L’Europa che vogliamo
Giovedì in un’aula magna del Centro Paolo VI gremita di pubblico, con una seconda sala videocollegata, si è svolto a Brescia il primo dei due incontri dedicati alle elezioni europee e alle presidenziali americane promossi dalla Fondazione San Benedetto (vedi foto). Nei prossimi giorni sarà disponibile online sul nostro sito il video dell’incontro che ha visto, sollecitati dalle domande del presidente della San Benedetto Graziano Tarantini, gli interventi di Ferruccio de Bortoli, Mario Mauro e Romano Prodi. In apertura Francesco Amarelli, un giovane della fondazione, professionista e padre di famiglia, ha letto un volantino in cui sono stati riassunti il lavoro svolto nei mesi scorsi per conoscere da vicino l’Unione europea e le nostre preoccupazioni in vista del voto dell’8 e 9 giugno (trovate il testo integrale a questo link). Il volantino è stato distribuito a tutti i presenti al termine dell’incontro insieme a un opuscolo con il discorso storico di Aleksandr Solzenicyn all’Università di Harvard nel 1978 dedicato alla crisi dell’Occidente. Di seguito trovate un resoconto dei passaggi salienti dell’incontro per poter «fissare il pensiero» sui tanti spunti di riflessione proposti dai tre relatori, un’occasione per continuare il lavoro iniziato. Prima però vi ricordiamo che giovedì 23 maggio alle 18, nella Sala Morstabilini del Centro Paolo VI in via Gezio Calini 30, si svolgerà il secondo incontro dedicato alle presidenziali americane con gli interventi di Marco Bardazzi, giornalista e autore del libro «Rapsodia americana», e Lorenzo Pregliasco, analista politico, co-fondatore e direttore di YouTrend. Per chi non si fosse ancora registrato per partecipare può farlo cliccando su questo link.
CAMPAGNA ELETTORALE SCANDALOSA
PUGNI SUL TAVOLO? NO GRAZIE
QUANDO KOHL SCELSE L’EURO
UN PANE DA CUOCERE
EUROPA UNIONE DI MINORANZE
Per de Bortoli «è come se si fosse annacquata una riserva di valori, di identità, di storia. C’è un problema serio di memoria. Oggi le famiglie politiche europee rischiano di diventare dei raggruppamenti di partiti nazionali dentro un’Europa minima cui deleghiamo alcune funzioni. Invece la forza dell’Europa è di essere un’unione di minoranze che stanno insieme. Pensate a come ha fatto da stanza di compensazione nel caso della Catalogna. C’è una foto di Kohl e di Mitterrand che si danno la mano nel cimitero di Verdun dove ci sono i caduti della prima e della seconda guerra mondiale. È un’immagine simbolo, basterebbe semplicemente guardarla ogni giorno per capire cos’è l’Europa, in un momento in cui i torti si confondono con le ragioni, le vittime con i carnefici. È una sfida culturale e educativa». «La responsabilità europea è di aver perso tempo rispetto al proprio progetto politico – attacca Mauro -. Noi intendiamo la pace come voler essere lasciati in pace, ma non funziona così. Quando dico “viene la guerra” non è solo un refrain per dire che ci dobbiamo preoccupare. È un invito a riprendere la propria responsabilità che si fonda su quell’accordo tra vincitori e vinti all’origine dell’Europa che doveva operare come una garanzia per la pace. Parecchi anni fa in una riunione del Partito Popolare europeo ricordo di aver sentito Helmut Kohl rivolgersi alla Merkel con queste parole: “Angela permettimi di dissentire perché sento nei ragionamenti che fai la volontà di chi vuole non una Germania europea ma un’Europa tedesca”. Ecco il problema è qui: cosa vogliamo? I nostri ideali più grandi per cosa si spendono? Per poter dire in un coro che la mia voce si è sentita più forte della tua o per mettere in gioco un’armonia possente che spinga il mondo a ritrovare la ragionevolezza?»
LA FUNZIONE DELLA DEMOCRAZIA
Tarantini osserva che è come se non ci fosse più un motivo per rischiare qualcosa di più, per l’avventura della vita. È come se mancasse l’energia per affrontare questa sfida. Ricorda il libro di Stefan Zweig, «Il mondo di ieri». Ragioniamo in termini di protezione, come si faceva nell’impero austroungarico con i suoi sistemi assicurativi super evoluti alla vigilia della prima guerra mondiale, ma poi improvvisamente tutto crollò. Per Prodi siamo di fronte a un problema che non è solo europeo, con la crisi dei grandi partiti che riguarda tutti i sistemi democratici: «Le società crescendo si diversificano. La grande funzione della democrazia è mediare le diversità. Quello che mi preoccupa di più è che il mondo sta diventando ancora più ideologizzato. La teologia politica è tornata a essere fortissima: il mio sistema è migliore del tuo. L’Europa deve ritrovare la sua forza che le permette di essere arbitro nelle grandi questioni del mondo. Ma se non siamo uniti non andiamo da nessuna parte. Tutto cospira a togliere il ruolo europeo nella pace mondiale e ai nostri figli anche il benessere materiale. Attenzione però che è consentito essere ricchi e stupidi solo per una generazione. L’Europa è nata con una saggezza straordinaria che oggi non sappiamo più applicare».
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