ChatGPT e il mistero della nostra anima immortale
di Antonio Socci
da Libero – 11 marzo 2023
C’è curiosità attorno a ChatGPT, un software di intelligenza artificiale che dialoga con gli umani in linguaggio corrente e sa produrre testi scritti. L’arrivo di questi programmi per computer è stato salutato da alcuni come il futuro, anche in molti campi professionali. A partire dal giornalismo. Però…
DUBBI
Luca Gammaitoni, su Avvenire (9/3), ha interrogato ChatGPT come se fosse un esaminando. Alla fine l’esaminatore è ammirato dalla capacità di dialogare di questo software, ma – dice – «quello che mi lascia stupito è la sua capacità di mentire senza alcun pudore». In sostanza, è un programma che può essere utilissimo, ma non è infallibile.
Inoltre, anche se verrà perfezionato al massimo, sarà solo uno strumento prezioso per l’uomo, non sarà un pensiero in atto: «proprio come le informazioni accessibili su internet, da sole non hanno nessun valore. Le informazioni sono solo dati» e se non c’è capacità di interpretazione non c’è pensiero. Ha fatto considerazioni analoghe, sul New York Times, Noam Chomsky, famoso linguista e scienziato. L’IA, ha spiegato, non è paragonabile alla mente umana che è «un sistema sorprendentemente efficiente e persino elegante che opera con piccola quantità di informazioni» e che – diversamente dall’IA – «non cerca di dedurre correlazioni brutali tra dati, ma di creare spiegazioni».
In pratica – afferma Chomsky – l’IA artificiale potrà essere utile, ma l’intelligenza umana è ben altra cosa. Già. Ma cosa è precisamente?
Federico Faggin, definito «il più grande inventore italiano vivente» in quanto «padre del primo microprocessore», è un genio della tecnologia e – dopo anni di ricerche – ha concluso che nell’uomo c’è qualcosa di irriducibile che la macchina non potrà avere mai. Il suo libro è intitolato appunto Irriducibile ( Mondadori).
«Noi» spiega «siamo molto più di una macchina. Siamo esseri spirituali». Nell’uomo c’è un mistero. I segnali elettrici o biochimici del cervello possono produrre altri segnali, spiega Faggin, ma non la coscienza: «la macchina non sente. Non risponde se non è stata programmata. Invece noi dobbiamo impegnarsi per trovare le risposte, dentro e fuori di noi. A partire dalla domanda principale: chi siamo?». Torniamo così all’inizio del pensiero filosofico e della nostra civiltà.
«CHI SONO IO?»
Giovanni Reale, nel suo libro Socrate ( La nave di Teseo), spiega che «tutto il pensiero di Socrate» consiste «nella ricerca di una precisa risposta all’enigma del dio di Delfi “Conosci te stesso”. E la risposta che dà Socrate è questa: “L’uomo è la sua anima”».
È proprio con Socrate che la parola “anima” conquista il centro della scena: è «la concezione dell’uomo come psyché, intesa come espressione della personalità intellettuale e morale» (Reale).
Per Socrate la «cura dell’anima» è lo scopo della vita. Le virtù, un’anima buona, ecco il tesoro da conquistare, non il potere, la ricchezza o la bellezza fisica. Da qui Platone sviluppa l’idea di immortalità dell’anima e i suoi fondamenti metafisici.
Scrive Reale: «Si tratta di una tesi che ha segnato una pietra miliare non solo nella storia spirituale dei greci in particolare, ma anche nella storia dell’Europa in generale, e che ha addirittura determinato la specificità dell’Europa stessa e proprio in questo consiste quella “sapienza umana” che Socrate aveva cercato per tutta la vita».
Il cristianesimo ha dato compimento alla filosofia greca con la risposta alla domanda «cosa è l’anima?», «chi sono io?». L’Europa e la stessa civiltà occidentale nascono da qui.