ci sono i bravi cittadini che dicono che non si può accettare la violenza brutale di un dittatore che vuole opprimere una nazione libera. Sì allora alla solidarietà con l’Ucraina ma con cautela, soprattutto, senza rischiare rappresaglie.
Ci sono quelli che hanno sempre bisogno di essere contro, a prescindere. Adesso sono contro la NATO accusata di ogni nefandezza.
Ci sono quelli che dicono né con Putin né con la NATO. Come se ci fossero solo Putin e la NATO e l’Ucraina non esistesse. Si può essere neutrali fra il carnefice e la vittima?
A ben vedere, in tutti ci sono delle ragioni condivisibili.
Come non essere preoccupati per il gas? È il riscaldamento delle nostre case e i posti di lavoro delle nostre fabbriche.
E non possiamo non essere solidali con gli Ucraini anche perché Putin, se gli va bene questa avventura, ne cercherà altre ed un giorno potrebbe arrivare a casa nostra.
Si può sentire una simpatia profonda per quelli che hanno bisogno di essere sempre contro. Naturalmente sbagliano spesso (quasi sempre), ma l’istinto che li muove non è sbagliato: questo mondo non ci piace. Copre il dolore di vite banali e dolorose con una coltre di disperata superficialità.
Anche quelli che non si vogliono schierare hanno ragione. La ragione ed il torto non si tagliano con il coltello.
Però bisogna scegliere, e il principio sempre irrinunciabile e sempre prevalente è che oppressi e vittime innocenti hanno diritto al nostro aiuto, e noi abbiamo il dovere di darglielo. In tutti questi atteggiamenti c’è una cosa in comune: il rifiuto di mettere in questione se stessi. Il desiderio di non lasciarsi ferire, di rimanere nel proprio nascondiglio. Come reagire di fronte a questo nemico che, soprattutto noi europei, ci portiamo dentro? Crediamo che il primo e fondamentale passo sia quello che è stato fatto dai vescovi dell’Ucraina, che hanno chiesto al Papa di consacrare la Russia e l’Ucraina alla Vergine Maria. Non hanno chiesto la consacrazione dell’Ucraina per difenderla dai suoi nemici. Hanno chiesto di consacrare Russia e Ucraina insieme, perché si ritrovino fra di loro e ciascuna ritrovi se stessa.
C’è bisogno di qualcuno che ci liberi dal male perché l’uomo da solo non è capace di strappare dal proprio cuore la mala pianta della indifferenza e dell’odio. Non si tratta di una posizione ingenua che depone la propria responsabilità storica: la storia è fatta dagli uomini, e solo uomini col cuore cambiato saranno in grado di fare cose nuove, di realizzare la pace. Senza ciò, tutto rimarrà al massimo una tregua provvisoria, tra una guerra e l’altra.
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In una foto della Associated Press scattata vicino a Kharkiv, in una zona riconquistata dagli ucraini, si vedono quattro cadaveri di soldati russi, spostati in modo da formare una Zeta sull’asfalto con due corpi per il lato obliquo e due per quelli orizzontali. Ne parla Marina Corradi in un commento su Avvenire. La foto «mostra qualcosa che non vorremmo vedere: la crudeltà di cui possono essere capaci anche le vittime. La bestialità può scatenare disumanità anche nelle vittime. In guerra si respira veleno, un veleno che trasfigura».

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