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La guerra e le piaghe della modernità globale

  • Data 20 Marzo 2022

di Giulio Tremonti

La Bibbia è, tra l’altro, un fantastico archivio di miti. Oggi il mito più attuale e reale è quello delle «piaghe d’Egitto». Un mito che oggi vediamo attualizzato nella globalizzazione, dalla sua origine trionfale fino alla sua crisi globale attuale.

Nella Bibbia le «piaghe» sono 10 e sappiamo quanto nella Bibbia è simbolica la numerologia. Oggi nella crisi della globalizzazione possiamo contarne già 7 e, per evitare che il numero abbia a crescere, è forse utile capire cosa è successo, cosa succede, cosa può succedere.

n. 1. Caduta dei confini e Rete (web) sono state, insieme, l’origine di uno stesso fenomeno: il mondo che pareva farsi paradiso terrestre, l’habitat di una nuova specie di uomo. L’idea che il nuovo uomo globale non avesse un passato, ma solo un futuro. Come nel discorso inaugurale del presidente Obama. La cosiddetta «cancel culture» ne è oggi solo la versione più radicale. E poi l’idea informatica che il vecchio «cogito ergo sum» potesse essere sostituito da un nuovo «digito ergo sum», questo oggi sviluppato fino alla creazione nel «metaverso» di un artificiale e spettrale mondo alternativo.

n.2. Con l’Asia divenuta di colpo la «fabbrica del mondo», l’inquinamento è stato spinto fino ad un livello enormemente più alto di quello che finora è stato prodotto dalla vecchia civiltà industriale. In parallelo, e conseguente, viene una grande parte delle attuali alterazioni climatiche. Tutto questo è, tra l’altro, l’habitat ideale per nuovi virus.

n. 3. La sistematica conversione del sesso umano, dalla responsabilità al piacere. Di riflesso, la mutazione della famiglia tradizionale in una «horizontal family» e con questa l’apparizione, in un terminale individualismo, di tanti eliogabali, tutti naturalmente con l’iPad. Il disastro demografico dell’Occidente ne è la conseguenza. Abbiamo i telefonini, ma non abbiamo più i bambini.

n. 4. Lo svuotamento della democrazia, sversata nella «Repubblica internazionale del denaro», questa il regno dei «crematisti», i credenti nella metafisica potenza del denaro. I signori del «fiat money», a partire dall’ «helicopter money» per arrivare al «whatever it takes», coloro che così pensavano di risolvere i problemi del mondo, ed invece solo li rinviavano e li aggravavano. Oggi, con la finanza che sta alla realtà in rapporto di 3 a 1, come mai nella storia, rischiamo lo sgretolarsi della montagna incantata, con il denaro che diviene esso stesso causa dei problemi economici e sociali che invece dovevano essere risolti.

n. 5. La conseguente trasformazione in semplici turisti della storia dei governanti dell’Occidente che, almeno finora, hanno dimostrato una limitata capacità di capire cosa nel mondo stava e cosa sta succedendo, a fronte delle demoniache od enigmatiche figure dei governanti dell’Oriente.

n. 6. La pandemia. C’è nella Bibbia un mito che ci aiuta a capire la crisi del tempo presente, il mito della «Torre di Babele». Un mito in cui l’umanità sfida la divinità, erigendo verso il cielo una torre sempre più alta. La divinità reagisce alla sfida, privando l’umanità della lingua unica. È stato lo stesso con la pandemia. La diffusione globale del virus ha infatti hackerato il software della globalizzazione, ne ha spezzato la dominante ideologica costituita dal pensiero unico.

È così che gli effetti della pandemia non sono stati e non sono solo quelli sanitari, ma quelli più vasti e più generali di incertezza, paura e straniamento che ora stiamo vedendo nel disordine del mondo. Da una parte i piani di ricostruzione digitale, ambientale e sociale, dalla parte opposta folli piani di distruzione.

n. 7. Ed è così che si arriva alla guerra. E, del resto, quando la storia compie una delle sue grandi svolte, quasi sempre ci troviamo davanti l’imprevedibile, l’irrazionale, l’oscuro, il violento e non sempre il bene. Già altre volte il mondo è stato governato anche dai demoni. La storia che doveva essere finita è invece tornata, con il carico degli interessi arretrati ed accompagnata dalla geografia, dentro un mondo che torna ad essere, come prima, un mundus furiosus. Ed anzi peggio di prima, con una guerra barbarica condotta senza le regole della guerra.

Sono tutte queste le piaghe portate dalla modernità globale che oggi ci si presentano in sequenza, una sull’altra, una dopo l’altra.

Ma certo non tutto è perduto. Anzi, come nella Bibbia, è dal male che può venire il bene!

L’Occidente deve, può capire che la vita non può essere più marcata dal piacere senza doveri, dominata dal mercato e qui compressa nel tasso di interesse, limitata nella dimensione del tempo istantaneo, ma piuttosto nuovamente estesa al mondo dei valori. E questi non solo valori politici e civili, ma valori eterni e futuri, come del resto è stato e per tempo scritto nella «Caritas in veritate» (2009) e nella «Fratelli tutti» (2020).

Se nell’Occidente si intende tutto questo, e certo può essere questo, potremo ripetere ciò che altrimenti è stato detto: con la guerra hanno svegliato un gigante.

dal Corriere della Sera – 14 marzo 2022

https://www.corriere.it/opinioni/22_marzo_13/mondo-esteso-valori-il-futuro-dell-occidente-e8258876-a2f3-11ec-9cf0-42c4e5b7cf94.shtml

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In particolare Borghesi si sofferma sulla posizione di Pasolini rispetto al ’68: «L’antifascismo inteso come progressismo, cioè come lotta alla reazione, per Pasolini non era più alternativa democratica, ma il modo con cui si realizzava un nuovo fascismo. Questa è l’intelligenza di Pasolini sul passaggio tra anni Sessanta e Settanta: vede nascere una nuova ideologia apparentemente progressista ma funzionale a un nuovo potere di destra». Per Borghesi Pasolini, a differenza di Marcuse, è disincantato, «capisce che il ’68 è rivolta della borghesia, non del proletariato: non trovi un operaio nella rivolta del ’68. È una rivolta degli studenti, dei figli della buona borghesia delle città. E qual è il messaggio del ’68? Un nuovo individualismo di massa. Serve ad abbandonare – contestare, distruggere – i vecchi valori cristiano-borghesi del dopoguerra, e così crea l’uomo a una dimensione: senza radici, senza legami, contro famiglia ed elementi comunitari. Favorisce un individualismo di massa egoistico e solipsistico, trionfo della società borghese allo stato puro».
Pasolini non aveva forse intravisto il mondo in cui oggi siamo immersi?  Per questo val la pena leggerlo e rileggerlo. E come Fondazione San Benedetto l’abbiamo messo più volte a tema negli incontri del Mese Letterario, già sin dalla prima edizione.
Sulla storia di Anna Laura Braghetti vi invitiamo invece a leggere l’articolo di Lucio Brunelli apparso sull’Osservatore Romano. Dopo aver ripercorso le sue tappe come terrorista, Brunelli sottolinea che poi in Braghetti maturò il pentimento: «Un pentimento graduale e autentico, quindi lancinante, consapevole del terribile male compiuto. E compiuto – questo il paradosso più drammatico di quella storia – in nome di un ideale di giustizia». Fino all’incontro in carcere con il fratello di Bachelet. «Da lui – raccontava Braghetti – ho avuto una grande energia per ricominciare, e un aiuto decisivo nel capire come e da dove potevo riprendere a vivere nel mondo e con gli altri. Ho capito di avere mancato, innanzitutto, verso la mia propria umanità, e di aver travolto per questo quella di altri. Non è stato un cammino facile».
A un convegno sul carcere organizzato dalla Caritas, qualche tempo dopo – ricorda Brunelli -, «la Braghetti incontrò il figlio di Bachelet, Giovanni. Si riconobbero e si salutarono. Giovanni le disse: “Bisogna saper riaccogliere chi ha sbagliato”. Anna Laura commentò: “Lui e i suoi familiari sono stati capaci di farlo addirittura con me. Li ho danneggiati in modo irreparabile e ne ho avuto in cambio solo del bene”». Questa la conclusione di Brunelli: «Forse sono ingenuo o forse è la vecchiaia ma ogni volta che leggo queste pagine mi commuovo nel profondo. E penso che solo un Dio, e un Dio vivo, può fare miracoli così».

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